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Chi guadagna e chi perde con la flat tax

Con la flat tax una parte significativa dello sgravio totale andrebbe al 10 per cento più ricco dei contribuenti, mentre sarebbero pochi i benefici per le famiglie con redditi medi. Rischio evasione per non superare la soglia oltre la quale si paga la sanità.

Classe media penalizzata

Abbiamo già commentato in un altro articolo la proposta di flat tax lanciata dall’Istituto Bruno Leoni. Qui discutiamo alcuni aspetti della riforma ipotizzata dall’Ibl che riguardano l’imposta sul reddito.

Base imponibile: verrebbe ampliata ad alcuni redditi soggetti a cedolare secca, come i canoni da locazione o i redditi catastali, comprese le abitazioni di residenza. L’Irpef non toccherebbe i redditi finanziari, che verrebbero comunque tutti (inclusi i titoli di stato?) tassati alla stessa aliquota del 25 per cento. L’ampliamento della base imponibile potrebbe rendere l’Irpef più semplice e comprensibile.

Aliquota media, progressività ed effetto redistributivo: l’Irpef rimane progressiva, perché l’aliquota media (Irpef/reddito complessivo) aumenta col reddito, ma la progressività si riduce, nel senso che la differenza tra le aliquote dei contribuenti con reddito medio e di quelli ricchi diminuisce. Ciò è evidenziato dalla tabella 1, costruita usando il simulatore che l’Ibl mette a disposizione per calcolare come cambia il prelievo con la riforma, tenendo conto di imposte dirette e indirette. Ad esempio, per un dipendente single del Nord, il risparmio è di 1.676 euro con reddito di 30mila euro, cioè del 5,6 per cento, mentre se il reddito è di 100mila euro il risparmio è di 12.633 euro, il 12,6 per cento. Anche in assoluto i guadagni sono in genere crescenti con il reddito.

La critica principale alla flat tax è che se l’aliquota è bassa i guadagni si concentrano sui poveri (se c’è un meccanismo di imposta negativa) e sui ricchi, mentre per la classe media poco cambia. La critica si applica anche alla proposta dell’Ibl. Una parte significativa dello sgravio totale andrà al 10 per cento più ricco dei contribuenti. Nessun dubbio che l’onere dell’Irpef sia molto pesante ma, soprattutto dopo anni molto difficili per le famiglie italiane, sarebbe ampiamente preferibile una riforma che concentrasse gli sgravi sulle classi medie o medio-basse. La tabella 1 mostra come in molti casi nuclei con redditi non particolarmente elevati guadagnino poco o perdano. Ad esempio, un dipendente single del Nord con 10mila euro di reddito perderebbe circa 400 euro, mentre con 30mila euro guadagnerebbe 1.676, per tornare poi a perdere se superasse i 35mila euro a causa dei costi sanitari. Una coppia di dipendenti del Nord con due figli e 40mila euro di reddito (equidistribuito tra i coniugi) guadagnerebbe solo 268 euro, mentre la stessa famiglia con reddito più che doppio, 80mila, ne guadagnerebbe quasi 9mila. I guadagni sono sempre inferiori per le famiglie che vivono al Sud, a causa del minor importo del minimo vitale. Sono quasi sempre molto più alti per gli autonomi, perché oggi hanno una detrazione molto più bassa rispetto ai dipendenti. Difficile non avere reazioni da parte dei contribuenti di fronte a tali variazioni.

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Trappola della sanità

L’aliquota marginale effettiva dice di quanto aumenta l’Irpef se il reddito aumenta di 1 euro. Oggi ha andamento erratico a causa di detrazioni (e dell’assegno familiare) che calano col reddito. Con la riforma diventa 25 per cento per gran parte dei contribuenti, ma vi sono due casi importanti in cui è molto più alta. Il primo riguarda i poveri. La nuova Irpef “integra al minimo vitale i redditi inferiori al minimo vitale stesso”. Ad esempio, una famiglia di quattro persone residente al Nord riceverebbe all’anno, con reddito zero, 24.560 euro, cioè circa 2mila euro al mese, non poco. L’aliquota marginale effettiva per questa famiglia è del 100 per cento fino a 24.560 euro (si veda la Tab. 10 del testo della proposta): ogni euro guadagnato in più, finché si rimane sotto la soglia, implica la perdita di 1 euro di sussidio, con rischio di trappola della povertà. Il secondo caso riguarda gli “abbienti”: chi ha reddito superiore a 5 volte il minimo vitale dovrebbe pagare da sé la sanità, per una spesa che la proposta stima in 6-7mila euro all’anno per famiglie di media dimensione (escluso l’odontoiatra). Per un contribuente singolo la soglia sarebbe di circa 35mila euro di imponibile, per una coppia senza figli 55mila. Oltre si deve pagare la sanità, una sorta di aliquota marginale effettiva tendente a infinito. Per famiglie con figli la soglia cresce molto per l’aumento del minimo vitale, quindi il problema di questa aliquota marginale effettiva molto alta sembra riguardare prevalentemente le famiglie di piccola dimensione della classe media e le famiglie benestanti con figli. Si potrebbe cercare di rimanere sotto la soglia per non doversi pagare la sanità, con l’evasione o la riduzione dell’offerta di lavoro. Se per tener conto di questo rischio la soglia di reddito venisse aumentata, la sanità rimarrebbe senza risorse. La proposta accenna a uno schema simile anche per la spesa universitaria, che colpirebbe proprio le classi medie, i cui figli in genere vanno all’università.

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L’unità impositiva: individuo o famiglia? Si prevede il passaggio dalla base imponibile individuale a quella familiare. Con aliquota unica, questa scelta perde molta della sua rilevanza, ma qualche effetto rimane: come appena visto, si potrebbe ridurre l’offerta di lavoro per non superare la soglia oltre la quale si deve pagare la sanità o l’università. È un meccanismo simile a quello delle fasce del ticket sanitario, che dipendono dal reddito familiare, ma qui si parla di migliaia o decine di migliaia di euro.

Tabella 1 – Guadagni e perdite (solo Irpef, Anf e Iva) rispetto alla situazione attuale

Fonte: www.25xtutti.it; per semplicità abbiamo assunto che la polizza sanitaria costi 5mila per una persona sola e 7mila per una coppia senza figli e si paghi oltre 5 volte il minimo vitale calcolato tenendo conto delle maggiorazioni per carichi familiari. Nel caso di coppie, il reddito è uguale per i due coniugi.

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14 commenti

  1. Savino

    La flat tax impoverirà ancora di più il ceto medio-basso, soprattutto quello dei cedolini paga.
    Chi ha delle proprietà e vive con le rendite è ora che la finisca col dichiararsi povero, perchè offende le persone che la crisi ha messo davvero in difficoltà.
    Bisogna reintrodurre con urgenza l’IMU per tutti gli immobili, recuperare le evasioni impressionanti di alcune categorie di imprenditori e professionisti, introdurre da subito prelievi una tantum per chi ha consistenti patrimoni e pensare, per il futuro, ad un’intera imposizione fiscale basata sul flusso del patrimonio anzichè sul reddito che una persona produce.

    • Mariano cirino

      Sono assolutamente d’accordo. Bisogna trovare l’unità di misura della ricchezza, che quasi mai, per il tipo di società in cui viviamo, coincide con lo stipendio, che ne rappresenta solo una parte. Se non si fa questa rivoluzione copernicana, qualsiasi riforma del fisco sarà ingiusta. Sbaglio?

      • Savino

        Corretta interpretazione. Aggiungo che a chi non vuole utilizzare il codice fiscale come contribuente deve essere negato l’utilizzo dello stesso codice come tessera sanitaria

      • Guido giannini

        Per essere statisti occorre visione completa dei problemi. Pensioni..redditi lavoro dipendente… Ricavi di p. Iva e professionisti ecc. Ecc. sono tutti redditi da assoggettare ad aliquote eguali. Ridurre tasse sui bassi redditi incide su tutte le categorie di reddito. Deve essere quella la giusta strada

    • Pasquale

      Perfettamente d’accordo. Basta con le denunce demagogiche riguardo la pressione fiscale alta. Il problema italiano é la disuguaglianza sociale crescente, favorita da un sistema fiscale regressivo, che colpisce I lavoratori dipendenti

    • Guido giannini

      Per essere statisti occorre visione completa dei problemi. Pensioni..redditi lavoro dipendente… Ricavi di p. Iva e professionisti ecc. Ecc. sono tutti redditi da assoggettare ad aliquote eguali. Ridurre tasse sui bassi redditi incide su tutte le categorie di reddito. Deve essere quella la giusta strada

  2. Alberto

    Dovremmo discutere più a fondo gli effetti dell’esenzione dall’imposta per la sanità oltre una certa soglia. Quali sarebbero le conseguenze sulla sanità pubblica se fosse tendenzialmente riservata ai meno abbienti?

  3. Paolo Forin

    Personalmente ricado nella fascia dei nuclei familiari con due figli e 100.000 euro di imponibile irpef.
    Pagando l’Università il risparmio della tabella 1, che si guarda bene dal calcolarne i costi, è già tutto speso, anzi, dovrei aggiungerne.

    Questo per dire che l’articolo e la sua tabella sembrano impostati più per avvalorare le tesi dell’autore che darne conferma tramite l’analisi dei dati.

    Sembra lo schema di una puntata di Report!

    In ogni caso la flat tax mi sta bene sempre, anche se, dai miei conti, dovessi andare in perdita.

  4. Ricc

    Fatemi capire: stiamo parlando di una proposta che eliminerebbe l’universalità dell’assistenza sanitaria e costringerebbe anche a pagare spese universitarie altissime?
    Stiamo parlando di una riforma dove chi guadagna 1.000.000 di euro verrebbe tassato di fatto al 25% perchè la progressività si annulla per le persone con redditi alti e altissimi?
    Faccio fatica a pensare ad una proposta peggiore di questa. Davvero, faccio molta fatica.
    Riformare l’IRPEF disboscando le centinaia di deduzioni e detrazioni? Senza ombra di dubbio. Ma qua si va molto oltre. Si smantella lo stato sociale e si premiano le persone a redditi alti e altissimi.
    Cordialmente
    Riccardo

  5. Claudio

    In ultima analisi mi sembra che tutte le indagini quantitative – come quella dei autori in questa sede – contrastino con il dettato costituzionale dell’art. 53 che, al secondo comma, dice verbatim che “il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.

    Mi si potrà obbiettare che già da tempo immemore nessun governo ha rispettato il principio previsto dall’art. 33 che prevede che le scuole private possono operare in Italia, sì, ma “senza oneri per lo Stato”. Oppure che da sempre alle donne lavoratrici non viene garantita una retribuzione uguale a quella ai lavoratori, come detta del 1° gennaio 1948 la Costituzione repubblicana.

    Ma non credo che due comportamenti incostituzionali – e quanti altri ancora? – giustifichino in alcun modo l’adozione di proposte come quella della flat tax che, tra l’altro, avallerebbe – rectius, istituzionalizzerebbe – l’iniquità sociale già vigente in questo Paese.

  6. Henri Schmit

    Non penso che sia corretto confondere ai fini fiscali reddito personale con patrimonio, reddito d’impresa e consumo. La progressività come giustizia sociale riguarda solo il reddito (personale). La tassazione patrimoniale (sostanzialmente immobiliare) è e deve rimanere proporzionale (o flat, come dicono i dottrinari liberisti), salvo eventuali franchigie; a più forte ragione l’IVA è proporzionale (nessuno lo contesta, perché la semplicità è un’esigenza dell’operatività) e lo stesso vale per il reddito d’impresa. L’errore della proposta IBL è la flat tax per l’irpef, una provocazione indecente proprio quando il digitale sta cambiando il mondo facendo dipendere il reddito maggiore sempre di più da algoritmi, da artifici, sempre più esclusivi. Bill Gates non ha proposto un’irpef del 75% sui redditi oltre certe soglie, ma una tassazione –
    presumo flat – dei robot. Ma siamo seri?

  7. alessandro tantussi

    se l’imposta è meno progressiva il fatto che il vantaggio sia maggiore per i redditi più alti è una ovvietà. Si tratta di un effetto voluto (a torto o a ragione, ma questa è una disputa di carattere etico che esula dal campo economico) al fine di aumentare l’efficienza. Se il sistema funzionasse (ed io non lo so) se ne avvanteggerebbe l’economia e ciò finirebbe per essere di giovamento proprio per i più “deboli”.bisogna anche temner conto del fatto che nelsistema economico globalizzato i paletti etici e l’elevata progressività non funzionano, i percettori di alti redditi tendono a trasferirli all’estero (delocalizzando sé stessi o l’impresa). Lalla fine la tassa reale finiscono per pagarla i percettori dei redditi più bassi che sono costretti a rimanere e che, a fronte del mancato introito proveniente dai percettori di reddito elevato che si sono trasferiti all’estero, dovranno contribuire in misura crescente alle spese dello Stato.

  8. Roberto

    Raffrontare guadagni o perdite rispetto al sistema attuale è fuorviante e inutile. Andiamo a vedere quanto si paga effettivamente di tasse. Grazie.

  9. Giuseppe

    La proposta della flat tax si appalesa distruttiva del tessuto sociale, avendo come effetti l’incremento della divaricazione tra ricchi e poveri. I primi avrebbero scontata l’aliquota l’IRPEF di svariati punti (punti % pesanti), mentre il residuo 90% della popolazione che detiene solo il 10% della ricchezza vedrebbe sostanzialmente invariata o addirittura peggioratta la tassazione. Chi salverà questo Stato?

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