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Così le banche preferiscono finanziare lo Stato

Le nuove operazioni di rifinanziamento lanciate dalla Bce riusciranno a garantire la ripresa del credito nei paesi dell’Eurozona? Negativo il fatto che l’incentivo non riguardi i mutui. Ma il vero problema sono i vincoli troppo deboli imposti alle banche sull’utilizzo dei fondi presi a prestito.

NO AI MUTUI

Nell’ultima riunione del board della Banca centrale europea sono state definite più nel dettaglio le caratteristiche tecniche delle Targeted Longer-Term Refinancing Operations (Tltro), ovvero di quelle operazioni di politica monetaria non convenzionale che prenderanno avvio a partire da settembre. Nella precedente riunione della Bce, quando le operazioni erano state annunciate, il presidente Mario Draghi aveva affermato che questo strumento era ispirato al funding for lending (Fls) attuato dalla Banca d’Inghilterra. In altri termini, l’obiettivo del Tltro sarebbe quello di erogare fondi alle banche europee nel medio termine con tassi di poco al di sopra dello zero (0,25 per cento per l’esattezza), a condizione però che gli istituti di credito li usino per finanziarie l’economia reale.
Un primo aspetto critico delle Tltro, già chiaro fin dall’inizio, è legato al fatto che l’incentivo non riguarda il comparto dei finanziamenti per acquisto di abitazioni, in quanto si vuole evitare il rischio dell’insorgere di bolle speculative sul mercato immobiliare, come appunto osservato nel Regno Unito. In realtà, i prezzi delle abitazioni nei paesi dell’area euro hanno assunto una dinamica fortemente differenziata. Se, infatti, in Germania e Finlandia i prezzi delle case sono aumentati di circa il 20 per cento rispetto ai valori pre-crisi, in Spagna sono diminuiti del 35 per cento e in Irlanda del 50 per cento circa. I rischi di alimentare la creazione di bolle sono quindi ben diversi da paese a paese. Da questa considerazione poteva discendere l’opportunità di adottare un Tltro asimmetrico.

DUE BENCHMARK PER UN FINANZIAMENTO

Altro aspetto ancor più critico per il raggiungimento dell’obiettivo di rimettere in moto il mercato del credito europeo riguarda i vincoli imposti alle banche sull’utilizzo dei fondi presi a prestito, che potrebbero essere pari, nella prima tornata di finanziamenti, a circa 400 miliardi di euro. Nel recente documento tecnico diffuso dalla Bce si definiscono, infatti, due diversi benchmark che serviranno da riferimento per valutare se una banca ha rispettato i criteri imposti, permettendole quindi di mantenere i finanziamenti ricevuti fino allo scadere naturale dell’operazione (quattro anni) o in caso contrario imponendole la restituzione con due anni di anticipo.

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Grafico 1 – Benchmark imposti dalle Tltro
milani 1 
Fonte: Bce.

Il primo benchmark riguarda le banche che negli ultimi dodici mesi hanno aumentato lo stock di finanziamenti erogati al settore non finanziario (grafico 1a). Per questa tipologia di istituti sarà sufficiente mantenere l’ammontare di impieghi invariato nel periodo compreso tra aprile 2014 e aprile 2016 per rispettare gli impegni e garantirsi il finanziamento agevolato fino alla scadenza del settembre 2018.
Il secondo benchmark riguarda invece le banche che nell’ultimo anno hanno diminuito gli impieghi (generalmente gli istituti di credito dei paesi periferici, tra cui l’Italia), adottando quindi una politica di deleveraging (grafico 1b). In questo caso, gli istituti potranno continuare a diminuire lo stock dei finanziamenti, in linea con il trend osservato, fino all’aprile del 2015 e poi mantenere il livello inalterato per i successivi dodici mesi.
In definitiva, da queste regole appare chiaro come le Tltro siano ben distanti dalle caratteristiche pensate per il Fls inglese. (1)
Nella migliore delle ipotesi, alla banche dell’area euro basterà non razionare ulteriormente il credito per finanziarsi a tassi prossimi allo zero. Per le banche del Sud d’Europa, piuttosto che finanziare imprese e famiglie stremate da una crisi economica profondissima, sarà sicuramente più conveniente continuare a investire in titoli di Stato, mettendo quindi in pratica indirettamente quel quantitative easing che la Bce, dati i difficili equilibri interni al suo board, è così restia ad attuare direttamente. Così facendo, però, “l’abbraccio mortale” tra governi e banche si farà sempre più stretto, minando la stabilità dei sistemi finanziari nel caso in cui le turbolenze dovessero riaffacciarsi sui mercati.

 

(1) Si veda al riguardo Barucci, Corsaro e Milani su FinRiskAlert

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13 commenti

  1. M.S.

    Sul primo punto: evidentemente la Bce ha lo sguardo più lungo di quegli economisti che continuano a non vedere il rischio sistemico delle bolle immobiliari, per lo stesso sistema bancario. Quanto al mercato immobiliare tedesco, è sufficiente confrontare il costo di una abitazione tra Berlino, Roma, Madrid, Dublino, etc. per comprendere che “bolle immobiliari” hanno caratterizzato negli anni duemila sopratutto i paesi periferici dell’Unione, ma meno la Germania. La crescita post-crisi dei prezzi delle case in Germania non sembrerebbe sostitutiva di uno sviluppo economico fondato su altri settori e altri meccanismi (favorevoli ad una espansione dell’industria tedesca). In ogni caso sembra plausibile che la Bce non voglia favorire altri abbracci mortali tra banche e settore immobiliare, che determinerebbero ulteriori aggravi nei bilanci familiari tali da deprimere ancora di più la domanda interna, o che potrebbero favorire ulteriori concentrazioni della proprietà immobiliare. Sul secondo punto solo domande: gli acquisti di titoli di stato da parte delle banche appaiono forse come attività meno “mortali” rispetto ad altri scenari? Resta il problema, notevole, dell’assenza di un bilancio pubblico europeo, e quindi di una possibile rinazionalizzazione (dopo anni di tendenza opposta) dei debiti pubblici: o sbaglio? Ma di questo sarebbe responsabile la Bce o l’arrestarsi della costruzione politica dell’Europa?

  2. rob

    L’ analisi è più articolata per quel che riguarda l’ acquisto di abitazioni. “Quand le bâtiment va, tout va” se ci atteniamo al proverbio francese “quando l’edilizia va, tutto va” può sembrare semplicisticamente che basta costruire perché tutte le cose funzionino, ma non è così! E’ vero che l’edilizia traina decina di comparti produttivi che vanno dai materiali, ai progettisti, all’arredamento, ai mobili, all’energia, a materiali innovativi, alla domotica, etc. Ma non possiamo fare paragoni con altre realtà perché la realtà italiana è diversa per motivi storici, culturali e di ambiente. La bolla speculativa si genera quando non si segue un progetto lungimirante ma quando si fa solo speculazione becera (provate a vedere gli immensi palazzi vuoti a Roma e Milano frutto di speculazione tra banche, finanziarie e costruttori, per non parlare della follia Expo). Becera speculazione sono stati anche i centri commerciali e le miriade di villette a schiera di infima qualità vendute a prezzi folli nelle campagne periferiche delle grandi città. Il nostro patrimonio abitativo e culturale non può essere assimilato a quello della Svezia o della Finalndia perché strutturalmente diverso. Il nostro patrimonio è soprattutto, sia in città che nei paesi, fatto di centri storici da recuperare e da mettere a norma con le nuove esigenze energetiche abitative e non da villaggi isolati. la nostra qualità abitativa è unica al mondo in termini di estro, funzionalità, qualità della vita (noi facciamo i tramezzi con la calce non con i pannelli di compensato). Se lo Stato impostasse un piano-progetto ventennale di recupero dell’attuale abitativo con leggi e agevolazioni sia per l’acquirente sia per le aziende, oltre che incassare tasse, darebbe lavoro ad aziende e persone e rivaluterebbe centri storici completamente degradati. Ma per fare questo ci vuole uno Stato “alla tedesca” e non una babele di 21 Signorie ognuna dedita al proprio “particulare”. Ci vuole uno Sato con funzioni di indirizzo e di programmazione, ci vuole uno Stato lungimirante che attui un progetto, lo verifichi e ne raccolga i frutti. Ma anche il più ingenuo capisce che è meglio speculare su un centro commerciale dove con 4 pannelli di c.a. c’è da spartire per tutti. Nessuno ne parla ma con l’attuale situazione di svalutazione del patrimonio immobiliare come saranno considerati i bilanci di banche, assicurazioni e finanziarie che detengono gran parte del patrimonio stesso?

    • rainbow

      Osservazione interessante! L’idea di Renzi di ristrutturare le scuole va in questa direzione,il monitoraggio è in corso,ho letto che le prime ristrutturazioni stiano per partire. Il fatto è che per fare le cose che servono per far ripartire l’economia occorre muoversi in tante direzioni (efficienza Pa, velocizzare la giustizia civile, tagliare il cuneo fiscale e i costi dell’energia, riformare il mercato del lavoro, etc). Per fare tutte queste cose ed iniziare a vedere qualche risultato occorre tempo,mesi, almeno un paio di anni. In Italia,invece,ogni giorno stanno tutti con il fucile puntato contro il presidente del consiglio di turno (oggi Renzi,ieri Letta,domani un altro) a rinfacciargli che la disoccupazione non scende, il Pil non sale,le aziende chiudono, etc. Si pretendono risultati immediati senza tener conto (o facendo finta di non saperlo) che per invertire la stagnazione e il declino decennale dell’Italia, dovuti ad almeno 15 anni di malgoverno (con Berlusconi principale responsabile perché ha governato per 9 degli utlimi 12 anni), occorre,appunto,tempo e pazienza. Neanche il governante più illuminato del mondo potrebbe risolvere, in più con l’assetto istituzionale/ burocratico italiano piuttosto inefficiente( 511 decreti attuativi non emanati, alcuni del 1998!) questi problemi in pochi mesi, invece costoro (opinionisti,commentatori,opposizioni,osservatori,economisti,giornalisti, etc) pretenderebbero risultati in poche settimane!

  3. umbeD

    Mi può spiegare una cosa? Di chi sono i 1000 miliardi di euro messi a disposizione della Bce? Mi spiego meglio, facciamo l’ipotesi che questi 1000 miliardi vengano portati dalle banche ai confini dell’universo e non siano più recuperabili. Chi deve piangere per la loro perdita?

    Grazie

    Umbe

    • Maurizio Cocucci

      Se la sua banca le prestasse 1000 euro e lei non li restituisse, chi dovrebbe piangere per la perdita? Non è molto diverso nel caso di una banca centrale che, nel caso della Bce, avrebbe eventuali ripercussioni anche sulle banche centrali nazionali che ne sono azioniste.

    • I soldi che la Bce presta alle banche italiane sono garantiti da un collaterale che la banca da alla Bce, il collaterale dato viene garantito dallo stato italiano.
      In sintesi se le banche italiane non restituiscono alla Bce i 1000 ricevuti, interverrà lo stato italiano che dovrà pagare alla Bce i 1000 euro.

      • Maurizio Cocucci

        Dipende da quali prestiti parliamo. Credo che la domanda facesse riferimento ai Tltro quindi non necessariamente é richiesta la garanzia con collaterali.

        • Piero

          Il collaterale e’ previsto anche negli attuali tltro.

          • Maurizio Cocucci

            La regolamentazione dei Tltro non è la stessa dei Ltro, comunque questo farebbe ben poca differenza perchè è come dire che c’è differenza tra un prestito garantito da ipoteca e quello senza. Non è che se la banca mi presta del denaro senza sottoscrizione ipotecaria e poi non pago le rate la banca ci mette un segno rosso nelle passività e amen. Poi, riguardo ai titoli che si prestano a collaterali, non ci sono solamente i titoli del debito pubblico garantiti dallo Stato ma vi sono anche diversi tipi di obbligazioni per i quali lo Stato non è chiamato per nulla a rispondere. Nel caso della ristrutturazione del debito greco, ad esempio, molte banche che possedevano titoli di Stato ellenici hanno subito una perdita dopo tale operazione.

  4. I mercati hanno già bocciato queste manovre, manovre troppo complicate e inefficienti nel breve. L’unica via d’uscita e il QE, oggi ancora di più, dopo che la Fedha comunicato che a settembre cesserà gli acquisti di titoli.

  5. Alla fine l’Autore centra il problema: “l’abbraccio mortale banche governo” è il problema, si risolve se qualcuno acquista i titoli che hanno in bilancio le banche, ecco perché deve essere fatto il Qe. Quello attuale non è un Qe indiretto, esso impedisce alle banche di fare il loro mestiere, prestare il denaro alle imprese e famiglie, in fin dei conti da loro raccolgono il risparmio.

  6. Giovanni Teofilatto

    Una ragione delle attività di investimenti delle monete intese come somma positiva delle attività finanziarie è quello di garantire i saldi positivi dei rendimenti reali tali da effettuare scelte di portafoglio di contenimento del rischio inflazione dei prezzi dei beni reali. In altre parole una dinamica di inflazione finanziaria è preferibile a quella dei prezzi delle merci in warranty future dei bilancio dei settori del credito finanziario.

  7. Maurizio Cocucci

    A Maggio la raccolta da clientela è stata di 1.724,5 mld di euro mentre l’ammontare dei prestiti erogati dalle banche ammontava a 1.837,4 mld., quindi il sistema bancario ha prestato poco più di 100 mld di euro di quanto raccolto. Ad Aprile la rischiosità è ulteriormente cresciuta in quanto le sofferenze lorde sono risultate pari a 166,4 mld, portando il rapporto sofferenze lorde/impieghi al 8,8%. A fronte di questi dati emergono due fattori: il primo che le banche continuano a prestare contrariamente a quanto si sente o legge in giro e, secondo, che è l’elevato indice di rischiosità che spinge le banche a preferire i titoli di Stato piuttosto che al piccolo artigiano in difficoltà finanziaria. Chi attraversa un momento favorevole e ha in programma degli investimenti non ha alcuna difficoltà ad ottenere un credito.
    Il costo dei nostri titoli del debito è tornato ad essere quello che possiamo definire ‘normale’, tant’è che la differenza con i rendimenti dei titoli inglesi e americani è minima il che non è poco considerando la differenza nel rating.
    Insomma, un Quantitative Easing da parte della Bce non avrebbe senso perché non avrebbe effetti sensibilmente positivi. È altrove che dobbiamo prestare attenzione e cioè nella politica fiscale. Riforme, riforme e ancora riforme.

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