La revisione della legge elettorale è forse la più urgente delle riforme istituzionali. Ma anche la più difficile perché i partiti conoscono le conseguenze politiche che comporta scegliere un modello oppure un altro. Si può adattare all’Italia l’esperienza canadese della Civic Assembly?
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Sulle riforme istituzionali, i saggi propongono ricette di buon senso, orientate al superamento del bicameralismo perfetto. Saranno approvate? Forse è più semplice riformare le istituzioni in tempi di crisi economica e politica. Il maggior potere contrattuale di Napolitano dopo la riconferma.
Si torna al voto con il Porcellum. La selezione dei candidati resta così saldamente nelle mani delle segreterie di partito. E mancano gli incentivi elettorali alla ricerca di politici di qualità. Ma ai futuri senatori e deputati possiamo già chiedere un impegno preciso per la prossima legislatura.
Sembra raggiunto l’accordo di massima per la nuova legge elettorale. La proposta mira a un ritorno al proporzionale, alzando però la soglia di sbarramento, reintroduce le preferenze e prevede il rispetto di quote di rappresentanza di genere. L’impressione è che sia stata congegnata per impedire che dalle urne esca una chiara maggioranza e per giustificare la successiva formazione di un Governo di larghe intese. Eppure sarebbero bastati piccoli correttivi alla legge attuale per migliorare la qualità del personale politico. Garantendo però al paese la governabilità.
La nuova legge elettorale dovrebbe eliminare le liste bloccate e favorire un riavvicinamento tra eletti ed elettori; semplificare il quadro politico senza comprimere la rappresentanza ma consentendo processi riaggregativi di sensibilità politiche tra loro compatibili; mantenere una competizione di tipo bipolare. Tutto ciò si può ottenere adattando al nostro paese il sistema del voto alternativo. Garantirebbe maggiore qualità nel processo di selezione delle candidature. E porterebbe all’abbandono del premio di maggioranza, sconosciuto in tutte le grandi democrazie.
Contro il premio di maggioranza si invocano spesso i sistemi di voto stranieri. Ma, a ben vedere, anche in questi è previsto un premio, sia pure con efficacia incerta e con il pericolo di concedere troppo. Meglio allora prendere ad esempio la legge elettorale della Regione Veneto, che ha un premio di maggioranza variabile, calcolato in modo da salvaguardare la governabilità senza mettere in pericolo le garanzie per le minoranze. Risultati che non sono affatto assicurati dal premio di maggioranza fisso in discussione al Senato.