La vittoria della sinistra radicale alle elezioni porterà a una soluzione dei problemi della Grecia? Non è detto. Il successo di Syriza si fonda su una narrazione semplicistica della crisi. Che ora rischia di radicalizzare le posizioni di tutti, bloccando ogni possibile compromesso con la UE.
DOVE NASCE IL SUCCESSO DI SYRIZA
Il popolo greco ha parlato: la coalizione della sinistra radicale Syriza ha vinto le elezioni con il 36,3 per cento dei voti. Non esattamente un trionfo schiacciante, ma una netta vittoria contro l’avversario principale, il partito conservatore Nuova Democrazia (27,8 per cento) alla guida del Governo uscente, e un’avanzata clamorosa per un partito che fino a cinque anni fa era sotto il 5 per cento. Grazie a un sistema elettorale poco razionale, se non addirittura ingiusto, Syriza, con 149 parlamentari su 300, è arrivata a un soffio dalla maggioranza assoluta, ma il prossimo Governo può contare sull’appoggio del partito Anel – Indipendenti greci. Cosa significa tutto ciò per la Grecia e per l’Europa? L’ascesa spettacolare di Syriza al potere è incomprensibile al di fuori del contesto della crisi di debito del 2009 e del salvataggio del 2010. I cinque anni di miseria che sono seguiti, con il Pil greco ridotto del 24 per cento e la disoccupazione al 27 per cento, e in crescita, hanno reso irriconoscibile il panorama politico greco. L’abbassamento improvviso degli standard di vita è stato un brusco risveglio dall’euforia del decennio precedente, quando l’economia greca cresceva più velocemente della media UE. Inoltre, l’umiliazione di dover sottoporre le azioni del governo all’approvazione dei burocrati non eletti di Bruxelles, Francoforte o Washington DC, ha provocato un diffuso senso di impotenza e di rabbia.
Syriza ha abilmente sfruttato i malumori popolari, diventando la forza principale tra tutti i partiti anti-austerità, che comprendono non solo i comunisti e l’estrema sinistra, ma anche la destra nazionalista appoggiata ‘esternamente’ dai neonazisti di Alba Dorata.
GLI ALLEATI “IMPRESENTABILI”
Inevitabilmente, tutto ciò finisce per portare a un buon grado di contaminazione. Gli Indipendenti greci, nazionalisti “soft” e normalmente classificabili come destra reazionaria e xenofoba, sono diventati i principali alleati di Syriza. Ora, la loro lealtà alla causa sta per essere ricambiata: Secondo le prime notizie, il loro leader diventerà ministro, probabilmente della Difesa, mentre altri esponenti saranno vicemiministri (tra cui uno a fantomatici Affari religiosi). La sovrapposizione tra sinistra e nazionalisti ha raggiunto dimensioni grottesche nel caso di Rachil Makrì, ex Indipendenti greci, ora Syriza. Tra le sue varie buffonate, merita di essere citato l’attacco al vetriolo (‘Vergognati!’) al sindaco di Salonicco, Yannis Butaris, per aver indossato la stella di Davide nel giorno della Shoah, in memoria dei 50mila membri della fiorente comunità ebraica della città che persero la vita nei campi di concentramento, un gesto arrivato con 70 anni di ritardo. Un attacco che tuttavia non ha impedito ai buoni cittadini di Kozani, nella Grecia nordoccidentale, di eleggerla con più voti di qualsiasi altro candidato.
IL PROBLEMA DI UNA NARRAZIONE SEMPLICISTICA DELLA CRISI
Ha importanza tutto questo? Probabilmente sì.
La sinistra radicale ha grossolanamente reinterpretato la crisi degli ultimi cinque anni, facendola passare per una lotta di liberazione nazionale dal giogo straniero. Ha promesso agli elettori un ritorno facile e indolore ai bei vecchi tempi di prima del salvataggio. Ha delegittimato chi non condivide questa opinione come lacché di Fmi e Angela Merkel. Ha riservato gli attacchi più violenti ai commentatori progressisti che hanno osato sottolineare che forse un po’ di austerità e un bel po’ di riforme erano inevitabili per un paese con un rapporto Deficit/Pil del 15 per cento e un’economia con un disavanzo verso l’estero del 16 per cento del Pil, come la Grecia aveva nel 2009. Per Syriza tutto ciò è un’eresia: interferisce con la narrazione semplicistica (“andava tutto così bene fino a quando questi stranieri maledetti non hanno cominciato a immischiarsi nei nostri affari”) e così popolare da spianare la strada al partito verso il potere. È con questo stato d’animo che il nuovo premier e i suoi ministri incontreranno i loro colleghi europei (e tedeschi) per discutere del futuro del ‘programma greco’. In un certo senso, la Grecia potrebbe essere vicina come non mai a una soluzione del problema del debito. L’ondata di simpatia internazionale per la condizione critica del paese preme sulla Germania e sugli altri creditori perché accettino un accordo che riduca il peso del debito sull’economia greca. Le possibili linee guida dell’accordo sono state abbozzate la settimana scorsa dal celebre economista Jeffrey Sachs in un articolo sul Guardian, e dai premi Nobel Joseph Stiglitz e Chris Pissarides, insieme ad altri, in una lettera al Financial Times. L’accordo includerebbe un interesse più basso, un allungamento delle scadenze e un periodo di grazia fino a quando l’economia non si riprenderà.
In realtà, una grande maggioranza degli elettori e dei politici tedeschi rimangono contrari a qualsiasi riduzione del debito greco, all’insegna del motto pacta sunt servanda. Sono infastiditi da quello che percepiscono come un ‘ricatto greco’ e sentono che possono permettersi di scoprire le carte. Dopotutto, il salvataggio del 2010 ha dato il tempo alle banche tedesche di ridurre la loro esposizione al debito greco, ora per la maggior parte in mano a investitori istituzionali come la Bce. Ma la pressione aumenta. In fin dei conti, come hanno fatto notare in molti, compresi Sachs e Stinglitz, è stata la riduzione del debito tedesco nel 1953 a mettere le basi per il Wirtschaftswunder del paese negli anni Sessanta.
Questo è probabilmente il miglior accordo che la Grecia può aspettarsi: una riduzione del debito, più un certo spazio fiscale per aiutare la ripresa (e per finanziare il programma sociale del nuovo Governo), in cambio di nuove riforme e bilanci in pareggio, sotto una forma di supervisione internazionale meno dura. È probabile che accadrà? Non molto. Ma non è impensabile che una versione diluita di un simile accordo potrebbe essere offerta al Governo greco.
Verrebbe accettata? È una domanda meno assurda di quanto sembra. Il fatto è che i rappresentanti di Syriza andranno ai negoziati col mandato massimalista di pretendere una larga riduzione del debito e la fine dell’austerità. Poi, il partito è allergico alle riforme: ha combattuto aspramente anche contro quelle più innocue, difendendo il ‘diritto’ di certi lavoratori ad andare in pensione al di sotto dei 60 anni con una lauta pensione, il ‘diritto’ degli insegnanti a non essere valutati per la loro performance e a non essere sottoposti a misure disciplinari se non vanno a lavorare. I più sensibili tra i rappresentanti di Syriza probabilmente riconoscono che la loro posizione nei negoziati è, a dir poco, da ripensare. Ma il loro spazio di manovra è limitato: gli elettori e l’opinione pubblica non accetterebbero niente di meno. Nell’atteggiamento “macho” degli ultimi cinque anni (e oltre) la parola ‘compromesso’ è diventata un insulto. La stessa retorica che ha fatto la fortuna politica di Syriza oltre le più rosee aspettative, ora rischia di metterli con le spalle al muro.
Questa è la situazione in cui si trova la Grecia. Da una parte, una voltafaccia di Syriza sarebbe difficile da vendere ai parlamentari, ai membri del partito e all’elettorato. Dall’altra, una sua posizione ‘intransigente’ fornirebbe ai tedeschi ordo-liberali il pretesto per rifiutare in toto le richieste greche. Anche a costo dell’uscita della Grecia dall’euro.
Lavoce è di tutti: sostienila!
Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!
Paolo Pini
a me la narrazione banale e semplicistica invece appare proprio questa, e poi sinistra radicale ? certo rispetto alla socialdemocrazia liberista sara’ anche radicale, per me è solo di sinistra punto
Piero Fornoni
Quando penso alla difficolta’ di fare riforme in Europa mi sento abbatuto .
Basta pensare a “il ‘diritto’ degli insegnanti a non essere valutati per la loro performance e a non essere sottoposti a misure disciplinari se non vanno a lavorare.”
In Peru’ il governo di sinistra ha imposto l’obbligo di esame periodico per gli insegnanti e se non passano l’esame devono fare dei corsi di aggiornamento se poi non raggiungono un livello soddisfacente sono licenziati.
La sinistra europea se vuole un’ Europa prospera deve eliminare le ingiuste rendite di posizione in Grecia , in Italia etc. .
EzioP1
La grande lezione della Grecia. A parte i vari commenti sulle problematiche che la Grecia dovrà affrontare, questo voltare pagina dai partiti tradizionali ai nuovi emergenti è indice di una crescente forza politica dei cittadini. Cosa ha fatto succedere questo passo ? La risposta è facile, l’assurdo e cattivo governo, l’evasione fiscale, l’immobilismo e quant’altro. Difficile dire se questa svolta è quella giusta, ma il popolo greco l’ha voluta e la vuole provare. Il modello dell’austerità, della severità, della mancanza di equità, ecc. non ha funzionato. Il nuovo anche se si è imposto con forme di populismo è ciò che il popolo greco ha voluto reagendo al cattivo governo, alla mancanza di “vision” della UE, all’avidità della Germania e altro ancora. Ora che il ghiaccio è stato rotto il rischio è che anche altri paesi seguano l’esempio greco se la UE non sarà capace di orientarsi diversamente da ora.
Giorgio Rivero
Se Syriza fa un racconto lacunoso della crisi, altrettanto si puo’ dire di quest’articolo. “Forse un po’ di austerità e un bel po’ di riforme erano inevitabili per un paese con un rapporto Deficit/Pil del 15 per cento e un’economia con un disavanzo verso l’estero del 16 per cento del Pil, come la Grecia aveva nel 2009”. Forse si, ma questi numeri non possono certo attribuirsi a Syriza. Forse si potrebbe parlare del sistema clientelare con cui Pasok e Nuova Democrazia hanno governato la Grecia per 40 anni, gonfiando le dimensioni del suo stato e del suo debito pubblico. Forse si potrebbe capire come nel 2001, con l’appoggio di Goldman Sachs, la Grecia riusci’ a entrare nell’euro falsificando i bilanci. Forse. Peccato, pensavo che l’autore, visto che “nel 1997-2001 è stato consigliere del premier greco Costas Simitis” potesse aver qualche idea su tutti questi elementi. Forse saranno oggetto del suo prossimo articolo.
Piero
Se si votasse in tutta Europa oggi avremo due schieramenti, il primo a favore di questa politica del rigore, il secondo a favore di un’Europa dove la solidarietà deve essere espressa con i fatti e non con le parole, ricordo a tutti che i paesi nordici si tengono ben stretti i surplus della bilancia dei pagamenti ottenuti grazie al cambio fisso, oramai il popolo ha compreso questo problema.
Solo un’integrazione fiscale POTRA salvare l’Europa.
Se la Germania ci ha messo due anni per fare un’allentamento monetario, penso che l’integrazione fiscale con i “furbi” italiani o con i “bari” greci non verrà mai fatta.
Allora è preferibile annullare l’unione monetaria, che ha provicato solo miseria e lasciare gli altri accordi in vigore.
Maurizio Cocucci
E adesso? Adesso prosegua con il programma concordato e onorando gli impegni. La Grecia è stata aiutata ben oltre il necessario e ancora oggi si registra una spesa pubblica elevata a fronte di una pressione fiscale inferiore a quella di molti altri Paesi tra cui l’Italia. Il debito greco è gravato da un costo in termini di interessi inferiore di gran lunga a quello che pagano gli altri e questo proprio perchè gli aiuti provengono in gran parte da obbligazioni emesse dai fondi salvastati e da prestiti bilaterali, inclusa la ‘egoista’ Germania. Quindi ora la Grecia faccia la sua parte e ripaghi i debiti.
giordano carlo nicoletta
Adesso con queste votazioni vediamo cosa ne verrà fuori con la restituzione del debito, l’unica speranza che si possa arrivare a un ‘accordo ragionevole che non metta a repentaglio la moneta unica, ovvero che la Grecia resti nell’unione, se no si innesca una uscita che non so se converrebbe sostenerla.
Hk
Syriza ha vinto e fra le varie promesse c’è un condono fiscale. Per questo non sono state pagate le tasse a dicembre.
La Lagarde del’Imf ha in essenza detto di preferire di dare aiuto a paesi dove i bimbi muoiono piuttosto che a paesi di evasori fiscali.
Per una volta sono con lei.
Alberto Chilosi
” la riduzione del debito tedesco nel 1953″ c’ entra come i cavoli a merenda. Si trattava di un debito di guerra risalente in buona parte alle famose riparazioni imposte alla Germania col trattato di Versailles, non derivante dall’ azione corrotta e irresponsabile di governanti liberamente eletti in tempi pacifici e di ordinaria amministrazione, come nel caso greco.
Giorgio Rivero
Cioé il famoso “moral hazard” in caso di debiti di guerra non vale? Ai fini del debito meglio esser “onesti” (anche se un po’ nazisti..) e mettere a ferro e fuoco l’Europa per due volte in vent’anni che esser corrotti ma senza attaccare nessun vicino? Che poi il moral hazard dovrebbe valere anche per chi presta, già ma le banche tedeschi e francesi sono già state salvate con il pacchetto di aiuti della troika, che paghiamo anche noi..
Piero
La soluzione del debito greco potrà essere solo affrontata con titoli di lunga durata, parliamo di 50 anni, con un interesse legato al pil della Grecia, ossia deve essere una variabile del pil, così anche il rimborso del capitale che dovrà partire dal decimo anno, abbiamo in questo modo liberato il problema del debito, verrà gestito con obbligazioni europee, si partirà quindi con gli eurobond, che dovranno servire anche per finanziare gli investimenti pubblici di ogni nazione, abbiamo un capitale bel fondo Esm che permette l’emissione di eurobond per oltre 1000 mld, somma piùcche sufficiente per rilanciare il pil europeo.
Il QE farà la sua parte con le imprese private, mentre il fondo salva stati, opportunamente modificato servirà per risanare il debito greco e rilanciare gli investimenti pubblici in Europa.
Piero
Renzi ieri ha avuto una caduta di stile nel momento in cui in via anticipata ha affermato che non farà un’asse mediterraneo con la Grecia, ha perso una occasione d’oro che furbescamente la francia ha già sposato.