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Il debito pubblico non si azzera per magia

L’Italia ha sprecato, nei primi anni dell’euro, l’occasione storica per risolvere il problema del debito pubblico. E oggi trovano sostenitori coloro che propongono ricette miracolose per ridurlo o eliminarlo senza pagare pegno. La realtà, però, è ben diversa.

Il debito e gli interessi

Circola da tempo nel paese una narrazione molto semplicistica sul nostro debito pubblico. Cioè che l’alto debito italiano non sia “colpa nostra”, bensì dell’alta spesa per interessi che strangola il paese. È di facile presa il dato secondo cui l’Italia spende per interessi sul debito le stesse risorse (in percentuale del Pil) che spende in istruzione. Dato ciò, è di moda il corollario secondo cui il nostro paese dovrebbe imitare il Giappone. Fare in modo cioè che le nuove emissioni di debito pubblico siano sistematicamente acquistate dalla banca centrale (evidentemente fuori dall’Eurozona) a tassi di interesse del tutto svincolati dal mercato e quindi, teoricamente, anche pari a zero. Il problema del debito si rivolverebbe così per magia.

Questa narrazione fa risalire i problemi del nostro debito pubblico alla fine degli anni Settanta e a due circostanze: i) il cosiddetto divorzio tra Tesoro e Banca d’Italia (per impedire che la banca acquistasse in ultima istanza le nuove emissioni di debito non recepite dal mercato); ii) la crescita dei tassi di interesse mondiali spinta dalla politica monetaria restrittiva della Fed (la banca centrale americana). Poiché i tassi americani tenderebbero a influenzare quelli di tutti i paesi avanzati, ciò avrebbe prodotto una crescita della spesa per interessi anche per l’Italia. E quindi una crescita del debito, a sua volta necessaria a finanziare i maggiori interessi. E così a seguire.

La logica sottostante presume che il tasso di interesse che un paese paga sul proprio debito sia “esogeno”, cioè determinato unicamente da fattori esterni (in questo caso la politica monetaria della Fed) e indipendente sia dalle politiche di (dis)avanzo primario che dallo stock accumulato di debito.

Una logica in realtà fallace. Per capirlo, è utile dare uno sguardo ai dati.

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La figura 1 mostra (riquadro di sinistra) l’andamento dei tassi d’interesse fissati dalla Fed dal 1979 in poi. È evidente il forte rialzo intorno alla fine degli anni Settanta, ma è altrettanto evidente il trend secolare di discesa dal 1980 in poi. Nonostante ciò, nello stesso arco temporale, il debito pubblico italiano continua a salire (riquadro di destra). In più, se fosse vero che i tassi d’interesse sul debito sono determinati per ogni paese “esternamente” (dai tassi d’interesse americani e quindi mondiali) e che sia questa la causa principale dell’accumulazione del debito, non è chiaro perché negli anni successivi il debito pubblico cresca così tanto di più in Italia rispetto a tutti i paesi avanzati.

L’importanza dell’avanzo primario

Meccanicamente, la variazione in ogni istante di tempo del debito pubblico dipende da due componenti: (dis)avanzo primario (spesa meno tasse) e spesa per interessi. Le due componenti sono mostrate nel quadro di destra della figura 1, insieme all’evoluzione storica del debito pubblico (in rapporto al Pil) dal 1974 in poi.

Figura 1

I dati mostrano una relazione positiva tra rapporto debito/Pil e spesa per interessi fino a circa il 1992. Nello stesso periodo (1974-1991) il saldo primario rimane sempre negativo, ma il tasso di interesse di riferimento americano precipita da un picco del 18 per cento raggiunto nel 1981 fino a meno del 3 per cento nel 1992. In realtà, nel periodo 1979-1992, la crescita della spesa per interessi è alimentata dalla crescita del debito, che a sua volta riflette le imprudenti e persistenti politiche di disavanzo primario condotte nello stesso periodo.
Se la spesa per interessi raggiunge un picco nel 1992, da allora è in costante discesa. Al trend di discesa hanno contribuito diversi fattori. In parte il calo dei tassi di interesse mondiali, ma soprattutto l’ingresso dell’Italia nell’euro (nel 1999-2000). Contemporaneamente all’ingresso nella moneta unica, però, inizia una fase di compressione dell’avanzo primario, che scende rapidamente da circa il 6 per cento del Pil (intorno al 1998) a zero nel 2004.
A questo punto l’Italia spreca una occasione storica per risolvere forse in modo definitivo il problema del proprio debito pubblico. Sfruttando la riduzione della spesa per interessi – questa volta indotta veramente da “cause esterne” (cioè l’ingresso nell’euro) – e riducendo in modo più prudente l’avanzo primario, avrebbe potuto comprimere il rapporto debito-Pil ben al di sotto del pur dignitoso 100 per cento raggiunto poco prima del 2007. In altri termini, una gestione virtuosa dei (dis)avanzi primari nel periodo 2000-2006 avrebbe regalato al paese un ampio “spazio fiscale” da sfruttare per fronteggiare la fase di fortissima turbolenza che inizia con la grande recessione del 2007-2008.
Quell’occasione è stata persa e ciò pesa ancor oggi come un macigno nella gestione della politica fiscale del nostro paese.

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29 commenti

  1. Henri Schmit

    Parole sante, ma tardive. Personalmente ho provato a fermare la follia di inseguire Germania e Francia nello sforamento dei parametri (“stupidi” perché artificiali, ma utili) di Maastricht. Ho scritto un messaggio di protesta a Il Sole 24 Ore giornale, di solito vicino agli interessi delle aziende e dell’investimento privato, dove l’inviata permamente a Bruxelles Adriana Ceretelli ha però difeso il coro generale che sosteneva il diritto del paese di violare i patti, come i partner europei, e quindi applaudiva quindi alla decisione del governo di allora di cogliere l’opportunità, di aumentare il deficit di bilancio ed di accettare che il debito pubblico aumentasse ulteriormente. . Ma non c’era nulla da fare. Tutti (tranne forse due o tre “gufi” come il prof. Cipoletta, non ricordo altri) erano d’accordo che l’Italia doveva sforare. Oggi l’errore collettivo non è molto diverso di allora. Oggi tutti (proprio tutti!!!) dicono che bisogna riformare l’UE invece di pensare a riformare – come era necessario già allora – l’Italia.

    • Gianni

      Strana ossessione per gli statali. Sappia che per essi la q100 non esiste, ma solo la quota 101.

  2. Savino

    L’enorme responsabilità è nell’origine dei cosiddetti “movimenti della protesta”, volgarmente autodefiniti “dei vaffa”. E’ evidente come i “vaffa” siano stati indirizzati, in questi 10-12 anni, alle persone sbagliate (elitès ed intellettuali, nazionali ed europei) e come, soprattuto, a protestare accanitamente e spropositatamente, finora, siano stati cittadini neanche scalfiti dalla crisi. Gli italiani adulti, che possiedono uno sterminato patrimonio, hanno recitato in commedia (frignando) la parte dei poveri, fino a far abolire dallo Stato ogni tassazione su appartamenti in centro, villini, castelli, yacht, auto di lusso ed altro patrimonio extra, le cartelle esattoriali sono state tutte condonate e rottamate, ogni tentativo di lotta all’evasione è stato sempre più blando e, per i furbetti popolani, Di Maio ha inventato la mancia assistenzialista del reddito di cittadinanza a cui Salvini, per gli amanti del genere baby-pensioni (soprattutto tra gli statali) ha aggiunto il carico di quota 100, tutto in deficit naturalmente. Con più debito pubblico di prima e con lo spread sempre pronto a salire, gli italiani e i “movimenti di protesta” hanno dimenticato totalmente la condizione dei più giovani e dei veri poveri, che finora non hanno mai avuto modo di protestare, nè hanno voce in capitolo. Il popolo vuole sentirsi dire solo le cose che gli fanno piacere. Per questo ha torto marcio sul debito pubblico, assieme a tutti i politici populisti che lo assecondano.

  3. Giacomo

    Mi chiedo se e quale ruolo ha avuto il quantitative easying della BCE. A mio modo di vedere, esso è stato tardivo, perché andava fatto molto prima, e poco efficace, perché ha compresso uniformemente tutti i tassi di interesse lasciando inalterati degli spread che non sono giustificati né dall’economia reale né dai livelli di debito e disavanzo. Inoltre, i governi degli anni del QE (Renzi e Gentiloni fondamentalmente) non ne hanno approfittato per ridurre il debito. Infine, definire “leggenda” (come fa la newsletter della Voce) il fatto che il paese subisce una politica monetaria decisa altrove mi sembra decisamente fuorviante.

  4. Tommaso Sinibaldi

    No. I tassi di interesse negli anni ottanta (e sarebbe più opportuno riferirsi a quelli reali) furono spinti in alto non dai tassi USA ma dalla esigenza di sostenere il cambio (eravamo nello SME).Il messaggio al mercato era : voi pensate che non riusciremo a reggere il cambio e noi vi diamo tassi altissimi per compensare questo rischio. Il debito esplose : il rapporto debito/pil raddoppiò negli anni ottanta.
    In sostanza ci indebitammo fino al collo per sostenere il cambio. Credo che storicamente non ci sia mai stata una politica monetaria più imbecille di questa.

  5. Negli anni ’90 l’Italia ha conseguito avanzi di bilancio primario (ovvero più entrate che uscite dalle casse dello Stato) costanti, anche durante l’attuale crisi. La spesa per interessi ha continuato invece ad aumentare. L’articolo ne omette la ragione prima : la politica di tassi alti nei ’90 voluta per il contenimento del cambio (con una minima fluttuazione consentita) in vista dell’adozione dell’euro nei ‘2000. Tutto questo per avere infine un euro sopravalutato e nessun margine di politica fiscale, bè, sì, ci siamo tirati forte la zappa sui piedi!

  6. serlio

    Una classe politica di conigli, ovvero di persone poco propense al coraggio e all’interesse nazionale, tant’è che nel 2011 hanno incaricato un mercenario per fare ciò che qualunque politico degno di questo nome avrebbe fatto in prima persona, assumendosene la responsabilità, nel bene e nel male. Che poi il massacro fiscale perpetrato ai danni degli italiani fosse veramente necessario, direi che è piuttosto discutibile. Ma d’altronde se ti assumono per fare il “lavoro sporco”, quello devi fare, non altro. Anche questa è stata una grande occasione sprecata, altre tasse che hanno incrementato la recessione anzichè tagli di spesa pubblica come sarebbe stato auspicabile.

  7. Il debito scese 1) convergenza euro (tassi bassi) 2) privatizzazioni 3) avanzi primari adeguati e alti. Il problema principale è che, seguendo la linea Cottarelli/Galli che sostengono che il debito possa scendere solo grazie ad avanzi primari alti, il saldo primario è molto correlato con l’andamento dell’economia reale e della finanza (vedere Borsa al rialzo come nel periodo 1993-2001). Il saldo primario non può prescindere dal ciclo economico; un po’ come il famoso 3% di deficti/pil dovrebbe tenere in considerazione il trend storico globale del tasso di crescita del pil mondiale, notevolmente eroso negli ultimi 20 anni, cambiando il parametro che dovrebbe essere flessibile ed adeguarsi in base al ciclo.

  8. Giorgio Manca

    Solo una notazione di metodo: nell’articolo si fa riferimento all’argomento della rilevanza assunta dal cosiddetto divorzio tra Tesoro e Banca d’Italia del 1981 ai fini dell’aumento del debito derivante dalla spesa per interessi, ma poi nell’articolo si confuta solo l’altro argomento che sostiene la tesi avversata (ossia l’argomento basato sugli alti tassi determinati dall’influenza della FED). Rimaniamo quindi con la curiosità…

  9. carmine meoli

    vi sarebbero due temi : il primo riguarda in assoluto il divorzio che non pare abbia giocato ruoli .Il secondo l’impatto sui costi del debito di una eventuale funzione di “collocatore” sul mercato secondario svolta dalla Banca . Si dice che operi in tal modo l’Istituto della RFT .

  10. Valerio

    Cioè, la spesa per interessi cala dal 1992 perché nel 1999 (in realtà dal 1997) entriamo nell’euro?
    Dal 1980 al 1992 salgono spesa per interessi, avanzo primario e rapporto debito pubblico / PIL, quindi le relazioni sono più complesse?
    Perché non investigare anche altre variabili (tassi tedeschi, debito privato, rapporto debito pubblico/ Pil mondiale)?
    Più che un’analisi, sembra un temino a soggetto.

  11. andrea

    tutto giusto e condivisibile, salvo il riferimento alla Grande recessione, che è del 2008-09, non 2007-08 (ma probabilmente è un semplice refuso)

  12. Giorgio

    Ottimo articolo, con dati e grafici esplicativi. …e adesso, come possiamo rimediare? Penso che sarebbe necessaria una crescita del 2% con una inflazione dell’eurozona del 2% per 20 anni. “Sembra facile…..”.

  13. Giorgio Manca

    Solo una questione di metodo. All’inizio dell’articolo si fa riferimento all’argomento secondo cui il debito pubblico italiano sarebbe esploso dopo il divorzio tra Banca d’Italia e Tesoro (del 1981), che sarebbe (secondo la tesi avversata) una delle cause dell’aumento della spesa per interessi. Poi però nel corso dell’articolo l’unico argomento confutato è quello secondo cui la crescita dei tassi di interesse mondiali sarebbe stata causata dalla politica monetaria restrittiva della Fed. Sulla prima questione nulla si dice. Perchè?
    Giorgio Manca

  14. bruno puricelli

    Egr. Professore,
    ho la presunzione di saper far dimagrire fortemente il nostro debito grazie a noi italiani e ad un escamotage che mi piace chiamare “Uovo di Colombo”. In 30 anni. Si tratta di due files che vorrei girarle tramite LaVoce.
    Posso avere istruzioni?

    Grazie

  15. bruno puricelli

    Precisazione alla precedente:
    saprei come ridurre fortemente il R D/Pil a partire da pochi mesi dopo l’avvio dell’operazione se non ostacolata da cavilli regolamentari specificamente ostativi. Richiede certamente molto tecnicismo non altro.

    • amadeus

      Bruno Puricelli si rilegga l’incipit. Sembra scritto apposta per lei.
      “L’Italia ha sprecato, nei primi anni dell’euro, l’occasione storica per risolvere il problema del debito pubblico. E oggi trovano sostenitori coloro che propongono ricette miracolose per ridurlo o eliminarlo senza pagare pegno. La realtà, però, è ben diversa.”

      • bruno puricelli

        Finalmente ho trovato un interlocutore.
        La mia proposta ci affrancherebbe da spread > all’inflazione, ci farebbe risparmiare in interessi passivi circa 1000 mlds/30a, teoricamente a bocce ferme aumentando il Pil di circa 22 mlds/a senza incidere sul debito.
        Il tutto sarebbe possibile come “L’uovo di Colombo”!… con le sole nostre forze!!!!

      • bruno puricelli

        Aggiungo che sarebbe possibile perché fortunatamente abbiamo risparmiato. Ecco perchè richiedevo un parere al professore.

  16. Aram Megighian

    Non desidero porre il problema da un punto di vista politico. Francamente a 360 gradi non riesco a vedere in Italia neanche lontanamente alcuna persona in grado di poter essere definita come valido Politico.
    Ne faccio tuttavia un discorso di responsabilità. La Democrazia prevede si eleggano delle persone che svolgono un lavoro e poi si possa valutare con il voto il risultato del loro lavoro.
    Nel periodo “perso” di cui Lei parla nell’articolo, è stato in carico un Governo: il governo Berlusconi (Berlusconi II e III), sostenuto oltre che dal suo partito, Forza Italia, anche dalla Lega e da Alleanza Nazionale.
    Abbiamo avuto tre Ministri dell’Economia (Tremonti, Siniscalco e lo stesso Berlusconi, ad interim), che hanno preso delle decisioni, che risultano agli atti e di cui si conosce anche l’effetto attraverso i dati dell’ISTAT, economici e finanziari.
    Si potrebbe sapere più in dettaglio quali sono state le misure che hanno inciso negativamente sul debito pubblico in questo periodo, e quelle che, non assunte, non lo hanno migliorato ?
    Sono passati 12 anni e penso che ci sia materia per un rendiconto finale e una corretta valutazione delle responsabilità, se ci sono.

  17. Americo Mancini

    Si accenna ma poi non si spiega . Parlo del divorzio tra Tesoro e Bankitalia che non avrebbe ma ha fatto esplodere il debito pubblico Lo ammise lo stesso Andreatta in un articolo sul Sole alla fine degli anni 90.

  18. toninoc

    Gli interessi che paghiamo sul debito sono una componente non marginale del debito pubblico Italiano visti gli alti tassi di interessi che dobbiamo dare tutti gli anni agli investitori per l’acquisto dei nostri titoli. Ma il debito non è caduto dal cielo; vuol dire che le entrate sono state inferiori alle uscite. Alla voce “entrate” ci sono soprattutto quelle fiscali, che sono le più consistenti e con le quali, se pagate da tutti i contribuenti sarebbero più che sufficienti a ridurre significativamente nell’ arco di un decennio il colossale debito Italiano che ci sta affossando. Ci vogliono politici con capacità ed attributi maschili notevoli per fare in modo che in Italia non sia più conveniente evadere la tasse. Gli evasori sono dei ladri e come tali devono andare in galera ed ai lavori forzati. I nostri governanti invece promettono ed attuano la rottamazione dei debiti e l’abbassamento delle aliquote ai ricchi. Alla voce “uscite” ci sono le tangenti per i lavori pubblici e la corruzione, gli sprechi nella pubblica amministrazione e spesso l’incompetenza di chi dovrebbe dare servizi pubblici. Ci vuole molta competenza ma soprattutto ci vuole il coraggio dell’impopolarità.

  19. piero

    Si continua spesso a rimurginare sui motivi dell’esplosione del debito italiano; cosa certamente utile sul piano storico. Purtroppo, il problema attuale è un altro: è possibile, alle condizioni date, ridurlo in modo significativo? Qualcuno sogna clamorosi aumenti del PIL, da ottenere non si sa bene come, visto che un terzo dell’Italia è in declino (il sud). Altri, parlano di tagliare la spesa pubblica, già ampiamente tagliata nei servizi, dove anzi andrebbe aumentata. A livello teorico, un pò di soldi potrebbero essere trovati tra le prestazioni sociali in denaro ampiamente cresciute (pensioni da lavoro e sussidi vari). Ce lo vedete un governo che solo ci pensa? Dopo Monti, c’è stata la corsa a dare soldi a destra e manca, più o meno giustamente.
    Come se non bastasse, ora sta per arrivare il colpo di grazia: la c.d. flat tax! Qualche anno fa alcuni intellettuali di area socialista e cattolica proposero una patrimoniale chok sui ricchi per dare un forte taglio al debito e abbattere la spesa per interessi; ovviamente, è morta lì.
    A questo punto penso che dobbiamo rassegnarci a convivere con il mostro; sperando che, quando servirà, ci sia sempre la BCE a darci una mano.

  20. Paolo M88

    Concordo sul fatto che il problema di fondo dell’Italia degli anni ’70 e ’80 fossero gli eccessivi deficit di bilancio. Ma mentre negli anni ’70 tali deficit erano compensati con una tassa da inflazione, generata attraverso il finanziamento monetario del fabbisogno, negli anni ’80 il divorzio fra Tesoro e BdI determinò, seppur non completamente, il venir meno di questa forma di finanziamento. L’Italia si trovò quindi abbastanza improvvisamente a doversi finanziare a condizioni di mercato e i tassi d’interesse, che in precedenza erano addirittura negativi, divennero molto alti, coerenti però, come giustamente osservato, con disavanzi primari elevati e un debito rapidamente crescente. Il risultato fu il raddoppio del rapporto Debito/Pil in un solo decennio. A mio parere quindi non hanno completamente torto coloro che affermano che il divorzio, sia pur indirettamente, generò l’elevato debito pubblico. Certo, si potrebbe obiettare che l’aumento del debito si sarebbe potuto evitare se l’Italia avesse sostituito la tassa da inflazione con altre tasse o avesse ridotto la spesa pubblica, in modo da contenere i disavanzi e ottenere dal mercato tassi più bassi. Ma il punto fondamentale a mio parere è un altro. (1/2)

  21. Paolo M88

    Contrariamente alla vulgata tradizionale, secondo cui il divorzio fu una scelta necessaria per risolvere il problema dell’elevata inflazione di quegli anni, la decisione di rinunciare alla possibilità di utilizzare la Banca Centrale per il finanziamento del deficit fu necessaria per permettere all’Italia di partecipare allo SME e, più in generale, per ancorare il destino dell’Italia a quello dell’Europa. Il divorzio fu quindi il primo e fondamentale passo che consentì in seguito all’Italia di entrare nella moneta unica. Sotto questa luce esso appare pertanto più come una scelta politica che una decisione di natura tecnica. Il problema fondamentale è che una scelta così impegnativa e determinante per le sorti di un Paese avrebbe richiesto una legittimazione democratica forte. E invece il divorzio fu il risultato di un semplice scambio di lettere tra il Ministro del Tesoro e il Governatore della BdI, senza neppure un parere del Governo o una discussione nel Parlamento. In esso pertanto è già possibile rintracciare quel deficit di legittimazione democratica che ha caratterizzato per molti versi tutta la costruzione dell’Euro. Su questo più che su altri aspetti sarebbe oggi necessaria una riflessione. (2/2)

  22. Henri Schmit

    Forse doveva scegliere meglio la destinazione del suo contro-commento.

  23. Henri Schmit

    Non capisco a che cosa serva il dibattito accademico su ragioni ed effetti del divorzio tra Bankit e Tesoro, due moderatori dell’economia nazionale, quando le decisioni che più incidono sono prese dal legislatore (potere) e dagli operatori privati (massa). Negli anni 90 l’Italia era ancora in grado di fare riforme strutturali (apertura, efficienza, convergenza) p. es. nel settore finanziario (cambiamenti epocali), ma lo fece con politiche a deficit (peggioramento del saldo primario, frenato solo da disciplina €). Dopo l’avvio dell’€ questa capacità si è gradualmente persa (se si escludono alcune riforme p. es. Bersani, Prodi, Monti). Il miglioramento della spesa per interessi dovuto all’euro (prima convergenza, poi avvio) ha contribuito a far crescere il PIL e a migliorare il debito/PIL, ma solo per il tempo che l’effetto della droga (dei tassi) durava. La crisi ha evidenziato l’’errore: pensare di potersi permettere deficit strutturali confidando nella garanzia UE per non dover rispondere in proprio dell’ingente debito pubblico. Questa falsa credenza alimenta politiche fiscali opportunistiche, elettorali, inefficienti, divergenti, finanziariamente disastrose, con un evidente peggioramento da governo a governo. L’Italia da malato cronico che solo ora non intende più uscire dall’€ (5S, Lega, FI) si prepara a diventare il ricattatore dei partner europei. Invece di riformare finalmente l’Italia, ora tutti (non solo i 3 anti-UE menzionati) rivendicano che si riformi l’UE.

  24. toninoc

    Oggi possiamo fare tutte le riflessioni possibili sul passato,magari riconoscendo gli errori dei ministri e governatori allora in carica, ma queste non possono e non cancellano il debito che oggi ci mette nella melma. Oggi sono necessarie azioni politiche immediate che facciano aumentare le entrate e diminuire le uscite.
    Sembrano argomenti tabù: l’evasione fiscale, l’evasione contributiva, la corruzione, la criminalità organizzata , l’incompetenza dei ministri e dei sottostanti ecc. ecc. ecc. . Affrontare con decisione queste cause non è popolare ma se qualcuno non inizia a farlo annegheremo in un mare di debiti (melma) e con noi annegheranno le future generazioni.

  25. Federico

    “In realtà, nel periodo 1979-1992, la crescita della spesa per interessi è alimentata dalla crescita del debito, che a sua volta riflette le imprudenti e persistenti politiche di disavanzo primario condotte nello stesso periodo.”

    Imprudenti e persistenti politiche di disavanzo primario. Davvero?

    “L’incidenza media della spesa per interessi sul Pil tra 1982 e 1994 è del 9,1%, mentre quella del disavanzo delle entrate è dell’1,6%. In sostanza il servizio al debito incide sul raddoppio del debito circa cinque volte di più del disavanzo, cioè in una misura di almeno il 75%. Ciò vale ancor di più nel periodo successivo al 1994.” [https://www.economiaepolitica.it/politiche-economiche/lesplosione-del-debito-pubblico-senza-un-prestatore-di-ultima-istanza/]

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