I rapporti sull’Europa di Draghi e Letta suggeriscono di “togliere il rischio” che i privati corrono quando contribuiscono al finanziamento di infrastrutture. Non sembra una buona idea. Perché ci sarebbe un incentivo a costruire opere di dubbia utilità.
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I trasporti pubblici locali sono già materia devoluta alle regioni, anche se lo stato continua a finanziarli con sussidi e investimenti infrastrutturali. In un sistema così complesso, aumentare l’efficienza dei servizi è il presupposto di ogni riforma.
La sentenza della Consulta sugli investimenti nei settori regolati applica il concetto di libertà di impresa in un ambito improprio. Crescerà così il perimetro delle aziende costruttrici che operano “in house”. Il contrario di quello che si dovrebbe fare.
Trasporto pubblico locale, autostrade, ferrovie: sono settori dove la concorrenza non si vede. Eppure, non mancano i casi in cui la competizione ha dato buoni frutti. Perché non dare più competenze all’Autorità di regolazione?
Nella sua Relazione annuale l’Autorità per la regolazione nei trasporti si è occupata anche di questione ambientale. Ma nel settore il problema più rilevante è la scelta di meccanismi di tariffazione diversi per le infrastrutture ferroviarie e autostradali.
Sono 25 i miliardi destinati dal Pnrr alla costruzione di nuove linee ferroviarie. Si dovrebbe così realizzare un radicale spostamento di traffico merci e passeggeri dalla strada alla ferrovia. Ma è un progetto con molti rischi e vantaggi incerti.
Il Pnrr prevede la costruzione di grandi opere senza effettuare nessuna valutazione costi-benefici. Ne derivano decisioni che sollevano forti perplessità, prima di tutto sotto il profilo ambientale. Ma per alcuni potrebbero essere scelte razionali.
Con l’epidemia di coronavirus il prezzo dei carburanti è decisamente calato, rendendo socialmente accettabile l’introduzione di una carbon tax a livello globale. Nei trasporti ridurrebbe le emissioni climalteranti senza gravare sui bilanci degli stati.