Dalla riunione della Bce esce un messaggio chiaro: c’è una ricalibratura del programma di acquisto dei titoli, ma non è indicata alcuna data per la fine del Quantitative easing. Così la Banca centrale continua a essere il più forte collante dell’Eurozona.
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La premessa è che l’unione economica e monetaria è ancora incompleta. È in questo quadro che la Bce si muove e prende decisioni. A partire dal proseguimento della politica straordinariamente accomodante in virtù del mandato sulla stabilità dei prezzi.
Uno degli effetti del Quantitative easing è aver tenuto basso il valore dell’euro. Che ora invece torna ad apprezzarsi verso il dollaro. Le conseguenze potrebbero farsi sentire su obiettivo di inflazione, avanzo commerciale e tasso di crescita dell’area.
Davvero Alitalia è indispensabile per collegare i vari angoli del paese, come sostiene il ministro Calenda? Da qui comincia il fact-checking de lavoce.info: mettiamo sotto esame le dichiarazioni di politici, imprenditori e sindacalisti per stabilire, possibilmente con i numeri, se hanno detto il vero o il falso.
L’euro è accusato spesso di essere la causa della stagnante produttività italiana e quindi della scarsa crescita e dei bassi salari del paese. In alternativa si propone il ritorno alla lira per svalutare e sostenere competitività ed esportazioni. Ma poi c’è anche il resto. Nel 2017 in Italia l’inflazione è tornata all’1 per cento. Più probabile una discesa del rapporto debito/Pil. E le imprese possono trasferire aumenti di costo sui consumatori. Ma questi ultimi – i cui stipendi non salgono in proporzione – consumeranno meno. A meno che non arrivi la riforma dell’Irpef.
I dati del Def mostrano una spesa sanitaria sotto controllo, vicina al 6,5 per cento del Pil, in aumento di un miliardo all’anno. Bene? Ni, perché così si fa solo manutenzione del Ssn. Mancano gli investimenti (come in Germania e Francia) per migliorare i servizi negli ospedali e sul territorio e farli arrivare ai cittadini in modo il più possibile omogeneo. A questi temi è dedicato il Festival dell’economia di Trento dall’1 al 4 giugno prossimi. Titolo: “La salute disuguale“. Tra paesi e tra regioni, tra classi di reddito e tra generi, la disuguaglianza nella cura della salute è particolarmente odiosa.
Per attuare la legge delega e costruire il Reddito di inclusione, il governo ha firmato un memorandum con l’Alleanza contro la povertà. Un soggetto che riunisce 37 organizzazioni: associazioni, regioni, comuni, sindacati, enti del terzo settore. E li rappresenta per la prima volta in un percorso legislativo.
In controtendenza rispetto alla recente ondata neo-protezionista, entra in vigore l’accordo multilaterale sulle facilitazioni commerciali negli scambi internazionali (Trade Facilitation Agreement, Tfa). È l’intesa più significativa della storia del Wto. Su altri dossier, però, le posizioni sono ancora distanti.
15 anni de lavoce.info: feste-convegni 5 giugno a Milano e 6 giugno a Roma
Nel 2017, lavoce.info compie 15 anni. Festeggeremo il compleanno con i nostri affezionati lettori e sottoscrittori la mattina di lunedì 5 giugno a Milano e il pomeriggio di martedì 6 giugno a Roma. Intanto: SAVE THE DATE! A breve comunicheremo il come e il dove.
E, se potete, destinate e fate destinare il 5 per mille dell’Irpef a questo sito in quanto “associazione di promozione sociale”: Associazione La Voce, Via Bellezza 15 – 20136 Milano, codice fiscale 97320670157. Grazie!
Il ritorno dell’inflazione può essere una buona notizia perché aiuta a ridurre il rapporto debito-Pil. Ma non lo è per i lavoratori dipendenti, che potrebbero ridurre i consumi. Un effetto evitabile con la riforma dell’Irpef che il governo ha rinviato.
L’inflazione non comporta solo l’aumento del prezzo di beni e servizi consumati dalle famiglie. Ha soprattutto effetti redistributivi. Per questo una fiammata inflazionistica dovuta all’uscita dall’euro e al ritorno alla lira avvantaggerebbe soprattutto lo stato, a danno delle famiglie.
Con l’inizio ufficiale della Brexit, Ue e Regno Unito hanno due anni per negoziare le modalità del divorzio e i contenuti delle loro future relazioni commerciali. Passando per l’approvazione delle istituzioni britanniche ed europee. Una strada accidentata che potrebbe anche riportare a un ripensamento sulla decisione.
Torna un po’ di inflazione, e con essa i suoi effetti redistributivi poco visibili. A guadagnarci sono i debitori (che restituiscono denaro dotato di un minor potere d’acquisto) a discapito dei creditori. Da noi, il principale debitore è lo stato mentre i creditori sono le famiglie. Ecco perché l’inflazione è una tassa.
Transparency international accusa la Bce di Mario Draghi di essere andata oltre il proprio mandato in casi come il salvataggio della Grecia o del Montepaschi. Se lo ha fatto, è perché si è assunta compiti (e rischi) che nessun altro voleva prendersi. Per salvare la moneta unica.
Se i vitalizi agli ex-parlamentari sono generosi – anche dopo la riforma di cinque anni fa – è perché le loro indennità durante il mandato sono molto alte (forse troppo). Ma dal punto di vista attuariale ora sono corretti. La vera iniquità è nei trattamenti pre-2012, non basati sul sistema contributivo. È lì che bisogna tagliare.
Ritorniamo al confronto sull’ipotesi di aliquote Irpef legate all’età del contribuente. Tra i possibili vantaggi indicati da alcuni studi c’è quello di legare la loro entità a una caratteristica certa del contribuente. E anche che il trattamento, alla lunga, riguarda tutti i cittadini.
Qual è la situazione dei servizi idrici a sei anni dal referendum? Gli investimenti cominciano a prender piede, da parte sia delle multiutility quotate sia delle società a controllo pubblico. Ma – è il caso di dirlo – con il contagocce.
Nella prima metà dei suoi 60 anni la costruzione dell’Europa è andata avanti con l’integrazione economica che precedeva di un passo quella politica. La crisi della Ue di oggi certifica la fine di questa strategia. Si sarebbe potuto mettere subito in comune modelli di welfare e politiche del lavoro ma ciò non è avvenuto. Oggi si potrebbe riconsiderare (tra chi ci sta) l’idea di federazione di Friedrich von Hayek: un’Europa unita politicamente ed economicamente, ma decentrata e con un potere centrale leggero. Completiamo il Dossier che raccoglie quanto abbiamo pubblicato per celebrare il difficile compleanno del vecchio continente.
Il ritorno dell’inflazione nell’eurozona al 2 per cento va bene ma non basta. L’accelerazione viene da carburanti e alimentari non lavorati, mentre l’inflazione “core” è stabile allo 0,9 per cento ed è anche molto differenziata tra paesi. Per questo la Bce mantiene (e manterrà) bassi i tassi di interesse.
Il governo italiano ha tanto invocato e preteso la flessibilità della Commissione Ue sui nostri conti pubblici ma, una volta ottenuta, l’ha gestita in modo maldestro. Utilizzando lo spazio di manovra concesso per spese correnti anziché investimenti. E ora rischiamo di subire una procedura d’infrazione.
A contribuenti diversi con pari reddito capita di pagare Irpef molto diverse. A seconda che possano utilizzare la cedolare secca sulle locazioni (con aliquote differenti) e altre imposizioni di favore. Spesso istituite per stanare l’evasione ma introducendo iniquità nel sistema. Come si vede dai nostri conti.
A meno di un anno dal varo, il Codice dei contratti pubblici e delle concessioni viene rivisto. Importante che si definisca bene il rating d’impresa. Parametro fondamentale nel punteggio di ogni gara, rappresenta la valutazione di come ogni azienda si è comportata quando ha avuto commesse pubbliche nel passato.
Massimo Baldini risponde ai commenti al suo articolo “Reddito di inclusione, un buon primo passo”
L’inflazione nell’Eurozona ha finalmente raggiunto il 2 per cento. Ma Mario Draghi ha ragione quando dice che non si configura ancora un trend stabile. Per numerosi beni del paniere la crescita dei prezzi è debole, altri sono perfino in deflazione.
Perché l’inflazione resta comunque una tassa patrimoniale
Di Tommaso Monacelli
il 11/04/2017
in Commenti e repliche
Famiglie, imprese e redistribuzione
Ringrazio molto i lettori per i commenti al mio articolo “Inflazione, la tassa che piace allo stato”. Riassumendo, ci sono tre tipi di considerazioni: 1. l’articolo ignora la redistribuzione all’interno del settore delle famiglie; 2. ignora il settore imprese; 3. se è vero che l’inflazione è una tassa che redistribuisce ricchezza reale dalle famiglie allo stato, cosa impedisce allo stato di redistribuirla a sua volta, magari a favore di famiglie più bisognose?
Sul primo punto, è certamente vero che non mi sono soffermato sulla redistribuzione all’interno del settore delle famiglie, ma ciò è dovuto a mere ragioni di spazio. Se è vero che l’inflazione ha potenti effetti di redistribuzione della ricchezza reale dai creditori ai debitori, è altresì vero che esistono famiglie “debitrici” e famiglie “creditrici”. Di solito, le prime sono famiglie di giovani che fanno un mutuo per la prima casa e si indebitano nella prospettiva di crescita di reddito futuro. Le seconde sono famiglie mature che risparmiano in vista della vecchiaia. Il lavoro di Klaus Adam e Junyi Zhu citato nell’articolo riporta dati anche su questa dimensione della redistribuzione. Invito quindi i lettori interessati a consultare quello studio.
Quanto al secondo rilievo, in realtà il settore imprese è conteggiato nella misura in cui la posizione finanziaria netta del settore famiglie include (secondo un conteggio complesso, i cui dettagli si trovano nello studio di Adam e Zhu) la partecipazione in aziende.
Sul terzo punto, certamente nulla vieta che lo stato decida di redistribuire la tassa da inflazione (che, si noti bene, è diversa dalla tassa da inflazione dovuta al signoraggio della banca centrale) in favore di settori specifici della popolazione. Ma questo vale per ogni altro tipo di tassa ed è quindi un problema del tutto separato. Il punto dell’articolo è sottolineare che anche tassi di inflazione moderati possono corrispondere a vere e proprie tasse patrimoniali. Che poi si possa decidere, a monte, di tassare il patrimonio per ragioni, a valle, di tipo redistributivo è un problema di politica fiscale concettualmente separato. Ripeto: ciò non toglie nulla all’implicazione logica che l’inflazione, di per sé, sia una tassa patrimoniale.