In vista della legge di bilancio, il segnale sulle pensioni è chiaro: in un contesto di bassa crescita economica, incipiente inverno demografico e alta incertezza, si restringe lo spazio per le uscite anticipate. Resta poi la questione dell’indicizzazione.
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I pensionati sono particolarmente esposti agli effetti dell’inflazione. Ma per contenere il peso della spesa pensionistica sui conti pubblici si ricorre a un adeguamento parziale dei trattamenti, specie se alti. Va trovato un equilibrio tra due esigenze.
Sulle pensioni il governo resta muto, diviso fra chi vuole lasciar cadere Quota 100 e chi chiede misure perfino più generose. Al contrario, i sindacati si sono espressi da tempo con una piattaforma unitaria presentata al ministro Orlando. Analizziamola.
La crisi non aiuta i montanti contributivi, già colpiti dalla precarietà del lavoro e dal declino demo‑economico. Vanno corretti gli errori del sistema contributivo, con un calcolo più severo dei coefficienti e l’abbandono dell’indicizzazione ai prezzi.
L’indicizzazione delle pensioni continua a essere oggetto di interventi, da ultimo per finanziare gli esodati. Eppure il modello contributivo, che l’Italia ha ambiguamente scelto diciotto anni fa, dovrebbe sottrarla alla disponibilità dei politici.