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I giovani Neet e la disoccupazione

I recenti dati sul mercato del lavoro dell’Istat hanno di nuovo indicato un calo dell’occupazione, soprattutto tra i giovani. In questo contesto vengono spesso citati anche i cosiddetti Neet, ovvero quei giovani ( di età compresa tra i 15 e i 24 anni) che non sono né occupati né impegnati a scuola o all’università. Si tratta di un’utile classificazione perché permette di capire se il basso tasso di occupazione tra i giovani sia dovuto effettivamente al fatto che molti di essi non trovino lavoro, oppure più semplicemente al fatto che molti sono ancora impegnati in un percorso scolastico. I dati riportati nel grafico mostrano l’andamento nel corso degli ultimi 10 anni dei giovani occupati, disoccupati e inattivi  in rapporto alla popolazione totale dei 15-24enni. Si nota molto chiaramente che i Neet sono aumentati costantemente dall’inizio della crisi e che tale aumento è dovuto principalmente ai disoccupati. Gli inattivi non impegnati a scuola sono anch’essi in aumento ma il trend non sembra aver risentito in modo significativo della crisi del 2008.
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Se la disoccupazione è donna

Dei 44mila occupati in meno registrati a febbraio, 42mila sono donne. Gli ultimi dati ci dicono che le donne hanno cercato maggiormente lavoro, ma lo hanno trovato di meno. E anche che lo hanno perso con più facilità. Ma la ripresa del mercato del lavoro non può prescindere dall’occupazione femminile.

Acqua: quello che ancora vorremmo sapere dall’Istat

L’Istat ha diffuso i dati sulla disponibilità di risorse idriche in Italia. È un passo avanti verso la costituzione di un sistema informativo adeguato alle esigenze di una economia che sulla relativa facilità di accesso all’acqua ha costruito una parte importante del proprio modello di sviluppo.

Occupazione: i limiti dei dati mese per mese

I dati mensili dell’Istat su occupati e disoccupati si limitano a pochissimi indicatori. Per evitare spiegazioni congiunturali di dubbia tenuta, è opportuno analizzarli in una prospettiva temporale più lunga. Ed è utile metterli a confronto con i numeri sulle unità di lavoro.

Quanto ci si ammala nel pubblico impiego *

Sulle assenze per malattia si pubblicano spesso dati elaborati per sostenere una tesi piuttosto che un’altra. Vediamo quali sono quelli consolidati, che mostrano un’incidenza maggiore nel pubblico che nel privato. E cosa serve per contenere il fenomeno entro limiti accettabili.

L’entusiasmo ingiustificato del ministro Poletti

Il decreto Poletti ha davvero favorito l’incremento dei contratti a tempo indeterminato e di apprendistato, come sostiene il ministero? La notizia non sembra confermata dai dati sulle comunicazioni obbligatorie. Equivoco frutto dell’assenza di una cultura della valutazione. E di microdati

Silenzio, parla Istat

Un comunicato del ministero del Lavoro nel giorno in cui Istat ha diffuso i dati sulla disoccupazione ha creato non poca confusione sul reale andamento del mercato del lavoro. Invece è indispensabile informare con chiarezza i cittadini, anche attraverso le statistiche. Soprattutto se ufficiali.

Il Punto

Venerdì scorso, non appena l’Istat ha rilasciato nuovi dati della Caporetto della disoccupazione, il ministro Poletti ha pensato bene di comunicare, sulla base di rilevazioni amministrative (e provvisorie), che in un anno si sono creati 2 milioni e mezzo di posti di lavoro grazie alle sue riforme senza preoccuparsi di informare su quanti posti di lavoro sono stati distrutti. Confondendo le idee ai giornalisti e al pubblico non esperto in statistica. Il ministero del Lavoro deve informare sulla base dei dati che raccoglie nell’esercizio delle sue funzioni, non può deformarli per fini elettorali.
La brusca caduta del prezzo del petrolio apre una serie di domande. Quali le cause? Che riflessi ci saranno sulle grandi compagnie che hanno investito massicciamente nella ricerca e nella produzione? Sono diverse le strategie dei vari paesi dell’Opec? I progressi tecnologici nelle energie alternative si fermeranno? E infine: i consumatori italiani possono aspettarsi qualche vantaggio? Cerchiamo di rispondere.
Vengono spesso definite “all’americana” le regole Consob sulle operazioni con parti correlate. In realtà c’è un abisso tra Italia e Stati Uniti sia nella formulazione sia nell’applicazione. Proviamo a chiarire i malintesi.
È possibile che le politiche per la riduzione di gas serra spingano la crescita economica anziché frenarla, come si ritiene generalmente. Lo sostiene un rapporto presentato al summit sull’ambiente delle Nazioni Unite. Una buona premessa per la conferenza di Parigi sul clima nel 2015.
Il ministro del Lavoro, Poletti, sta preparando la riforma del settore non profit, da cui proviene. Vediamo cosa c’è di buono e di discutibile nel progetto che vuole riordinare questo pezzo importante e in espansione dell’economia italiana, con quasi 1 milione di occupati ed entrate annue di 64 miliardi di euro.
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Contro la povertà si può fare tanto anche con poco *

Il sostegno per l’inclusione attiva proposto dalla commissione ministeriale voluta dal Governo Letta costerebbe 7,5 miliardi: una cifra improponibile per il nostro bilancio. E tuttavia si potrebbe partire con un programma più selettivo dai costi molto ridotti, ma benefici comunque significativi.

L’aggiornamento dell’aggiornamento

L’Italia sta chiedendo un’interpretazione più flessibile del Patto di Stabilità e di Crescita nell’avviare la manovra di bilancio per il 2015. Ci sono pochi mesi a disposizione. Ma il paradosso è che rischiamo di non poter neanche aprire una seria trattativa con Bruxelles fino a ottobre inoltrato.

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