Nel Def 2017 sono stati inseriti per la prima volta indicatori di benessere equo e sostenibile. Tra questi, c’è il tasso di mancata partecipazione al lavoro. Restituisce meglio lo stato attuale del nostro mercato del lavoro: negativo, ma in miglioramento.
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I dati sull’occupazione dei giovani a pochi anni dall’uscita dagli studi confermano il miglioramento registrato dai dati Istat. È particolarmente rilevante perché riguarda proprio coloro che più sono stati penalizzati nel corso della crisi economica.
Invecchiamento della popolazione, crisi economica e pur necessarie riforme pensionistiche hanno inciso molto sull’occupazione dei giovani e degli uomini adulti. Solo uno sviluppo vivace può permettere il ritorno ai tassi di occupazione pre-crisi.
Sono aumentati i licenziamenti con il Jobs act? C’è un lieve incremento da marzo 2016, benché prevalgano ancora nettamente le dimissioni volontarie per il tempo indeterminato. Il caso del Veneto sembra mostrare che si tratta soprattutto di lavoratori stranieri dipendenti da imprese straniere.
I dottori di ricerca non sono molti in Italia, anche perché il terzo livello di formazione universitaria è stato istituito solo negli anni Ottanta. Hanno sbocchi professionali al di fuori dell’ambito accademico? Dipende dalle discipline, ma i dati non sono incoraggianti. Dove e come intervenire.
Le moderne tecniche statistiche permettono di rispondere a quesiti a lungo dibattuti. Come le gabbie salariali, il sistema di differenziazione territoriale delle remunerazioni in vigore nel secondo dopoguerra. Uno studio suggerisce che l’effetto sull’occupazione di quegli anni sia stato modesto.
Il flusso di persone che si rivolge ai servizi per il lavoro è molto sostenuto. Centri per l’impiego e agenzie per il lavoro riescono a rispondere a circa la metà delle richieste. Chi si rivolge al pubblico, chi al privato e la soddisfazione degli utenti. Investimenti in infrastrutture e personale.
Dal Rapporto Inps 2016 emerge non solo la perdita di milioni di posti di lavoro, ma anche come la crisi abbia ridotto il numero delle imprese e indotto una loro maggiore concentrazione. Così la ripresa dell’occupazione è lenta e spesso part-time. Modello insostenibile per la non autosufficienza.
Lo ha ben spiegato il governatore della Banca d’Italia: un aumento dei salari contribuirebbe ad allontanare il rischio deflazione. Pochi i margini all’interno delle aziende, perché la produttività ristagna. Possibili interventi di politica fiscale rispettando gli equilibri di finanza pubblica.
Quanto è utile la laurea per il lavoro?
Di Floro Ernesto Caroleo e Francesco Pastore
il 05/08/2016
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