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Cartolarizzazione: maneggiare con cautela

Il credit crunch colpisce le imprese, soprattutto quelle di minori dimensioni. E rende necessario il potenziamento di canali non bancari di finanziamento. Ma ciò deve avvenire su basi solide, per evitare i problemi del passato. Urgente disporre di adeguate regole prudenziali e di trasparenza.
SOLUZIONI CONTRO IL CREDIT CRUNCH
Il credit crunch sta colpendo duramente le imprese dell’area euro, con forti differenze tra un paese e l’altro: quelle dei paesi “periferici”, tra cui il nostro, accedono al credito bancario con difficoltà e costi nettamente più alti rispetto a quelle dei paesi “core”, in particolare quelle tedesche. Non solo: all’interno delle stesso paese, ad esempio l’Italia, le imprese piccole e medie subiscono una stretta più feroce di quelle grandi, anche per le minori possibilità di rendersi indipendenti dal canale bancario attraverso l’emissione di corporate bonds sul mercato. (1)
Di fronte a questa realtà, da più parti si richiama la necessità di sviluppare canali di finanziamento alternativi a quello bancario. Lo hanno fatto autorevoli commentatori, auspicando che le autorità, a cominciare dalla Bce, si attivino per rivitalizzare il mercato delle cartolarizzazioni di prestiti alle Pmi. (2) Lo ha fatto la Confindustria in una recente Nota del Csc , in cui si invoca l’utilizzo della garanzia pubblica (tramite il Fondo di garanzia) a supporto della cartolarizzazione di portafogli di prestiti alle Pmi (introdotta dal decreto “salva Italia”). Lo abbiamo fatto anche noi in un precedente articolo, notando le potenzialità di nuove forme di intermediari finanziari non bancari. Ma soprattutto lo ha fatto la Bce, inserendo nel suo comunicato del 2 maggio la seguente affermazione: “the Governing Council decided to start consultations with other European institutions on initiatives to promote a functioning market for asset-backed securities collateralised by loans to non-financial corporations”. Quali iniziative prenderà la Bce ancora non lo sappiamo; certo è che qualcosa bolle in pentola, presumibilmente di concerto con la Bei e la Commissione UE.
I RISCHI DA EVITARE
Tutto questo fiorire di proposte non deve farci dimenticare alcuni fatti.
Primo, la cartolarizzazione pone un serio problema di distorsione degli incentivi nel settore dell’intermediazione creditizia. La pratica di concedere un prestito per poi venderlo sul mercato (il cosiddetto originate-to-distribute model) riduce l’incentivo di una banca a valutare e controllare correttamente il merito di credito del debitore.
Secondo, la securitization ha spesso dato luogo a prodotti finanziari complessi, di difficile valutazione anche per gli addetti ai lavori. E il fatto che questi prodotti siano scambiati al di fuori di mercati organizzati aggiunge opacità al processo di formazione del loro prezzo. A loro volta, queste caratteristiche rendono le famose asset backed securities particolarmente vulnerabili a improvvise crisi di liquidità, dove gli scambi si riducono drasticamente in un breve lasso di tempo. È ciò che è avvenuto negli Usa con l’esplosione della crisi finanziaria del 2007-2008, poi esportata oltre oceano.
Terzo, la proliferazione di intermediari finanziari non bancari ha creato un “sistema bancario ombra” (shadow banking system) in cui la trasformazione delle scadenze e la leva finanziaria possono essere utilizzate – anche in misura notevole – al di fuori dei controlli e delle regole riservate alle banche commerciali. Anzi, spesso i “veicoli” non bancari sono stati creati proprio per aggirare le regole prudenziali, a cominciare da quelle sul capitale.
Quarto, la garanzia pubblica trasferisce il rischio di credito sul contribuente. Oltre al costo potenziale che comporta, è un’altra fonte di distorsione degli incentivi, in base al noto principio: socializzazione dei costi a fronte di profitti privati.
Sono fatti che vanno tenuti presenti anche nel dibattito corrente, e non vanno nascosti sotto il tappeto in nome dell’emergenza. Questo non per dire che alcune proposte, volte a favorire la crescita di canali finanziari alternativi a quello bancario, non siano meritevoli. Ma, anzi, per affermare la necessità che si sviluppino su basi solide, evitando gli errori e gli eccessi del passato. A questo fine, bisogna che le autorità e la regolamentazione svolgano il loro ruolo, introducendo e facendo rispettare adeguate regole prudenziali e di trasparenza.
Peraltro, questo è l’approccio del Financial Stability Board e dello Iosco (l’organizzazione internazionale delle autorità di borsa). In recenti documenti, queste autorità hanno riconosciuto la necessità di procedere a una armonizzazione delle regole a livello internazionale, secondo alcuni principi. (3) Ad esempio, la risk retention: l’intermediario che vende i prestiti sottostanti a una emissione di asset backed securities deve mantenere nel suo bilancio una quota (almeno il 5 per cento) dei prestiti stessi, per correggere la distorsione di incentivi di cui dicevamo più sopra. Altro esempio, la trasparenza: gli emittenti di Abs devono fornire agli investitori sufficienti informazioni per valutarne il rischio; gli investitori professionali devono essere messi in grado di effettuare per proprio conto stress test su tali prodotti finanziari, ricevendo informazioni analoghe a quelle fornite alle agenzie di rating (anche per depotenziare il ruolo di queste ultime). Infine, la selettività: alcuni attori dello shadow banking system sono più vulnerabili di altri, e quindi vanno sottoposti a vincoli specifici (ad esempio i money market funds).
Tutto bene quindi? Non esattamente, se si tiene conto dei tempi di elaborazione e di applicazione delle regole. Il lavoro del Fsb e dello Iosco ebbe inizio nel 2009, su invito del summit dei G20 di Pittsburgh. Da allora abbiamo assistito a una sequenza di documenti ufficiali di analisi e di consultazione con le parti interessate. Il Fsb promette di presentare raccomandazioni dettagliate per il settembre di quest’anno, e di sorvegliare affinché vengano applicate correttamente dai singoli paesi. Speriamo, perché l’emergenza creata dal credit crunch richiede maggiore tempestività da parte dei regulatori.
(1) Si vedano i dati riportati dalla Bce in “Financial Integration in Europe” (aprile 2013) e dalla Banca d’Italia nel “Rapporto sulla stabilità finanziaria” (aprile 2013).
(2) Si vedano Guido Tabellini e Marco Onado sul Sole-24Ore del 4 e 5 maggio rispettivamente.
(3) Si vedano: “Strengthening oversight and regulation of shadow banking”, Fsb novembre 2012; “Global developments in securitization regulation”, Oicv-Iosco novembre 2012.

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  1. nico_proto

    per quanto riguarda la valutazione del merito di credito dei debitori, in Europa sono di solito previsti dei precisi criteri di origination che devono essere rispettati dai mutui/prestiti come pre-requisito per poter essere cartolarizzati.
    per tutto il resto (garanzia pubblica su cartolarizzazioni), basta seguire l’esempio della KfW in Germania… il percorso è più semplice del previsto, la strada è già segnata: l’importante è cancellare l’etichetta di “titoli tossici” per gli abs europei, troppo demonizzati a mio avviso a causa della crisi subprime americana (mercato abs americano non comparabile).

    • Amedeo

      Nico, non mi pare che la normativa italiana (primaria e secondaria) sulle cartolarizzazioni ponga dei vincoli sul merito di credito (rating?) dei debitori (ceduti?).
      Più che altro, i titoli abs per essere eligible presso la BCE (in operazioni di pronto contro termine) devono avere un doppio rating minimo da parte di due primarie agenzie di rating.
      E per ottenere tali rating, le agenzie esigeranno che il portafoglio di crediti (da cartolarizzare) non sia deteriorato.

  2. Piero

    Nella pentola non bolle niente, mai la Bce potrà aiutare le pmi nel credito, non rientra nello statuto della Bce, stiamo assistendo ad un falso problema; la Bce se vuole aiutare le pmi nel credito deve fare tornare le banche al loro mestiere, fare credito alle imprese, ciò potrà accadere se la Bce non libera i bilanci dal debito governativo degli stati, quindi da subito politica di acquisto di titoli statali sul secondario per un importo di 500 mld annui fino a che gli spreed non vengono livellati. Ciò non accadrà mai, quindi non parliamo dei compiti della Bce.

  3. Federico

    Ciao a Tutti. I profili di carattere regolamentare sono ben noti, annosi. Ed irrisolti. Moltomolto BENE ricordarli. Non è questione di forma/principi, ma si sostanza ed underlying interests, evidentemente. La securitization dI SME loans in ABS, è OK (più efficiente che rendere negativi i deposit rates…) La pratica del “killem” and “billem” meno. I temi a mio avviso prioritari sono come normare/pubblicizzare 1) “conflitti di interesse” di varia natura e i vari azzardi morali (tutti ampiamente documentati, peraltro, ovviamente…) 2) la colossale leva finanziaria e gli incentivi distorsivi 3) il cosa (es. è Ok che un ente pubblico sottoscriva amortizing swaps con sinking fund? i CDO?ecc.) In sintesi, direi: 1) derivati (disclosure reale non solo sul pricing del rapporto Principal/agent, simulazione di scenario/impact analyses E ius variandi/unforeseen events); 2) trattamento di non-EU assets e 3) esposizione verso hedge funds e private equity funds. E’ tutto il resto del sistema (e l’arbitraggio tra sistemi) a suscitare molteplici, noti, caveat. “l’emergenza creata dal credit crunch richiede maggiore tempestività da parte dei regulatori”..ce la faranno?

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