Il governo Renzi ha deciso di finanziare lo sgravio Irpef per i redditi più bassi accogliendo solo in parte i suggerimenti provenienti dalla Spending review di Carlo Cottarelli: nella fattispecie è stata compiuta la scelta politico-elettorale di togliere tutta la parte relativa alle pensioni, e di demandare alle regioni eventuali tagli alla spesa sanitaria.
L’abilità comunicativa del presidente del consiglio Renzi è notevole, ma non riesce ancora ad allungare le coperte corte che sono tipiche dell’economia.
Accade dunque che, per il 2014, altri 400 milioni per il finanziamento dello sgravio Irpef provengano dall’anticipo all’anno in corso del pagamento dell’imposta straordinaria sulla rivalutazione dei beni di impresa.
Inizialmente la cosiddetta “legge di affrancamento” (legge 147/2013) prevedeva un pagamento dilazionabile in tre anni, a cui si affiancava la possibilità di utilizzare il maggior valore per ammortamenti a partire dal 2016, e a partire dal 2017 per diminuire eventuali plusvalenze da vendita.
Niente da fare: il governo Renzi non “cambia verso”, ma cambia le carte in tavola, andando a stravolgere la pianificazione delle imprese rispetto a un’operazione straordinaria non irrilevante, che serviva il duplice scopo di ri-patrimonializzarle e/o di accelerare –perlomeno in termini relativi- la movimentazione di beni immobili colpiti dalla patrimoniale Imu, e bloccati dal rischio di pagare imposte elevate sulle plusvalenze. Con l’affrancamento un costo di transazione importante relativo alle compravendite immobiliari poteva essere ridotto in maniera sensibile, così da contribuire allo sblocco del mercato immobiliare.
Ogni volta che il governo modifica in corso d’opera le regole fiscali (non solo quelle), gli effetti che ne sortiscono sono due, ed entrambi spiacevoli: diminuisce la fiducia in chi decide le regole, cioè lo stato, e aumenta l’incertezza del quadro economico, cosicché si posticipano le scelte imprenditoriali irreversibili, cioè gli investimenti. Nel caso in questione si tratta di un anticipo di imposta, ovvero di una copertura non strutturale per lo sgravio Irpef. Non solo: è molto improbabile che il gettito totale previsto (600 milioni se diviso in tre anni) passi indenne da questa variazione in corso d’opera.
Che cosa può fare il ministro Padoan per rimediare a questo brutto episodio? Se un completo dietrofront non è cosa fattibile, le modifiche sensate al provvedimento sono due, da realizzare congiuntamente:
– permettere l’immediato utilizzo del maggior valore dei beni di impresa (così da contribuire subito allo sblocco del mercato immobiliare)
– abbassare le aliquote dell’operazione – a oggi rispettivamente del 16 e del 12 percento per beni ammortizzabili e non- in modo da aumentare l’appetibilità della rivalutazione stessa, e accrescere in maniera intelligente il gettito.
Per sistemare la faccenda, questa volta non basterà qualche hashtag fascinoso su Twitter.
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Bruno Cipolla
I tweet a renzi glieli scrive un apposito addetto.