L’alta disoccupazione giovanile in Campania è la conseguenza di politiche economiche inadeguate. Non sono servite le riforme del mercato del lavoro perché le cause del problema vanno cercate nella rigidità e inefficienza del sistema di istruzione e formazione professionale. Il nuovo apprendistato.
IL TASSO DI DISOCCUPAZIONE IN CAMPANIA
Per comprendere le cause della disoccupazione giovanile italiana bisogna partire da quello che accade nel Mezzogiorno, dove si concentra la maggior parte del fenomeno. Consideriamo qui il caso di una Regione particolarmente sensibile e importante, la Campania.
La figura 1 rappresenta il tasso di disoccupazione (Aur) della Campania e dell’Italia e li mette a confronto con il tasso di crescita del Pil reale dai primi anni Novanta a oggi. Il tasso campano segue quello del resto del paese ed entrambi seguono, come è normale, un andamento anti-ciclico, anche se non molto marcato: la disoccupazione aumenta quando il reddito nazionale si riduce e si riduce quando il reddito nazionale aumenta.
Ci sono, però, alcune importanti differenze: a) le oscillazioni sono più ampie in Campania (linee più alte), soprattutto per le donne (linea verde); b) di conseguenza, la Campania ha sperimentato una crescita drammatica del tasso di disoccupazione, dopo la svalutazione della lira dei primi anni Novanta e la seguente crisi economica, ma anche una ripresa più rapida dopo il 1995; c) la Campania ha sofferto in misura più forte anche la grande depressione ancora in corso; d) le differenze di genere sono particolarmente marcate in Campania.
Figura 1. Tasso di disoccupazione della Campania e dell’Italia (per genere; 1993-2012)
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Fonte: mia elaborazione su dati Istat
 
Conclusioni simili si raggiungono quando si guarda al mercato del lavoro giovanile. La figura 2 descrive il tasso di disoccupazione giovanile (Yur; 15-24 anni di età) in Campania e nel resto del paese per genere. In Campania si registrano valori altissimi, come in altre Regioni meridionali. Dopo essersi ridotto negli anni prima della crisi, il gap rispetto al dato nazionale si allarga di nuovo con la sua esplosione. Ci sono, inoltre, segni evidenti del fatto che il gap di genere si restringe sia in Campania che nel resto del paese, e addirittura cambia direzione a un certo punto, probabilmente a seguito della inversione del divario nei livelli di istruzione a favore delle donne. In altri termini, le donne, in specie il segmento giovanile, sperimenta un tasso di disoccupazione minore o uguale a quello maschile, grazie alla crescita del proprio livello medio di istruzione, un fattore in grado di incidere positivamente sul rischio di disoccupazione.
 Figura 2. Tasso di disoccupazione giovanile in Campania e in Italia (per genere; 1993-2012)
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Fonte: mia elaborazione su dati Istat
QUANTO CONTANO L’ETÀ E IL GENERE
Il tasso di disoccupazione giovanile misura lo svantaggio assoluto, non quello relativo. Lo svantaggio relativo potrebbe essere meno sensibile di quello assoluto al ciclo economico e potrebbe segnalare invece la presenza di fattori strutturali che influenzano i giovani più degli adulti. I fattori di lungo periodo includono il sistema di istruzione e formazione professionale, i servizi per l’impiego pubblici e privati, il grado di flessibilità nel mercato del lavoro, il tipo di contrattualistica relativa ai lavori atipici e così via.
La figura 3 rappresenta il rapporto fra il tasso di disoccupazione dei giovani e degli adulti in Campania e nel resto del paese. La figura è all’apparenza piuttosto sorprendente poiché il rapporto è in genere minore in Campania (e nel Mezzogiorno) e il divario tende a crescere nel corso del tempo. Il motivo è che in Campania il tasso di disoccupazione degli adulti è più alto e aumenta sempre di più. In altri termini, i giovani campani stanno meglio in termini relativi poiché gli adulti stanno peggio. Il peggioramento della condizione occupazionale degli adulti nel 2012 spiega anche l’apparente miglioramento della condizione relativa dei giovani, anche in una fase di ulteriore drammatica crescita del tasso di disoccupazione giovanile. Il tasso di disoccupazione giovanile è più sensibile di quello degli adulti alle oscillazioni del ciclo economico; il fatto che quello degli adulti sia cresciuto più di quello dei giovani nell’ultimo anno è segno della profondità della crisi.
 Figura 3. Rapporto fra tasso di disoccupazione dei giovani e degli adulti in Campania, Mezzogiorno e Italia (1993-2012)
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Fonte: mia elaborazione su dati Istat
LE POLITICHE PER I GIOVANI IN CAMPANIA
Nonostante l’alto tasso di disoccupazione giovanile, le politiche volte ad affrontare il problema in Campania sono ancora a uno stato embrionale. In un certo senso, la disoccupazione giovanile è una conseguenza della mancanza di adeguati interventi di politica economica.
In modo analogo a quanto accade in altri paesi del cosiddetto Latin Rim, l’Italia ha sperimentato quella che potrebbe essere chiamata la soluzione liberista. Tuttavia, dopo una serie di riforme del mercato del lavoro, il problema giovanile è ancora là. Il motivo principale va ricercato nella rigidità e inefficienza del sistema di istruzione e formazione professionale, che si caratterizzano per la bassa qualità dell’offerta. Ciò è particolarmente vero nel Mezzogiorno come mostrano ormai molti studi. La formazione professionale che la riforma costituzionale del 1995 ha devoluto alle autorità regionali è sotto-sviluppata in Campania. La quantità di denaro destinata alle politiche giovanili è assurdamente bassa e del tutto insufficiente per poter avere alcuna efficacia.
Ci sono alcune iniziative e programmi interessanti che la Regione Campania sta realizzando con l’ausilio di fondi comunitari, ma si ha l’impressione che ancora molto resti da fare. Bisogna anche ricordare che la Regione Campania ha un drammatico debito finanziario, soprattutto a causa del settore sanitario e farmaceutico.
Le agenzie pubbliche e private per l’impiego sono troppo piccole e disorganizzate. Il numero dei disoccupati per dipendente dei Centri per l’impiego è altissimo. Inoltre, il personale dei Centri per l’impiego è appesantito da un eccesso di mansioni burocratiche che deprimono ulteriormente la loro capacità di influenzare la disoccupazione frizionale.
Una novità recente in Campania, così come nel resto del paese, è la re-introduzione dell’apprendistato in base al Testo unico del 2011. A dispetto delle forti aspettative, però, finora il numero di contratti di apprendistato siglati è restato sorprendentemente basso e la ragione principale è la tendenza delle imprese a preferire l’assunzione di lavoratori poco esperti con altri tipi di contratto di inserimento, come i tirocini formativi, i contratti a tempo determinato, i contratti di lavoro interinale, che costano molto di meno non solo in termini monetari, ma anche di tempo e risorse finanziarie da destinare agli obblighi formativi.

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