Le donne nei Cda influenzano non solo i risultati, ma anche le scelte strategiche delle imprese. Uno studio mostra gli effetti dell’aumento nella rappresentanza di genere sulle scelte di internazionalizzazione in un campione di società europee.
La composizione di genere conta?
A vent’anni dall’adozione per la prima volta in Europa – in Norvegia – di una norma in materia, la promozione della rappresentanza di genere nei consigli di amministrazione (Cda) è oggi comune nella legislazione di molti paesi.
Volti a colmare i divari che ancora separano uomini e donne nella sfera economica, gli interventi legislativi possono avere implicazioni oltre l’uguaglianza di genere. I consigli di amministrazione coadiuvano il management nella definizione delle strategie d’impresa e assicurano coerenza nelle scelte manageriali. In breve: consigliano e controllano il management. Se la composizione demografica ha rilevanza per l’efficacia del Cda nello svolgimento di questi compiti, la maggior presenza di donne produce effetti sulla performance d’impresa.
Un ampio dibattito si è sviluppato intorno a questo tema, con un importante contributo dall’analisi economica. Quest’ultima ha messo in evidenza come le imprese interessate dai cambiamenti descritti abbiano in media performance non inferiori a quelle di imprese comparabili, ma che non hanno registrato un aumento della presenza femminile nel Cda.
La preoccupazione, da più parti espressa, che una maggiore presenza di donne avrebbe comportato un deterioramento nella qualità dell’azione dei Cda e, quindi, ridotte performance non ha trovato riscontro nell’evidenza empirica.
Minore interesse ha suscitato un ulteriore possibile effetto del cambiamento della composizione di genere nei consigli di amministrazione: le conseguenze in termini di selezione delle strategie di imprese. Sappiamo che le imprese a guida femminile sono meno inclini a ridurre la forza lavoro in periodi di crisi, a finanziarsi con debito e si muovono con cautela nel mercato delle acquisizioni. Tuttavia, non sappiamo se e come la presenza di donne nei Cda influenzi le scelte di internazionalizzazione. È sorprendente se si considera l’importanza di tali scelte per lo sviluppo del tessuto produttivo e la crescita economica.
L’internazionalizzazione delle imprese europee
Una recente ricerca, condotta con il patrocinio del Centro per gli studi europei dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, affronta questo tema e si propone di comprendere se e come la presenza di donne nei Cda abbia un effetto sulla scelta delle imprese europee di passare da domestiche a multinazionali attraverso la creazione di sussidiarie estere.
Utilizzando dati d’impresa raccolti da Bureau van Dijk, ricostruiamo le decisioni di investimento diretto estero (Ide) nel periodo 2011-2015 per un campione di 1.283 imprese quotate, appartenenti a 15 settori Nace (Nomenclatura generale delle attività economiche nelle Comunità europee) e operanti in 21 paesi europei. Per lo stesso campione, costruiamo appropriate misure di rappresentanza di genere nei Cda e studiamo econometricamente come variazioni in queste ultime siano associate a variazioni nelle decisioni di Ide.
La nostra analisi mostra come la presenza di donne nei Cda abbia due effetti sulla scelta di Ide, uno di segno positivo e l’altro di segno negativo.
Precisamente, osserviamo che al crescere della rappresentanza di genere nel Cda, migliora la performance d’impresa e aumenta la probabilità di intraprendere Ide. Come suggerito dalla letteratura economica, sono le imprese più produttive a realizzare investimenti diretti esteri. Infatti, un’alta produttività consente di sostenere i costi fissi addizionali associati all’operatività sul mercato estero. La rappresentanza di genere ha quindi un effetto di segno positivo sull’internazionalizzazione.
Tuttavia, a questo effetto di segno positivo, chiamato mediato, si affianca un altro di segno negativo per il quale, a parità di performance d’impresa, all’aumentare della rappresentanza di genere nel Cda si riduce la probabilità di fare Ide da parte dell’impresa (figura 1).
I nostri dati suggeriscono che il secondo effetto, chiamato diretto, si deve a un rigoroso controllo delle scelte manageriali da parte di Cda con più alta presenza femminile. Infatti, l’effetto diretto è più forte per le imprese con alta performance, nelle quali il management ha maggiori spazi per promuovere Ide e, così facendo, accrescere la propria visibilità professionale.
Per le imprese europee del nostro campione, l’effetto diretto prevale sull’effetto mediato, così che l’aumento nella rappresentanza di genere riduce la probabilità che l’impresa apra la sua prima sussidiaria all’estero.
I nostri dati mostrano che le donne nei Cda influenzano non solo la performance ma anche le scelte strategiche delle imprese. Il disegno di una governance più inclusiva deve tenere conto di questo e appare quindi essenziale comprendere quale sia il contributo specifico delle donne alle scelte strategiche e la direzione nella quale si muovono le imprese al variare della rappresentanza di genere.
Figura 1
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