Lo ius soli è (di nuovo) alla ribalta nel dibattito politico. Diverse proposte di legge, con innovazioni simili, sono già state presentate dal l’avvio della nuova legislatura. Come si collocano all’interno del panorama europeo? Quali i possibili pericoli di scelte non condivise?
UN REGIME MISTO
Il pronunciamento del ministro Kyenge a favore dello ius soli ha scatenato innumerevoli polemiche dettate, in molti casi, da una parziale comprensione della questione in gioco.
Cerchiamo di ricostruire gli ultimi fatti. A inizio legislatura, il 21 marzo 2013, viene depositata alla Camera una proposta di legge in tema di cittadinanza firmata dalla neo-eletta e futuro ministro insieme a Bersani, Chaouki e Speranza, del PD. Negli stessi giorni diverse altre proposte vengono depositate. Le successive vicende politiche hanno poi visto la nascita del governo Letta, senza che tra le forze politiche coinvolte potesse essere discussa la questione e senza quindi alcun accordo di programma al proposito. Non sorprende quindi che saggiamente le dichiarazioni del ministro, pur ovviamente in favore del principio generale, non abbiano fatto specifico riferimento a una proposta di legge da lei presentata non in qualità di membro del governo Letta ma di parlamentare del PD.
Nonostante le proposte in campo siano numerose, per semplicità concentriamoci su quella sopra citata e su quella presentata da Scelta Civica, primi firmatari Marazziti e Santerini. I due testi hanno molti punti in comune, non solo tra di loro ma anche con i numerosi progetti che li hanno preceduti in passato, tra i quali la proposta Turco-Violante del 2001, il disegno di legge del ministro Amato del 2006, per arrivare alla proposta bi-partisan Sarubbi-Granata durante la scorsa legislatura. In tutti questi casi vengono proposte, se pur con sfumature diverse, innovazioni che introducono nella legge vigente elementi di ius soli, ovvero mirano a permettere l’acquisizione facilitata della cittadinanza italiana per chi è nato in Italia da genitori stranieri. (1)
Secondo lo ius soli il criterio per l’acquisizione della cittadinanza alla nascita è il luogo di nascita (chi nasce sul territorio nazionale di un certo paese è cittadino), mentre secondo lo ius sanguinis il criterio è la pura appartenenza genealogica (chi discende da cittadini di un certo paese è cittadino).
Le fondamentali innovazioni proposte dai due progetti sono le seguenti:
- Doppio ius soli: questo sistema, già vigente da tempo in Francia, permetterebbe l’acquisizione della cittadinanza ai figli nati in Italia da uno straniero a sua volta nato in Italia, ma solo qualora lo straniero sia legalmente residente da almeno un anno. Dato che l’Italia è un paese di immigrazione intensa ma recente, nell’immediato sarebbero pochi i bambini che potrebbero essere interessati da questa norma.
- Ius soli per i figli nati in Italia da stranieri legalmente residenti da almeno cinque anni: questo sistema è stato per esempio introdotto in Germania fin dal 2001 ma con il vincolo più stringente di otto anni di residenza legale. E’ il canale che permetterebbe l’acquisizione della cittadinanza al numero considerevole di bambini che potrebbero nascere da stranieri nel prossimo futuro.
- Ulteriori corsie di ingresso sono previste per chi, nato in Italia o immigrato in Italia da bambino, abbia frequentato un certo numero di anni di scuola in Italia. E’ prevedibile che anche queste corsie potrebbero interessare un numero rilevante di figli dello stock di recenti immigrati.
Si tratta quindi certamente non di un’applicazione dello ius soli puro e incondizionato, tale da consentire l’acquisizione della cittadinanza per caso, o peggio da incoraggiare un “turismo” organizzato a questo fine. E in nessun modo le nuove regole inciderebbero sullo ius sanguinis, ovvero sul diritto di cittadinanza dei figli degli immigrati italiani nati all’estero, che resta immutato (così come era stato sancito ai tempi in cui il fenomeno aveva dimensioni di massa).
IL CONTESTO EUROPEO
E’ importante tuttavia capire come si inserirebbe una nuova legislazione con un orientamento a un regime misto nel contesto europeo. Storicamente, mentre nel Regno Unito e in Irlanda era originariamente applicato lo ius soli, il resto dell’Europa viene tra una tradizione di ius sanguinis, per motivi legati sia alla tradizione giuridica del diritto civile che all’esperienza prevalente di emigrazione. Dagli anni Settanta, si sta assistendo però a una generale revisione delle norme, con la sempre più diffusa applicazione di regimi misti che accostano allo ius sanguinis elementi di ius soli.
Nella banca dati “The Citizenship Laws Dataset”, insieme a Chiara Strozzi ho ricostruito la legislazione di 162 paesi, non solo europei, dal 1948 al 2001. (2) Già nel 2001, in Europa per la maggioranza dei paesi l’acquisizione della cittadinanza alla nascita risulta regolata da regimi misti: dei 34 paesi rappresentati, solo uno (l’Irlanda) applica ancora lo ius soli incondizionato (abbandonato da tempo dal Regno Unito), mentre 14 applicano lo ius sanguinis e 19 hanno regimi misti. Nella maggioranza dei casi, si tratta però di regimi misti con elementi di ius soli molto tenui (come nel caso della legge italiana del 1992). Dal 2001 vengono introdotte in Europa tre riforme di rilievo. (3) Da un lato l’Irlanda, con un referendum del 2004, abbandona lo ius soli incondizionato, proprio a causa del crescente manifestarsi di un “turismo” della cittadinanza (aggravato dal fatto che il paese era ormai il solo caso di ius soli rimasto all’interno dell’Unione Europea). Dal lato opposto, Portogallo (nel 2006) e Grecia (nel 2010) ampliano marcatamente gli elementi di ius soli introducendo una combinazione di doppio ius soli e di ius soli per i residenti, molto simile alla combinazione prevista dalle due proposte di legge sopra descritte.
Riassumendo, attualmente sono pochi i paesi europei che contemplano questa combinazione: solo il Belgio aveva infatti preceduto Portogallo e Grecia in questo orientamento. Negli altri regimi misti viene applicato uno solo dei due principi: il doppio ius soli è adottato in Francia, Lussemburgo, Olanda e Spagna, mentre lo ius soli per residenti è previsto oltre che in Germania anche in Irlanda e Regno Unito. Per i restanti paesi europei, prevale ancora lo ius sanguinis.
Se le innovazioni proposte venissero approvate, l’Italia si troverebbe quindi con una legislazione tra le più avanzate. Di per sé questo non dovrebbe però fare necessariamente pensare a un’accelerazione eccessiva, in quanto una caratteristica della legislazione in materia di cittadinanza è la sua relativa inerzia, che comporta riforme rare e di conseguenza spesso non incrementali. Inoltre, in Italia il doppio ius soli avrebbe un impatto molto limitato per almeno altri venti anni.
INNOVAZIONI SOLO SE CONDIVISE
Non starò qui a ripetere i tanti buoni motivi per introdurre elementi di ius soli. (4) Una raccomandazione che però mi sentirei di fare è di introdurre innovazioni solo se largamente condivise. Il governo in carica, pur non avendo questa riforma nel suo programma, potrebbe avere la capacità di arrivare a un’intesa sufficientemente ampia da garantire che qualunque nuova norma possa sopravvivere agli sviluppi politici per anni e anni a venire. Non si può non pensare alla tragedia (nella tragedia) della Grecia: dopo la forzata promulgazione voluta dal Pasok nel 2010 e osteggiata dalla destra, a febbraio 2013 il Consiglio di Stato greco ha dichiarato la nuova legge anti-costituzionale. Anticipando questa decisione, il governo greco già da dicembre 2012 aveva di fatto bloccato la concessione della cittadinanza a chi ne avrebbe avuto diritto con i nuovi criteri e ha ora annunciato nuovi cambiamenti. Il peggiore epilogo, quando si tratta di diritti umani.
(1) La legge in vigore dal 1992 già include un elemento molto tenue di ius soli, che si limita a prevedere per gli stranieri nati in Italia una corsia preferenziale per l’acquisizione della cittadinanza, fruibile però solo al raggiungimento del diciottesimo anno di età.
(2) La banca dati è presentata in Bertocchi e Strozzi, in “Immigrazione, inclusione e cittadinanza”, lavoce.info, 2009.
(3) Si veda Eudo-citizenship (http://eudo-citizenship.eu/) per maggiori dettagli.
(4) Si veda per esempio Bertocchi e Prat, “La cittadinanza dei bambini”, lavoce.info, 2003.
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henricobourg
Non è semplicemente una questione fra ius sanguinis e ius soli. Si tratta di decidere di quali diritti (politici) godono gli uomini e le donne che vivono stabilmente in un paese. Se i diritti politici dipendono rigorosamente dalla cittadinanza, è questa ovviamente il punto cruciale, nel senso che dovrebbe essere ottenibile a condizioni e in tempi ragionevoli. Esistono però già delle brecce in questa simmetria perfetta: il diritto di voto degli stranieri alle comunali e il diritto dei cittadini UE di votare per il PE in base al criterio di residenza. Come si può ragionevolmente negare il diritto di voto (alle politiche) a un immigrato residente stabile e regolare in Italia da 5, 10 o più anni? Contrariamente agli “Italiani” nati all’estero che non hanno mai messo piede sul territorio della repubblica, non meriterebbero il diritto di voto piuttosto gli immigrati regolare e di lunga data? No taxation without representation. Il motto ci piace quando riguarda gli altri, ma lo dimentichiamo quando riguarda i nostri interessi che ci spingono all’esclusione, alla discriminazione. In alternativa al diritto di voto per gli stranieri stabili, bisogna facilitare rispetto alle regole vigenti l’accesso alla cittadinanza. Ius soli non vuol dire solo acquisire diritti attraverso il luogo di nascita (puntuale e a volte casuale), ma attraverso la residenza regolare e duratura sul territorio della repubblica. In questa seconda ipotesi bisogna pensare alla questione della doppia cittadinanza: o prevedere una regola, preferibilmente multilaterale, per obbligare a una scelta netta, o regolamentare unilateralmente accettando le cittadinanze multiple. cittadinanze multiple da un punto di vista unilaterale. Sono concezioni diverse della cittadinanza, entrambe razionali. La costituzione più democratica e più liberale di tutti i tempi, quella proposta in primavera del 1793 alla Convenzione francese, ma mai approvata, riconosceva i diritti politici (votare, eleggere, avere accesso alle cariche elettive e agli uffici pubblici) a chiunque fosse residente sul territorio da almeno 12 mesi (art. 1° del II° titolo). L’inglese Thomas Paine, nato nel 1737, cittadino della Pennsylvania dal 1775, tornato a Londra nel 1787, residente in Francia dal 1791, votava in settembre 1792 alle elezioni per la Convenzione, fu eletto come deputato del Nord-Pas-de-Calais e fu uno dei membri della commissione per redigere la nuova costituzione. Durante i 12 mesi di Terrore subì la sorte dei suoi amici liberal-democratici, fu riabilitato nel 1795 e rimase in Francia fino al 1802. Contrariamente agli immigrati regolari e lunga durata in Italia, Paine non parlava la lingua del secondo paese del quale era per ius soli diventato cittadino. I tempi sono decisamente cambiati!
MRossetti
Concordo in pieno con il commento sopra.
Gina Lucia Bohne
Innanzi tutto grazie per aver fatto un pò di chiarezza su questo argomento. Penso che sia sicuramente importante, ma ci sono priorità maggiori in questo momento sulle quali il governo si dovrebbe concentrare.
gianni ferro
Con tutto il rispetto, sarebbe il caso di riporre nel cassetto il titipo intercalare Italiano, “maggiori” o “ben altre priorità”. L’egocentrismo italiano farcito da smelenso Buonismo all’italiana, che però ci relega penultimi in europa sulle carceri, ne è un esempio lampante. Tutto è importante e tutto va affrontato, con persone e deputati competenti. Tutto va risolto, prima che la putrescenza di questo paese moribondo avvolga tutto e tutti.
Tchàcky C.
Vorrei segnalare un tentativo affine, un po’ malcapitato, da parte di Panorama: http://news.panorama.it/esteri/Lo-ius-soli-in-Europa-paese-per-paese. Il caso irlandese, che Panorama descrive come di ius sanguinis e addirittura meno radicale di quello britannico, senza un’adeguata retrospettiva storica, dimostra che c’è grandissima confusione in merito, e sarà assai difficile tentare una “educazione” sistematica dell’elettorato italiano in materia.
Piero Borla
La soluzione migliore, a mio parere, è integrare lo ius soli con un requisito di base di acquisizione della cultura italiana. Semplicemente, aggiungerei alla Legge n° 91/1992, articolo 3, il seguente comma 3 :
“3. Lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente fino al raggiungimento dell’età di 14 anni, ed abbia adempiuto all’obbligo scolastico frequentando ciascun anno di studio presso una scuola italiana, diviene cittadino italiano ad istanza di un genitore che sia residente in Italia.”
L’agevolazione introdotta (rispetto al comma 2 (che richiede la residenza ininterrotta fino alla maggiore età) consiste nella riduzione dell’età ai 14 anni, e nella non prescrizione della residenza “senza interruzioni”
Tom P.
Un articolo molto utile. Grazie. Spero che venga letto da molti perché sull’argomento si sta creando una contrapposizione ideologica alimentata dalla disinformazione.
Mi sono permesso di inserire un link nel mio articolo in cui cercavo di chiarire i principi e le conseguenze di norme ispirate unicamente all’uno o all’altro principio: http://comizio.blogspot.it/2013/05/cittadinanza-e-naturalizzazione.html
henricobourg
La legge esistente è senz’altro migliorabile, ma poi non così malvagia. L’amministrazione invece mi sembra un po’ meno all’altezza: prima di ogni tornata elettorale mi ricordo che da straniero non mi posso esprimere direttamente; quando una prima volta, circa sei anni, mi sono presentato in prefettura, mi hanno dato il numero di attesa 386; me ne sono andato e mi sono dimenticato. Ci sono tornato un anno fa, dopo aver preso appuntamento: la dottoressa molto gentile mi ha spiegato quello che serviva (dei casellari di altri paesi dove avevo residenza nel passato, per gli studi o per lavoro, documenti ricevuti su richiesta online in 48 ore!), ma che la procedura durava almeno quattro anni (cioè altre due o tre elezioni politiche senza di me)! Ho rinunciato decidendo di battermi non più per il diritto alla cittadinanza, ma per il diritto di voto agli stranieri regolari e di lunga durata. PS sono in Italia dal 1989, con un passaggio breve in Svizzera dal 1996 al 1997, poi di nuovo in Italia, sono sposato con due figlie Italiane, anzi, che hanno la doppia cittadinanza. Al Lussemburgo, mio paese di origine, un 20% della popolazione residente ha cognome italiano, gran parte con il passaporto.lussemburghese, agli altri non interessa averlo.
giuseppe nicoletti
Cara Graziella, grazie della tua nota e della tua banca dati. Vorrei fare pero’ una correzione basata sull’esperienza personale. In Francia, la legge attuale prevede l’acquisizione automatica della cittadinanza francese per chiunque sia nato in Francia da genitori stranieri e vi abbia risieduto per almeno 5 anni (anche non consecutivi) a partire dall’età di 11 anni. Ci sono ovviamente una serie di altri casi previsti. Se t’interessa posso mandarti i testi di legge.
Ciao
Cincera Gian Carlo
IUS SOLI : SI : Dopo 5 anni di residenza Con : 1 Fedina penale Vergine, 2 Lingua Italiana : parlata e scritta Al livello liceale E Sancita da un Diploma, 3 Conoscenza amministrativa del codice civile e penale : Certificata dal Comune di residenza, 4 Rilascio di pieno diritto della Cittadinanza Italiana: per un periodo transitorio di 5 anni, 5 Certificato di Cittadinanza Definitivo : previo giuramento sulla Costituzione: in presenza del Sindaco e della giunta comunale del Comune di residenza Non ad altre forme pseudo-giustificative Che potrebbero trasformare l’Italia in un asilo nido: Senza Frontiere
Arnaldo Mauri
E’ sbagliata la contrapposizione netta che si fa in Italia fra ius soli e ius sanguinis. Entrambe queste posizioni applicate alla lettera sarebbero una follia nella situazione odierna. Dai Balcani arriverebbero in massa in Italia per partorire bimbi con cittadinanza italiana, come ha sottolineato il Presidende Grasso. Di contro il figlio di una coppia di italiani temporaneamente all’estero per motivi di lavoro non potrebbe ottenere la cittadinanza italiana. Si deve pensare a una combinazione ottimale fra questi due principi. Anche il regime attuale in Italia è una combinazione, che privilegia lo ius sanguinis. Basterebbe quindi un adattamento alla situazione odierna. Ritengo inoltre necessario che nella prima fase la concessione della cittadinanza italiana sia provvisoria e debba essere confermata al raggiungimento della maggior età. Non dovrebbe essere confermata nel caso il figlio di immigrati ritornasse definitivamente nel paese d’origine dei genitori oppure rivelasse attrazione per attività criminale o terroristica.
Nicolò Cerulli
@facebook-100002378792877:disqus attività criminale o terroristica? Sai a quanti italiani figli di italiani andrebbe tolta la cittadinanza allora? finiamola con le solite dicerie!
Arnaldo Mauri
I figli di italiani nati in italia possono avere solo cittadinanza italiana (e quale altra potrebbero avere?). I figli di stranieri nati in Italia hanno la cittadinanza del paese dei genitori alla quale potrebbe aggiungersi quella provvisoria italiana, revocabile in caso di ritorno definitivo al paese dei genitori o di comportamenti criminali.
Decebalo
Cosa ne faremmo allora dei criminali cittadini italiani figli di cittadini italiani? Nessun problema invece per i criminali nati in italia da genitori di origine straniera. Dovrebbero essere espulsi e inviati nei paesi d’origine dei genitori.
Giuseppe_Prezzolini
Ius sanguinis e Ius Soli non sono “leggi”, ma bensi’ principi del diritto. L’uno attiene al diritto naturale, mentre l’altro e’ una concessione del “sovrano”.
Ius Sanguinis e Ius Soli sono due principi antitetici, totalmente contrapposti l’uno dall’altro: o si applica l’uno o si applica l’altro. La mescolanza dei due principi (Ius Soli “temperato” o simili cretinate giornalistiche) e’ un complete nonsense.
Se in Italia si introduce il principio giuridico dello Ius Soli, il figlio di cittadini italiani nato in Italia acquista la cittadinanza per Ius Soli, ossia per il fatto di essere nato dentro i confini del territorio nazionale, e non in quanto discendente di cittadini (Ius Sanguinis).
Infatti, se lo Ius Soli e’ un principio, lo deve essere ergo omnes (e non solo per coloro che nascono in Italia da genitori stranieri). Pertanto, introducendo il principio generale dello Ius Soli, anche i figli di cittadini italiani acquistano la cittadinanza in quanto nati in territorio italiano (per Ius Soli).
Ne consegue, per converso, che se nell’ordinamento giuridico si introduce lo Ius Soli come principio per l’acquisizione della cittadinanza, il figlio di genitori italiani nato all’estero acquista la cittadinanza NON per via “Sanguinis” ma per via residuale, come eccezione. Per concessione benevola del Parlamento. Una roba abbominevole !! (Con due B, perche’ Manzoni raddoppiava le B e allora lo faccio anch’io).
Tutto il resto sono chiacchere da bar