Uno degli aspetti controversi dell’Imu è costituito dall’utilizzo delle valutazioni catastali per la definizione del valore della base imponibile. I dati catastali non solo sono distanti dai veri valori di mercato, ma lo sono in maniera non uniforme tra territori e tipologie abitative. Un esercizio di simulazione dell’utilizzo dei valori di mercato fatto per la Toscana evidenzia come una operazione relativamente semplice permetterebbe di accrescere l’equità del prelievo e di ridurre la pressione sulla casa di residenza.
I concetti di equità orizzontale e verticale sono due criteri chiave della costruzione dei sistemi fiscali. Il prelievo sul patrimonio immobiliare, così come previsto dall’Imu, contraddice sia il primo che il secondo.
LA VIOLAZIONE DELL’EQUITÀ ORIZZONTALE E VERTICALE
In base al principio dell’equità orizzontale, i contribuenti con la stessa capacità contributiva, rappresentata nel caso specifico dal valore di mercato dell’immobile di proprietà, devono essere assoggettati alla stessa aliquota media. Se la distanza fra valutazioni catastali e prezzi di mercato fosse uniforme, il vantaggio fiscale dei contribuenti, derivante dal fatto di essere tassati su una base imponibile sottostimata, sarebbe parimenti uniforme. Poiché la distanza è variabile sia tra le tipologie abitative che tra i territori, è come se i contribuenti venissero tassati ad aliquote più variabili di quanto consentito dalla stessa normativa di introduzione dell’Imu. (1)
Ma l’iniquità si rivela anche più grave. Poiché, come hanno rilevato analisi di livello nazionale, la distanza tra valori catastali e valori di mercato cresce al crescere di questi ultimi, l’attuale disegno dell’imposta finisce per violare anche il criterio dell’equità verticale, in quanto il peso dell’imposta sull’imponibile diminuisce all’aumentare del valore reale del patrimonio immobiliare, rendendo di fatto l’Imu un prelievo regressivo. (2)
Il deciso aumento del moltiplicatore da applicare alle rendite catastali stabilito con l’introduzione dell’Imu, infine, rende ancora più evidenti le iniquità descritte. Se a ciò si aggiunge il fatto che sempre più spesso l’accesso alle prestazioni di welfare è regolato da strumenti di prova dei mezzi che includono la valutazione del patrimonio immobiliare (finora stimato su base catastale, come nell’Isee), è evidente che il problema dell’equità di trattamento diviene molto importante.
UNA SOLUZIONE RELATIVAMENTE SEMPLICE
Un modo per tassare il patrimonio immobiliare in maniera davvero proporzionale al valore è quello di stimare la base imponibile ai valori di mercato. (3) Una strada per raggiungere l’obiettivo è quella che passa attraverso la riforma del catasto, la cui necessità è del resto invocata da molti anni. L’altra è quella che fa riferimento ai valori rilevati dall’Osservatorio sul mercato immobiliare (Omi) curato dall’Agenzia del Territorio e ad alcune informazioni ricavabili dal catasto urbano.
In un esercizio di simulazione svolto per la Toscana, si sono confrontati i valori catastali a metro quadro con i prezzi di mercato, sempre a metro quadro, distinguendo per tipologia dell’immobile e zona subcomunale (il riferimento è alle zone omogenee calcolate dall’Omi). Per passare dal valore catastale per vano a quello per metro quadro si è fatto riferimento alle unità abitative che nel catasto dispongono di entrambe le informazioni (36 per cento di quelle accatastate), mentre per attribuire i valori di mercato di fonte Omi si sono dovute scartare alcune tipologie immobiliari (abitazioni signorili, rurali, tipiche dei luoghi e castelli, pari all’1 per cento del totale accatastate) e accorparne altre (abitazioni economiche, popolari e ultrapopolari nella categoria delle economiche e ville e villini in una categoria unica).
Alla fine del procedimento, si sono ottenuti valore catastale e prezzi di mercato al metro quadro, distinti per le tre categorie di ville e villini, abitazioni civili e abitazioni economiche, in ciascuna delle 1.474 zone Omi del territorio toscano provviste di abitazioni. Per semplicità di rappresentazione, i valori così ottenuti sono stati aggregati a livello comunale con una media pesata con il numero di immobili.
Il confronto tra i due valori a livello medio comunale ha evidenziato che il prezzo di mercato è sempre superiore a quello di fonte catastale, con un rapporto che va da un minimo di 1,2 a un massimo di 5,4 e un valore medio pari a 2,8. Le zone in cui tale rapporto è maggiore sono quelle che hanno avuto una dinamica dei prezzi più vivace dagli anni Novanta a causa di una maggiore pressione della domanda per residenza primaria (le aree del decentramento urbano) o della domanda turistica (tabella 1).
(2) Dipartimento delle Finanze e Agenzia del Territorio ( 2011), Gli immobili in Italia. 2011, http://www.agenziaterritorio.it
(3) La proporzionalità del prelievo al valore resta comunque parziale, data la differenziazione dell’aliquota tra casa di residenza e altre abitazioni e detrazioni in somma fissa per prima casa e figli a carico.
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franco miscia
L’IMU ha un vizio di fondo: quantifica automaticamente la corrispondenza tra capacità contributiva della persona fisica e valore catastale dell’mmobile posseduto. Per capacità contributiva intendiamo risorse finanziarie disponibili, che potrebbero essersi esaurite con l’acquisto dell’immobile, pertanto, anche introducendo il valore di mercato piuttosto che quello catastale, il risultato non cambierebbe. Equità orizzontale significherebbe che due soggetti che posseggano lo stesso tipo di immobile (dello stesso valore catastale o di mercato), ma con reddito diverso, paghino IMU diverse. La qual cosa soddisfarrebbe anche il principio di equità verticale.