Ridurre al minimo il ruolo dello stato e lasciar fare al mercato: è il credo dei liberisti. Ma i fallimenti del mercato esistono e lo stato li deve correggere. Per l’Italia il problema non è la “dimensione” dello stato, quanto il modo in cui interviene.
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Il monopolio è la forma di impresa dominante nei trasporti italiani. Al di là delle giustificazioni formali, a renderlo una scelta politica razionale ci sono disparati motivi. Per confutarli è necessario sviluppare strumenti di analisi molto più realistici.
L’aumento dei bitcoin in circolazione è disciplinato da una regola matematicamente precisa e vigilato in modo decentralizzato. Le sue quotazioni, invece, sono estremamente volatili. Il picco del 2017 potrebbe indicare una prossima situazione di monopolio.
Nel settore delle infrastrutture dei trasporti sembra andare di moda l’accorpamento. Fino a proporne anche di bizzarri, sempre sulla base delle possibili economie di scala. Ma c’è un altro criterio da prendere in considerazione: la dimensione minima. Campioni nazionali e autorità di regolazione.
Anas e alcune aziende di trasporto urbano potrebbero entrare nell’orbita di Ferrovie dello Stato. Non si tratterebbe certo di un fulgido esempio di politica orientata al mercato. Il già molto potente gruppo pubblico ne uscirebbe rafforzato. Lotti funzionali e gare nella soluzione per le strade.
Le difficoltà di Ntv riaprono la questione della concorrenza nel trasporto ferroviario. La competizione indotta da Italo ha senz’altro comportato benefici per i cittadini, in termini di prezzo e di qualità dei treni. Le meccaniche regolatorie e la recente delibera dell’Autorità dei trasporti.
Ferrovie e autostrade sono monopoli naturali regolati. Con molte similitudini. A partire dal fatto che sembra mancare la volontà politica di intaccarne il potere monopolistico. Permettendo così a Fsi di bloccare qualsiasi reale apertura alla concorrenza o ipotesi di riduzione dei sussidi pubblici.