Cda, Cie, Cara: sono tante le sigle utilizzate per indicare i diversi centri che accolgono gli immigrati in Italia. Vediamo quando sono stati istituiti e quali sono le finalità e la capienza delle diverse strutture.
Cpsa (centri di primo soccorso e accoglienza): pur non essendo nemmeno citati come tali in modo distinto nel sito del ministero dell’Interno, sono di fatto i luoghi di primissima accoglienza, pensati come strutture destinate a ricevere i migranti per il tempo necessario al loro trasferimento presso altri centri (indicativamente 24/48 ore). Sono stati istituiti dal decreto interministeriale del 16 febbraio 2006 che ha modificato la denominazione di alcuni dei centri di accoglienza, appunto, in Cpsa. Il luogo che da anni è maggiormente sotto i riflettori, ovvero il centro di contrada Imbriacola a Lampedusa, è per l’appunto un Cpsa. (1)
Gli ultimi dati ufficiali disponibili sulla capienza complessiva dei Cpsa, del 2010, parlavano di 775 posti, comprensivi dei 381 di Lampedusa, dei 220 di Cagliari – Elmas e dei 174 di Ragusa – Pozzallo.
Cda (centri di accoglienza): sono i centri più “antichi” per denominazione e natura, dal momento che sono stati previsti dalla legge n. 563 del 1995, la cosiddetta “legge Puglia” allo scopo di far fronte agli arrivi via mare dall’Adriatico nei primi anni Novanta. La portata temporale di quella legge era limitata agli anni 1995, 1996 e 1997, ma di fatto continua a costituire il principale riferimento normativo in materia di prima accoglienza. I migranti dovrebbero soggiornare in questi centri per il tempo “strettamente necessario” alla prima assistenza e alla definizione della loro situazione giuridica. La capienza complessiva dei Cda è praticamente impossibile da dedurre, dal momento che nella totalità dei casi coesistono con i Cara e i dati sulle capienze – così come quelli sulle presenze – non sono scorporabili.
Cara (centri di accoglienza per richiedenti asilo): nella loro forma attuale sono normati dal decreto legislativo n. 25 del 2008 e sono destinati ad accogliere una particolare fattispecie di richiedenti asilo (non la loro totalità), ovvero coloro per i quali è necessario verificare o determinare l’identità; oppure coloro che abbiano eluso o tentato di eludere i controlli di frontiera. (2) Per gli altri richiedenti protezione internazionale, il dovere di accoglienza in capo allo Stato italiano (come previsto dalla direttiva 2003/9/Ce, attuata dal decreto legislativo 140/2005) dovrebbe sostanziarsi in altro modo, per esempio, attraverso i progetti del Servizio di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, Sprar).
Il tempo di soggiorno nei Cara non dovrebbe comunque superare per legge i 35 giorni, al termine dei quali i richiedenti asilo dovrebbero ricevere un permesso di soggiorno e vedersi protratta l’accoglienza in luoghi idonei. Quantificare la reale capienza dei Cara è difficile. Secondo i dati del 2010, erano in funzione sette centri “misti” Cda-Cara con una capienza complessiva di 3.500 posti (Ancona, Bari, Brindisi, Caltanisetta, Crotone, Foggia, Roma-Castelnuovo di Porto) e due Cara “puri” per complessivi 560 posti (Gorizia e Trapani). La permanenza media in questi centri, indistintamente Cda o Cara, oscillava da un minimo di 30 a un massimo di 180 giorni, ma si può affermare senza timore di smentita che nella maggior parte dei casi i richiedenti rimanevano nei centri per diversi mesi.
Cie (centri di identificazione ed espulsione): sono strutture volte al trattenimento, convalidato dal giudice di pace, degli stranieri extracomunitari irregolari e destinati all’espulsione. Sono stati inizialmente introdotti nel 1998 attraverso la legge Turco-Napolitano (Dlgs 286/1998) con il termine di centri di permanenza temporanea (Cpt), che verrà successivamente modificato nel termine Cie. Previsti dall’articolo 14 del Testo unico sull’immigrazione 286/98, come modificato dall’articolo 12 della legge 189/2002, questi centri si propongono di evitare la dispersione degli immigrati irregolari sul territorio e consentire la materiale esecuzione dei provvedimenti di espulsione emessi nei confronti degli irregolari da parte delle forze dell’ordine. Il decreto legge n. 89 del 23 giugno 2011, convertito in legge n. 129/2011, proroga il termine massimo di permanenza degli stranieri in tali centri dai 180 giorni (previsti dalla legge n. 94/2009) a 18 mesi complessivi. La possibilità (non l’obbligo) del prolungamento del periodo di detenzione amministrativa fino al termine di 18 mesi (il massimo possibile) è stata decisa a livello europeo attraverso la “direttiva rimpatri” (115/2008), che l’Italia ha applicato solo nel 2010 a seguito di una sentenza della Corte di giustizia dell’UE (caso El Dridi) in cui l’Italia veniva condannata per alcune procedure giuridiche che si trovavano in contrasto con la direttiva stessa. (3) I dati relativi al 2010 parlano di una capienza complessiva di 1.800 posti all’interno di tredici strutture, di circa 3.500 persone rimpatriate a fronte di più di 8.500 trattenute nel corso dell’anno. I dati per il 2013 indicano tredici strutture con una capienza complessiva di circa 1.901 posti. Cinque Cie su tredici sono però attualmente chiusi per lavori di manutenzione della struttura a seguito delle rivolte messe in atto dai detenuti (spesso attraverso incendi), oppure per problemi di carattere economico riscontrati dalle società che avevano in gestione i centri. Ricordiamo che i Cie costano come minimo 55 milioni di euro all’anno. Oggi, in seguito ai tagli della spending review 2011, il costo giornaliero pro-capite è stato abbassato a 30 euro più Iva, il che ha contribuito a peggiorare le condizioni di vita delle persone lì trattenute. Soprattutto, i Cie sono ben lungi dall’aver raggiunto gli obiettivi per cui erano stati istituiti: su 169.071 persone transitate nei centri tra il 1998 e il 2012, quelle effettivamente rimpatriate sono state soltanto 78.045, il 46,2 per cento del totale (www.lunaria.org), una frazione minima dell’insieme degli immigrati in condizione irregolare (nello stesso periodo ne sono stati regolarizzati più di un milione). Anche la funzione di deterrenza implicitamente loro affidata non sembra sortire grandi effetti.
(1) Originariamente il centro aveva una capienza di 850 persone; oggi sono ufficialmente 250. Negli ultimi mesi – come già nel 2011 – è sovente accaduto che le presenze effettive sforassero di diverse centinaia quelle previste.
(2) Per inciso: è assai dubbio applicare tale fattispecie alle persone arrivate via mare o via terra attraverso viaggi pericolosi e gestiti da passatori, poiché le modalità e la rotta del viaggio è decisa dall’organizzazione responsabile del viaggio e pertanto la stessa elusione dei controlli di frontiera non è una scelta soggettiva dei richiedenti.
(3) In particolare per quel che riguarda l’ex art. 14.5-ter e quarter Tu immigrazione che prevedeva un periodo di detenzione penale per coloro che una volta ottenuto il foglio di via non aveva lasciato il territorio italiano nei termini e tempi stabiliti (reato di inottemperanza all’ordine del questore).
Leggi anche: “Cosa c’è di sbagliato nei centri per l’immigrazione”
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Leo Piacentini
Avrei bisogno di dati precisi alla data 31 dicembre 2016 sui vari tipi di centri, sigla per sigla.
E’ possibile averli da voi oppure potete indicarmi dove trovarli?
Un grazie anticipato ed un cordiale saluto.
Leo Piacentini