Lavoce.info

Gli idranti di Mario Draghi

La Bce ha annunciato un nuovo ampio pacchetto di misure per stimolare la crescita nell’Eurozona. Ma la deflazione è solo un sintomo, il problema è la combinazione viziosa di eccesso di domanda di risparmio e limite zero sui tassi di interesse. E per risolverlo non basta la sola politica monetaria.

Un incendio chiamato deflazione

Immaginate di assistere, dal vostro balcone, al divampare di un incendio nel palazzo di fronte a casa vostra. In quale situazione vi sentireste più rassicurati: quella in cui vedete un solo camion dei pompieri operare intorno al palazzo oppure quella in cui vedete accorrere una moltitudine di mezzi? Dipende tutto da quanta informazione avete sulla vera entità dell’incendio. Veder accorrere molti pompieri potrebbe suscitare pensieri opposti: sia di rassicurazione, che di preoccupazione. Da un lato, molti pompieri dovrebbero rassicurarvi sulla effettiva possibilità di spegnere l’incendio. Dall’altro, però, veder arrivare a sirene spiegate un gran numero di camion potrebbe farvi seriamente temere che l’entità dell’incendio sia molto grave.
Con la decisione di ieri, la Banca centrale europea ha fatto accorrere molti camion di pompieri nel tentativo di spegnere il presunto incendio chiamato deflazione (o, più precisamente, aspettative di inflazione troppo basse). L’effetto prevalente è stato, non a caso, una “media” quasi nulla dei due effetti descritti sopra: prima entusiasmo, con euro in discesa e borse in rialzo, poi (forse) delusione e preoccupazione.
È ovviamente fuorviante giudicare la bontà degli interventi di politica monetaria dalle reazioni immediate dei mercati. È però indubbio che l’effetto panico di continui interventi di pompieri possa essere diventato quello principale nelle aspettative incerte degli agenti economici, che non osservano il reale stato dell’economia nel suo complesso, proprio come chi si trova sul balcone non conosce la reale entità dell’incendio nel palazzo di fronte a casa.
L’argomento di Mario Draghi, però, è molto preciso e di fatto molto semplice. L’obiettivo della Bce è quello di sostenere le aspettative di inflazione. Semplificando, se persino la banca centrale mostrasse di non credere alla possibilità che l’inflazione possa essere riportata sotto controllo, non ci sarebbe alcuna speranza che questo possa effettivamente accadere.

Leggi anche:  Quella dipendenza dai dati scelta dalla Bce

I tre nuovi interventi

L’intervento di stimolo è quindi straordinariamente ampio e si compone di tre blocchi di interventi. Primo, riduzione di vari tassi di interesse (sia sui depositi presso la Bce, sia per le operazioni di finanziamento delle banche presso la Bce). Secondo, ampliamento e diversificazione degli acquisti di titoli nel programma di Quantitative easing (la Bce acquisterà più titoli di Stato ogni mese e comincerà anche a comprare titoli di debito emessi dalle imprese, seppure con un rating di credito elevato). Terzo, nuove operazioni ad hoc di finanziamento alle banche (quattro nuovi round di cosiddette Tltro – targeted long term rifinancing operation).
Mi limito qui, per ragioni di spazio, a commentare la misura che a me appare più innovativa e potenzialmente utile: la terza. La novità è che le banche potranno accedere (in quattro tornate) a operazioni di rifinanziamento dalla Bce in un ammontare pari fino al 30% del valore dei prestiti posseduti in bilancio (fino al 31 Gennaio 2016). E’ una misura molto interessante perché essenzialmente permette alle banche di utilizzare i mutui da loro già concessi all’economia reale quale “collaterale” (garanzia) per ottenere prestiti dalla Bce. Di fatto una forma, seppur elementare, di cartolarizzazione dei prestiti presenti sugli attivi delle banche. C’è, ovviamente, un altro lato della medaglia. Non è chiaro, prima di tutto, se questa “cartolarizzazione” si riferirà allo stock esistente dei prestiti nei bilanci bancari, o al flusso dei nuovi prestiti. Sembrerebbe solo lo stock, con l’ambiguità (cruciale) su quali siano i prestiti già in essere che le banche potranno cartolizzare (tutti, compresi anche quelli con merito di credito deteriorato?). La speranza è che con questo strumento la Bce abbia aperto la strada a futuri interventi di rimodulazione che vadano proprio in tale direzione, in modo da favorire uno sblocco dei crediti non performanti che pesano come un macigno sui bilanci delle banche europee, e soprattutto italiane. Secondo, se la misura si riferisce solo allo stock, non permette di dare impulso all’offerta di nuovo credito. Terzo, in una fase di crescente incertezza, e di preferenza acuta per ogni forma di risparmio precauzionale, tali misure potrebbero rivelarsi neutrali: se anche la Bce riuscisse a incentivare l’offerta di credito delle banche verso l’economia reale, quest’ultima potrebbe continuare a non domandarlo, soprattutto se l’effetto panico da “moltitudine di pompieri” finisse per essere quello prevalente. Il problema macroeconomico centrale che la Bce fronteggia, infatti, non è la deflazione in quanto tale: difficile pensare che riduzioni dei prezzi dovute alla caduta del prezzo del petrolio siano di per sé dannose. Il problema centrale è, appunto, l’eccesso di domanda di risparmio a scopo precauzionale, causata dall’incertezza. In tempi normali, l’eccesso di domanda di risparmio sarebbe “curato” da minori tassi di interesse (minori tassi scoraggiano il risparmio). Ma in una trappola della liquidità, i tassi di interesse non riescono a scendere a sufficienza in modo da equilibrare domanda e offerta di risparmio. La deflazione è quindi solo un sintomo. La malattia è la combinazione viziosa di eccesso di domanda di risparmio e limite zero sui tassi di interesse. Contro questa malattia la Bce può certamente fare qualcosa, ma non più di tanto, e non da sola. È ora che altre istituzioni di politica economica (fiscale in particolare) prendano consapevolezza della necessità di agire in modo complementare alla politica monetaria. È questa la sfida per la zona euro dei prossimi anni: anzi, dei prossimi mesi.

Leggi anche:  Come l'informazione digitale cambia il rapporto tra banche e clienti

 

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Espansiva o restrittiva? Come leggere la politica monetaria della Fed

Precedente

Meglio che le banche centrali restino indipendenti

Successivo

Accordo Ue-Turchia: un pasticcio sulla pelle dei siriani

12 commenti

  1. maurizio sbrana da lucca

    La politica monetaria senza misure ‘politiche’ non può essere in grado di vincere! La Politica dovrebbe attivare, ad esempio, una buona volta, una serie di riforme fiscali coordinate con tutti i Paesi dell’Unione,riforma atta ad una forte redistribuzione di redditi e ricchezza a favore delle classi deboli, che ormai non hanno più potere d’acquisto (da qui il perdurare della crisi particolarmente in Paesi con sistemi tributari carenti, come l’Italia). Ma pochissimi sambrano vogliano comprendere questa semplice verità… E così misure su misure, applicate da anni, non portano che a scarsi risultati…

  2. Ivo Galzigna

    Finalmente un articolo chiaro e succinto che fa capire tante cose; io personalmente credo (e ne ho fatta esperienza in Germania negli anni 1984-86) che un po’ (<1%) di deflazione non faccia male ma bene (di certo non ho rinviato l'acquisto di un bene per pagarlo, dopo un anno, l'1% in meno….). Se proprio bisogna scoraggiare l'eccesso di risparmi si può pensare ad una patrimoniale "selettiva" (l' 1% del patrimonio dell'anno precedente, se non speso, tassato al 40%) ?

  3. Paolo Mariti

    Azzeccato che la deflazione sia solo un sintomo e che la BCE lotti contro un male organico ben più profondo: eccesso di domanda di moneta di fronte a tassi di interesse nulli. Acquisito il secondo risultato, circa il primo aspetto va da sé che ”una corda non si può spingere”.Che fare allora?Le cause sono i blocchi economici,istituzionali,organizzativi,di funzionamento e comportamentali delle nostre società,che annullano le aspettative di prezzo (e non) afflosciando tutte le componenti della domanda di famiglie ed imprese,con governi ristretti da regole di spesa per altri e diversi momenti. Aspettative piatte (contrastate indirettamente) si inviluppano in un anello pernicioso che porta alla stagnazione secolare. Mi pare che l’invito sia a pensare alla deflazione come al Laocoonte che si divincola dalla stretta mortale dei mostri per salvare se stesso e le sue generazioni. I “mostri” si combattono, nel più o meno immediato, con il rilancio delle componenti di domanda interna grazie a sane politiche fiscali. Nel medio-lungo periodo con le riforme da attuare,sciogliendo con esse i tanti nodi che bloccano una società (incapacità di garantire la certezza del diritto, mancato incontro tra domanda e formazione di lavoro,ritardi di pagamento dei fornitori della PA e così via).Nel lungo, per chi sarà ancora vivo, dai progetti di spesa finanziati con obbligazioni, garantite e/o referenziate, dentro la gamma di acquisti delle BC. Progetti a tasso di rendimento maggiori di zero sono la norma quando i tassi per indebitarsi sono a zero.

  4. Piero Fornoni

    La mia opinione e’ che ECB aveva gia’ fatto abbastanza e doveva dirlo ; ora tocca alla politica con riforme strutturali .ECB non puo’ essere la foglia di fico che copre gli errori e la mancanza di coraggio dei politici europei .

    Se avete tempo potete ascoltare “In the Changing Global Supply Chain, There’s No ‘Shore’ Thing” at
    http://knowledge.wharton.upenn.edu/article/rebalancing-the-global-supply-chain/?utm_source=kw_newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=2016-03-09

    dove si dice che L’Europa sta perdendo pezzi nella “ Global Supply Chain” aggiungo pur avendo un mercato di 500 milioni di consumatori .

    Cohen: Now, Europe is a very interesting point. In both studies — and I think even more in the second study — Western Europe was the one place that we saw a decline, shifting production. In North America, there was actually stuff coming in from other places. If we add it up, all over the world, we’re gaining. Not at a great speed, but we are gaining ground or recovering…. But Europe is a net loss — except, of course, for Eastern Europe and Russia, which is perceived to be a nearshoring location, just as Mexico is to the U.S. So they’re gaining, but Western Europe is declining.

  5. Vito Tanzi

    Finalmente un commento intelligente con cui sono completamente d’accordo!

  6. Henri Schmit

    Ottimo l’articolo e interessanti i commenti. Aggiungerei (al commento di Piero Fornoni) che l’Italia sta all’Europa come questa sta al mondo sviluppato. Supponiamo che il risparmio si blocchi, dove andranno i capitali in un mercato aperto, anzi globale? Andranno dove c’è previsione di rendimento maggiore, dove c’è maggiore crescita, dove c’è certezza del diritto e stabilità di una fiscalità favorevole, competitiva, dove esistono condizioni certe e trasparenti (penso all’investimento immobiliare), assenza di costi occulti. Quindi non basta né all’Europa né tanto meno all’Italia liberare il risparmio per drenarlo verso l’investimento, bisogna inoltre convincere (capitali domestici e stranieri) che conviene investire qua. Quando il governo parla di investimenti pensa invece al fondo promesso da Juncker, che può aiutare, ma non più della politica monetaria di Draghi. Che errore! La vedo dura.

    • paolo mariti

      Del tutto d’accordo.La domanda spontanea è :cosa farà la Fed per quanto riguarda i tassi di interesse?
      Saluti, pM

  7. Massimo Matteoli

    A parte la critica Draghi di non fare quello che dovrebbero fare gli stati, si tratta di misure sicuramente utili se non indispensabili. La violenza delle reazioni tedesche, ancora più forti del solito, nasconde l’isolamento della Bundesbamk nella BCE e dimostra ancora una volta la capacità di Draghi di essere non solo un grande banchiere centrale, ma anche l’unico vero “Politico” (con la “P” maiuscola) dell’Unione.
    La domanda che sorge naturale è perchè nel Consiglio Europeo quegli stessi stati di cui le cui Banche Centrali sono determinanti per sostenere Draghi, arretrino muti di fronte a Scauble.
    Forse più che di critiche su quello che “non può fare ” Draghi o di strapotere tedesco dovremmo cominciare a parlare degli omuncoli che governano gli stati europei, a partire da Hollamde.

  8. Saoncella Giovanni

    Egr. Prof. Monacelli,
    ho letto il suo articolo “Gli idranti di Mario Draghi” e l’efficace esempio da lei riportato mi ha suggerito una domanda: se l’osservatore del palazzo di fronte sapesse che nell’edificio che sta bruciando a pochi metri da lui sono immagazzinati 50 Q.li di esplosivo sensibile al fuoco, non pensa che, a prescindere dal numero di mezzi antincendio presenti, scapperebbe a “gambe levate”? e sarebbe la reazione più logica perché dettata dalla conoscenza e dalla consapevolezza!
    Se gli economisti non renderanno comprensibili il loro linguaggio, evitando anche l’esagerato ed inopportuno uso di anglicismi, ed il loro operato, come possiamo “noi” valutarne la validità?

    La ringrazio per la cortese attenzione e porgo cordiali saluti

    Giovanni Saoncella

  9. Luigi

    Ma “eccesso di domanda di risparmio” è la versione pudica che usa chi non vuole dire “mancanza di domanda” a causa di… boh faccia lei.

  10. tiziano

    Non sono un economista, ma da cittadino/vittima di questo meccanismo ho l’impressione che i provvedimenti tecnici di Draghi, ma anche quelli proposti da Monacelli, siano pannicelli caldi su un corpo in putrefazione.
    Sono un tipico rappresentante di quella classe medio bassa che vede ridursi il potere di acquisto del proprio reddito, i figli sostanzialmente disoccupati che si arrangiano come possono. Cosa volete me ne importi del tasso di interesse se non ho soldi?
    Forse se si avessero robuste politiche di redistribuzione della ricchezza qualche cosa potrebbe ripartire, ma l’ossessione di mantenere alti livelli di profitti e una finaziarizzazione totalitaria impediscono qualunque cosa.
    Ho l’impressione che siamo davanti a scelte epocali: il profitto non può più essere l’unico motore dell’economia. L’economia deve essere al servizio della vita sociale, uno strumento di questa, non questo delirio che mi pare stia conducendo ad un lento – ma non troppo – suicidio della nostra specie.

  11. Piero

    Art.2 trattato: “La Comunità ha il compito di promuovere, mediante I’instaurazione di un mercato comune e di un’unione economica e monetaria e mediante l’attuazione delle politiche e delle azioni comuni di cui agli articoli 3 e 3A, uno sviluppo armonioso ed equilibrato delle atti- vità economiche nell’insieme della Comunità, una crescita sostenibile, non inflazionistica e che rispetti l’ambiente, un elevato grado di convergenza dei ri- sultati economici, un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, il miglioramento del tenore e della qualità della vita, la coesione economica e so-‘ ciale e la solidarietà tra gli Stati membri..”
    I paesi membri hanno rinunciato alla sovranità monetaria in cambio di solidarietà. La Bce, se vuole e se è libera può fare molto.

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén