Cosa accadrebbe se l’Italia non riuscisse a darsi un nuovo governo in tempi brevi? E soprattutto, quale sarebbe il costo di nuove tensioni sui titoli del debito pubblico? Una simulazione per la nostra economia nel caso in cui lo spread Btp-Bund decennale salisse drasticamente nei prossimi mesi.
SCENARI PER L’ECONOMIA ITALIANA
L’economia italiana è sull’orlo di una crisi di fiducia? Cosa accadrebbe se non si arrivasse a un nuovo Governo entro pochi mesi? E soprattutto, quale sarebbe il costo potenziale di nuove tensioni sui titoli del debito pubblico dopo quelle vissute nel 2011? Di seguito si propone una simulazione dell’andamento del Pil e delle sue principali componenti, della disoccupazione, degli impieghi bancari e del costo in termini di utile netto per l’industria bancaria nel caso in cui lo spread Btp-Bund decennale salisse drasticamente nei prossimi mesi. (1)
L’economia italiana è in recessione dalla seconda metà del 2011. Secondo molti istituti di ricerca, il 2013 sarà ancora un anno di decrescita complessiva, ma in cui si registrerà la tanto attesa inversione di tendenza. (2) Tuttavia, restano molte incognite riconducibili soprattutto al risultato incerto delle elezioni di febbraio.
Figura 1. Previsioni rendimenti Btp decennale e spread Btp-Bund decennale
Figura 1. Rendimento Btp benchmark a 10 anni (media annuale delle medie mensili, fonte: Bloomberg), Spread decennale rispetto al rendimento Bund benchmark a 10 anni (media annuale delle medie mensili, fonte: Bloomberg). Le previsioni nel periodo 2013-2015 sono elaborate attraverso il modello econometrico del Credito Cooperativo (Mecc). Le linee continue rappresentano i dati storici fino al 2012 e lo scenario di previsione centrale nell’orizzonte 2013-2015, quelle tratteggiate lo scenario peggiorativo nell’orizzonte 2013-2015.
Per valutare il costo dell’incertezza politica, sono stati ipotizzati due scenari alternativi: quello centrale, ritenuto il più probabile, si basa sul raggiungimento di un accordo politico allargato per governare il paese nei prossimi dodici/diciotto mesi, per poi tornare a nuove elezioni e a una maggioranza relativamente stabile; secondo quello peggiorativo, plausibile ma poco probabile, si tornerebbe invece alle urne entro il terzo trimestre del 2013. (2) In questo secondo caso, lo scenario si basa sull’ipotesi di stress che si verifichi una crisi di fiducia nei confronti del debito pubblico italiano sui mercati finanziari. In poche settimane i rendimenti sui titoli di Stato nazionali salirebbero rapidamente, come già sperimentato nel corso del 2011 nella fase che aveva preceduto la caduta del Governo Berlusconi e l’insediamento di quello Monti: il rendimento sui Btp decennali toccherebbe un massimo di 770 punti base entro aprile per poi stabilizzarsi successivamente, anche se su livelli elevati in prospettiva storica. In media annua, il tasso sui Btp sarebbe più alto rispetto allo scenario centrale di circa 40-60 punti base nel periodo 2013-2015, mentre lo spread rispetto al Bund (anche per via dell’effetto flight to quality, ovvero di spostamento dei fondi disinvestiti sul mercato italiano sui Bund, con conseguente compressione dei tassi tedeschi) sarebbe di circa 65-90 punti base più alto in media annua nel periodo 2013-2015 (si veda la figura 1).
COSTO DELL’INCERTEZZA POLITICA PER L’ECONOMIA ITALIANA
L’aumento dei rendimenti sui titoli di Stato sulle varie scadenze indurrebbe un peggioramento della spesa per interessi stimato tra lo 0,1 e lo 0,2 per cento del Pil. La maggiore onerosità del debito comprimerebbe le già ristrette possibilità di manovra dell’esecutivo di intervenire con le altrimenti necessarie misure in favore della crescita. Contestualmente, si indurrebbe un’ondata di incertezza e sfiducia non solo per gli investitori esteri, ma anche per i consumatori e le imprese nazionali. Ne conseguirebbe una riduzione degli investimenti, un ulteriore peggioramento della disoccupazione e della domanda per consumi interni. La contrazione del prodotto interno lordo innescherebbe un circolo vizioso: riduzione delle entrate fiscali, esigenza di aumentare le imposte o ridurre ulteriormente la spesa per rimanere nei vincoli imposti dal fiscal compact: un effetto moltiplicativo avverso. L’impatto complessivo sul Pil è stato stimato in circa 0,8 punti di Pil annui nel 2013- 2014 e 0,6 punti nel 2015 (si veda la figura 2), quasi tre punti percentuali di disoccupazione in più e un debito pubblico rispetto al Pil più alto di oltre 8 punti percentuali nel 2015.
Figura 2. Previsioni Pil Italia (var % a/a)
Figura 2. Pil Italia (var. % a/a della serie prezzi costanti base=2005, fonte: Istat dal 2002 al 2012, previsioni Federcasse/Cer dal 2013 al 2015). La linea continua rappresenta i dati storici fino al 2012 e lo scenario di previsione centrale nell’orizzonte 2013-2015, quella tratteggiata lo scenario peggiorativo nell’orizzonte 2013-2015.
COSTO DELL’INCERTEZZA POLITICA PER L’INDUSTRIA BANCARIA
L’industria bancaria italiana, d’altra parte, si troverebbe a fronteggiare sia un’ulteriore riduzione della domanda di impieghi che della qualità creditizia. Le analisi della Bank Lending Survey della Bce-Banca d’Italia hanno messo in evidenza come la contrazione del credito erogato che si è registrata a partire dalla seconda metà del 2011 sia dovuta in primo luogo all’indebolimento della domanda legato al peggioramento delle condizioni economiche delle famiglie, al deteriorarsi del mercato immobiliare (anche qui prevalentemente per via di fattori di domanda), alle difficoltà delle imprese e solo in seconda battuta alla restrizione dell’offerta. (3) In particolare, l’irrigidimento dei criteri di concessione di prestiti bancari, sempre secondo la Bank Lending Survey della Bce-Banca d’Italia, ha avuto sostanzialmente due cause preponderanti: l’aumento sia del rischio percepito (dovuto al peggioramento della qualità creditizia) sia del costo di provvista (connesso all’effetto di spiazzamento esercitato dagli elevati rendimenti sui titoli Stato). La crisi di fiducia e i suoi effetti sull’economia italiana descritti nei paragrafi precedenti riproporrebbero fenomeni analoghi, con l’aumento delle partite deteriorate e le difficoltà, anche se solo temporanee, di funding. L’inevitabile minore erogazione di credito rispetto allo scenario centrale (circa il 2,5 per cento in meno nel 2013, del 3,8 per cento nel 2014 e del 4,9 per cento nel 2015) unita alla dinamica sfavorevole dei tassi e alle maggiori rettifiche su crediti imposte dalla crescita delle sofferenze bancarie, produrrebbe una contrazione della redditività. Il costo complessivo per le banche italiane in termini di minori utili nel periodo 2013-2015 sarebbe di circa 6,3 miliardi di euro (si veda la figura 3).
Figura 3. Previsioni utile netto aggregato industria bancaria (mgl €)
Figura 3. Utile netto aggregato del sistema bancario italiano (dati in migliaia di euro, fonte: Banca d’Italia dal 2002 al 2012, previsioni Federcasse dal 2013 al 2015). Le previsioni nel periodo 2013-2015 sono elaborate attraverso il modello econometrico del Credito Cooperativo (Mecc). La linee continua rappresenta i dati storici fino al 2012 e lo scenario di previsione centrale nell’orizzonte 2013-2015, quella tratteggiata lo scenario peggiorativo nell’orizzonte 2013-2015.
* Le opinioni qui espresse sono degli autori e non rispecchiano necessariamente quelle di Federcasse
(1) Le simulazioni sono basate sul modello econometrico del Credito Cooperativo (Mecc). Si veda anche “Scenari Bancari” n. 1
(2) Fmi, “World Economic outlook update”, gennaio 2013; “European Commission”, “European Economic Forecast Winter 2013”
(3) Bce-Banca d’Italia, “Bank Lending Survey”, gennaio 2013
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Francky88
Ok.. ma il dilemma principale è un’altro.. Secondo voi quanto rischia il risparmiatore italiano che ha comprato i BOT del debito pubblico, in caso che si verifichi lo scenario negativo dell’incertezza politica?
C’è il rischio di una crisi di sfiducia con conseguente rincorsa alla vendita? C’è il rischio del commissariamento da parte della Troika?
marco
IL vero costo non è certo l’incertezza – Come mai nei decenni passati cambiando due governi all’anno l’Italia cresceva ed era divantata la quinta potenza al mondo? Il costo vero si chiama Eurozona ed Euro ovvero il meccanismo assurdo che ci ha tolto la sovranità monetaria e costringe il nostro Stato non solo a non potere fare deficit e a non potere fare spesa, ma persino a dover ragalare dei soldi all’Europa (600 miliardi in 20 anni) e ai mercati. Il problema del debito deriva da questo, uno stato a moneta sovrana non ha il problema di finanziarsi, basta guardare l’esempio del Giappone per capirlo. L’Italia invece è costretta a finanziarsi sul mercato privato e a pagare interessi assurdi pagati dai cittadini con le manovre. Lo spread è un’invenzione dell’eurozona funzionale a poter ricattere gli Stati che non possono più finanziarsi con la propria moneta; nel lungo periodo l’Italia ovviamente andrà incontro alla situazione della Grecia o al fallimento a meno che non riacquisti la sua sovranità monetaria e non rigetti le politiche dell’austerity fatte apposta dall’Europa per impoverirci
marco
Scusate, studiando mi sono accordo di aver scritto un mucchio di fandonie.. Eppure i siti di Bagnai sono così convincenti.. Non so proprio cosa mi sia preso; mi hanno fatto il lavaggio del cervello. Non date retta al mio precedente messaggio. Scusate ancora.
Piero
Non ho letto i siti di Bagnai, ma non hai detto sciocchezze, forse ui numeri, ma la sintesi che hai fatto e’ giusta, siamo arrivati a 86 suicidi per motivi economici, mai ciò è successo con i precedenti governi di centro destra o centro sinistra; non penso che si debba difendere a tutti i costi l’euro anche con vite umane; in tutto il mondo da una crisi simile si esce stampando moneta ( America, Giappone, Inghilterra), non penso che questi paesi vanno a finire come l’Argentina; la Bce ergo la Germania non vuole stampare la moneta perché i paesi creditori (paesi nordici con a capo la Germania) diventano più poveri, altro che spirito europeo, abbiamo solo spirito nazionalistico, infine dei conti il loro benessere attuale e avvenuto grazie all’euro, ricordo a tutti che la Germania non ha voluto ancora sottoscrivere il fiscal compact, che noi abbiamo già sottoscritto da oltre sei mesi; quanti danni ha fatto Monti all’Italia, se ciò è’ stato voluto o ciò a parte di un complotto non lo so, ma sono sicuro che una guida politica di qualsivoglia colore non avrebbe fatto tutti gli errori di Monti.
Luigi
Ancora con questi complotti internazionali sull’Italia impoverita volutamente!! E da chi? Dal complotto assiro-babilonese? I grillini sono pregati di astenersi dall’intervenire su siti intelligenti che dicono cose interessanti, come in questo articolo. Fatevene una ragione: non é cosa per voi!
Piero
Più che il costo dell’incertezza, io direi qual è stato il costo di 14 mesi di governo Monti: 86 suicidi per motivi economici, aumento della disoccupazione, chiusura di aziende italiane ecc; la prima cosa e’ un nuovo governo politico senza Monti, l’altra cosa parlare chiaramente con la Merkel per una politica monetaria espansiva, in difetto usita dall’Euro.
Vale più la vita umana che una valuta.
Piero
Il mondo stampa la moneta la Bce no, qualcuno si pone il problema? Stiamo andando sulla strada giusta o verso un burrone?