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Decreto Minniti-Orlando: i limiti di una riforma necessaria

Tribunali sovraccarichi per i ricorsi dei richiedenti asilo cui è stata negata la protezione internazionale e un sistema di espulsione del tutto inefficace: il decreto Minniti-Orlando affronta le due questioni. Ma non sembra risolvere i veri nodi critici.

Flussi migratori: ridurli si può, fermarli è impossibile

Anche in futuro si continuerà a emigrare, specie dai paesi dell’Africa subsahariana. Si può tentare di ridurre i flussi mettendo fine alle guerre e con politiche che permettano l’aumento del Pil, la riduzione della crescita della popolazione.

Rimpatri impossibili senza accordi bilaterali

Il decreto Minniti vuole snellire le procedure sull’accoglienza dei richiedenti asilo e aumentare i rimpatri di chi non ha diritto alla protezione. Ma le espulsioni richiedono accordi bilaterali con i paesi di origine. E con le nazioni dell’Africa sub-sahariana non li abbiamo.

La migrazione è sostenibile se crea ponti con i paesi di origine

La migrazione lega i paesi di origine e quelli di destinazione. Perciò le politiche di gestione del fenomeno dovrebbero essere disegnate in stretta collaborazione. Servono interventi su educazione, formazione e mercato del lavoro nei paesi meno sviluppati e incentivi ai ritorni.

I diritti umani possono attendere. Anche nella Ue

La libera circolazione delle persone è uno dei pilastri dell’Unione Europea. E l’affermazione dei diritti umani uno dei suoi valori fondativi. Eppure dal 2001 la politica verso l’immigrazione è gradualmente cambiata. E oggi un malinteso realismo politico la porta a negare i suoi stessi principi.

Il Punto

Esplode ancora una volta la protesta dei tassisti, questa volta contro le auto Ncc. La questione è sempre quella di frenare la concorrenza, che riduce il valore delle licenze. Un aspetto che va comunque discusso.
Avvicinandosi al suo 60esimo compleanno, l’Europa è diventata una bisbetica bacchettona sull’etichettatura dei prodotti. Mantenendo però – per ragioni nazionali di bottega – una grande flessibilità nel coniugare esigenze interne di sicurezza e tutela dei diritti umani che della Ue sono principi fondanti. La mancanza di un approccio europeo condiviso è evidente anche nel braccio di ferro sulla gestione del debito greco. La Germania insiste nell’inchiodare la Grecia di oggi a pagare le colpe di politici e banche estere del passato. Mentre il Fondo monetario preme da tempo per un condono e condizioni di rimborso meno stringenti.
C’è da preoccuparsi quando Bankitalia iscrive a bilancio 350 miliardi di euro di “passività verso l’Eurosistema”? Qualcuno dice di no perché l’Eurosistema non ha personalità giuridica e quindi non può essere un vero creditore. Eppure saldi debitori sul sistema Target 2 tanto negativi segnalano una debolezza del sistema bancario nazionale.
Dal 2018 i sindaci non potranno più utilizzare gli oneri di urbanizzazione per ripianare i bilanci comunali. Istituiti 40 anni fa per coprire prevalentemente i costi delle opere pubbliche annesse alle nuove costruzioni, poco per volta hanno finito per finanziare la spesa corrente dei municipi. Ora si torna (quasi) alle origini.

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Investimenti utili: i progetti di migrazione circolare

I paesi europei spendono miliardi nel tentativo di fermare i flussi migratori. Sarebbe forse più utile investire in progetti di rimpatrio volontario assistito. Formano i migranti e permettono a chi torna di avviare un’attività propria. Il vantaggio di mantenere relazioni con entrambe le realtà.

E la Germania torna a misurarsi col problema profughi​

Quali sono le conseguenze dei flussi migratori nei paesi di destinazione? Nella Germania del secondo dopoguerra i costi sono stati di breve periodo, mentre nel lungo hanno prevalso i benefici. Necessarie politiche migratorie fondate sul coordinamento e sulla vera cooperazione internazionale.

Perché l’Europa deve cambiare politica sui rifugiati

La politica di asilo dell’Unione Europea non riesce a proteggere chi ha più bisogno di aiuto. Lo dimostra la crisi provocata dalla guerra in Siria e dall’esodo del suo popolo. Serve un’autorità sovranazionale che redistribuisca migranti, oneri e risorse, con il sostegno dei cittadini europei.

Il Punto

Il bonus bebè – ora potenziato nell’importo – aiuta gli indigenti ma non incentiva la natalità. Gli italiani fanno pochi figli perché l’incertezza del futuro porta i giovani a rimandare la formazione della famiglia. E spesso il rinvio diventa rinuncia. Urgono altre politiche che diano sicurezze e più servizi di welfare.
Con buona pace di chi tra insegnanti e ragazzi l’ha boicottata, la partecipazione ai test Invalsi è stata massiccia: 97 per cento nelle elementari e 91 nella secondaria superiore. La misurazione delle competenze degli studenti è prassi consolidata in moltissimi paesi avanzati. Imperfetta, però – nei suoi limiti – utile.
Sempre più importanti nell’azionariato delle società quotate, i fondi d’investimento entrano nei Cda con pochi consiglieri. Volutamente. A volte, così, la maggioranza del capitale esprime una minoranza di amministratori. Paradossale ma giusto: il loro mestiere è gestire risparmio, non imprese.
Depresso dal calo del prezzo del petrolio – sua unica risorsa – il Venezuela precipita in una recessione profonda, con il Pil previsto per il 2016 a -8 per cento. Alla crisi economica si accompagna l’inevitabile crollo di popolarità del presidente Nicolas Maduro, che presto potrebbe perdere il posto.
Se vincerà la Brexit, meno immigrati andranno nel Regno Unito. Che soffrirà economicamente anche per questo. Una ricerca indica infatti che tanti cittadini di varie nazionalità (per esempio Grecia, Ungheria e Polonia) sono più disponibili a lavorare degli inglesi, ormai affezionati al loro tempo libero.
I candidati sindaci alle prossime elezioni sono stati scelti con metodi vari, dalle decisioni di vertice alle primarie. Su queste ultime, in alcuni casi si è allungata l’ombra di brogli e scorrettezze. Così qualcuno propone di istituirle per tutti, regolate dalla legge. Con qualche vantaggio ma molti dubbi.

Francesco Daveri e Mariasole Lisciandro rispondono ai commenti dei lettori al loro articolo “Si legge Ttip, si pronuncia disinformazione”.

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