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Tag: tommaso monacelli

Monetizzare il deficit è un’illusione pericolosa

Lo statuto della Bce vieta la monetizzazione del deficit di un singolo stato membro. E lo fa a ragion veduta. Un eventuale intervento della Banca centrale è possibile solo attraverso le Omt. Ecco perché si tratta di una virtù e non di un vizio del sistema.

La folle illusione di un falò da 250 miliardi di debito

Proposte come quella di annullare 250 miliardi di titoli del debito pubblico italiano detenuti dalla Bce si alimentano della confusione profonda su quali siano i limiti alla capacità della banca centrale di alleviare le obbligazioni fiscali di uno stato.

Reddito di cittadinanza o gioco delle tre carte?

Il reddito di cittadinanza così come raccontato dal M5s è un reddito di disoccupazione condizionato alla partecipazione attiva al mercato del lavoro. Come si finanzia? Ci sono solo due opzioni: o in deficit o avrà effetti minimi su occupazione e reddito.

Bitcoin? È già una bolla

Secondo la teoria economica un’attività finanziaria è una bolla quando il valore di mercato a cui viene scambiata si discosta dal suo valore fondamentale. Lo sono dunque tutte le monete e in particolare Bitcoin. Ma non per questo è destinata a scoppiare.

Uscire dall’euro è come fumare per dimagrire

Se i vantaggi di un ritorno alla lira si riducono alla possibilità di svalutare, si possono contrapporre i benefici prodotti da tassi di cambio fissi. Ma sono certi i costi di breve-medio periodo che l’economia italiana pagherebbe con l’uscita dall’euro.

Perché l’inflazione resta comunque una tassa patrimoniale

Famiglie, imprese e redistribuzione

Ringrazio molto i lettori per i commenti al mio articolo “Inflazione, la tassa che piace allo stato”. Riassumendo, ci sono tre tipi di considerazioni: 1. l’articolo ignora la redistribuzione all’interno del settore delle famiglie; 2. ignora il settore imprese; 3. se è vero che l’inflazione è una tassa che redistribuisce ricchezza reale dalle famiglie allo stato, cosa impedisce allo stato di redistribuirla a sua volta, magari a favore di famiglie più bisognose?
Sul primo punto, è certamente vero che non mi sono soffermato sulla redistribuzione all’interno del settore delle famiglie, ma ciò è dovuto a mere ragioni di spazio. Se è vero che l’inflazione ha potenti effetti di redistribuzione della ricchezza reale dai creditori ai debitori, è altresì vero che esistono famiglie “debitrici” e famiglie “creditrici”. Di solito, le prime sono famiglie di giovani che fanno un mutuo per la prima casa e si indebitano nella prospettiva di crescita di reddito futuro. Le seconde sono famiglie mature che risparmiano in vista della vecchiaia. Il lavoro di Klaus Adam e Junyi Zhu citato nell’articolo riporta dati anche su questa dimensione della redistribuzione. Invito quindi i lettori interessati a consultare quello studio.
Quanto al secondo rilievo, in realtà il settore imprese è conteggiato nella misura in cui la posizione finanziaria netta del settore famiglie include (secondo un conteggio complesso, i cui dettagli si trovano nello studio di Adam e Zhu) la partecipazione in aziende.
Sul terzo punto, certamente nulla vieta che lo stato decida di redistribuire la tassa da inflazione (che, si noti bene, è diversa dalla tassa da inflazione dovuta al signoraggio della banca centrale) in favore di settori specifici della popolazione. Ma questo vale per ogni altro tipo di tassa ed è quindi un problema del tutto separato. Il punto dell’articolo è sottolineare che anche tassi di inflazione moderati possono corrispondere a vere e proprie tasse patrimoniali. Che poi si possa decidere, a monte, di tassare il patrimonio per ragioni, a valle, di tipo redistributivo è un problema di politica fiscale concettualmente separato. Ripeto: ciò non toglie nulla all’implicazione logica che l’inflazione, di per sé, sia una tassa patrimoniale.

Inflazione, la tassa occulta che piace allo stato

L’inflazione non comporta solo l’aumento del prezzo di beni e servizi consumati dalle famiglie. Ha soprattutto effetti redistributivi. Per questo una fiammata inflazionistica dovuta all’uscita dall’euro e al ritorno alla lira avvantaggerebbe soprattutto lo stato, a danno delle famiglie.

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