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Camera con vista sull’evasione fiscale per studenti fuori sede

Gli studenti fuori sede hanno diritto a una agevolazione fiscale sull’affitto regolarmente pagato. Ma il confronto tra il numero di contribuenti che ha usufruito della detrazione e quello di chi frequenta l’università in una città diversa dal luogo di residenza rivela una forte evasione fiscale.

DETRAZIONE PER STUDENTI FUORI SEDE

Per gli studenti universitari fuori sede sono previste alcune agevolazioni fiscali sugli affitti, che tuttavia non sembrano sufficienti a creare un contrasto di interesse con i proprietari tanto forte da limitare l’evasione fiscale in questo mercato.
Gli studenti universitari, o i loro genitori, possono portare in detrazione dalle imposte il 19 per cento di una spesa massima di 2.633 euro all’anno sostenuta per i contratti di locazione, di ospitalità e per le assegnazioni di alloggi e posti letto da parte enti per il diritto allo studio, università, collegi universitari onlus e cooperative. La detrazione – massimo 506 euro – non dà luogo a un rimborso, se l’importo non trova capienza nell’imposta lorda del contribuente. Il limite di spesa è riferito a ogni contribuente: i genitori che hanno a carico due figli studenti fuori sede, con distinti contratti di locazione, possono beneficiare entrambi della detrazione sull’importo massimo. La detrazione si applica solo se l’università è ubicata in un comune diverso da quello di residenza dello studente, distante da quest’ultimo almeno cento chilometri e localizzata in un’altra provincia rispetto a quella di residenza; l’alloggio affittato deve essere ubicato nel comune in cui ha sede l’università o in quelli limitrofi.

UN’AGEVOLAZIONE POCO SFRUTTATA

Una prima stima della dimensione dell’evasione fiscale nel mercato della locazione per gli studenti universitari fuori sede si può ottenere incrociando i dati relativi al numero dei contribuenti che hanno usufruito dell’agevolazione fiscale nell’anno fiscale 2011 (si ipotizza che il numero di contribuenti coincida con quello dei contratti di locazione) con quelli del numero di studenti fuori sede iscritti negli atenei italiani nell’anno accademico 2011/2012. (1)
I risultati delle elaborazioni sono riportati nella tabella 1. Nel complesso, gli studenti fuori sede sono 851mila, poco meno della metà del totale degli iscritti: 370mila frequentano un’università fuori dai confini della Regione di residenza, mentre 480mila circa studiano in un ateneo che si trova in una provincia diversa da quella del comune in cui risiedono.
Se togliamo gli studenti che non soddisfano la condizione della distanza minima di almeno cento chilometri tra il comune di residenza e l’università, i fuori sede che potrebbero beneficiare della detrazione del 19 per cento diventano circa 432mila, dei quali 328mila si spostano da una Regione a un’altra, mentre 105mila si muovono da una provincia all’altra all’interno di una stessa Regione.
Le nostre elaborazioni considerano le distanze (fonte Touring Club) tra i capoluoghi di provincia di residenza degli studenti e quelle sede degli atenei e dunque i risultati possono comprendere anche studenti che risiedendo in paesi che distano meno di cento chilometri dagli atenei frequentati. Tuttavia, anche al netto di questa e di altre tipologie di studenti  che non hanno diritto all’agevolazione fiscale – perché trovano ospitalità gratuita presso parenti e amici, per esempio –, è decisamente improbabile che il numero dei casi ai quali può essere applicata la detrazione si abbassi fino al numero dei contribuenti che effettivamente ha beneficiato dello sconto fiscale previsto: 182mila, cioè almeno due volte in meno della massa potenziale. (2)
Il valore medio nazionale dell’indicatore di utilizzazione della detrazione fiscale è 0,42: ogni dieci potenziali beneficiari, ne hanno usufruito poco più di quattro. Escludendo le Regioni a statuto speciale, che hanno specifiche politiche anche per gli studenti universitari, il livello dell’indicatore oscilla dallo 0,59 degli studenti marchigiani e abruzzesi fuori sede allo 0,32 di quelli residenti in Campania. È possibile che i livelli molto bassi che si riscontrano tra gli studenti residenti in alcune Regioni siano dovuti a un deficit di informazione sull’esistenza dell’agevolazione. Difficile, per il resto, individuare le motivazioni che possano spiegare le differenze. E difficile quindi enucleare quelle sulle quali agire per indurre le famiglie degli studenti a ottenere dai proprietari la sottoscrizione dei contratti di locazione.

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L’EVASIONE PARZIALE

Le elaborazioni svolte sui dati Irpef mettono in luce non solo una massiccia evasione totale (il contratto di affitto manca o non è registrato o infine pur essendo registrato, non vengono dichiarati i relativi canoni), ma anche una forte evasione parziale, con contratti registrati per valori inferiori ai canoni pagati.
I 182mila contribuenti che si sono avvalsi della detrazione hanno portato in detrazione una somma complessiva di poco inferiore ai 290milioni di euro. Ogni studente pagherebbe, pertanto, un affitto medio annuo di 1.580 euro, un importo dal quale si discostano di poco le cifre medie portate in detrazione dai contribuenti della quasi totalità delle Regioni. La cifra è inferiore ai 2.633 euro massimi sui quali è possibile applicare la detrazione ed è anche più bassa degli affitti effettivamente pagati. L’importo medio dichiarato dai proprietari degli alloggi corrisponde a un canone mensile di 130 euro per undici mesi. Basta consultare pochi siti internet per capire che si tratta di una spesa per l’affitto alquanto al di sotto di quella pagata per un posto letto in camera doppia in una residenza universitaria delle aziende allo studio degli atenei, che pure praticano canoni più bassi di quelli richiesti dai privati.
È anche vero che una delle motivazioni dello scarto tra il valore massimo dell’affitto detraibile e di quello effettivo portato in detrazione potrebbe essere la ripartizione dell’importo tra i genitori dello studente: in questo caso, per ogni contratto di locazione i contribuenti beneficiari della detrazione sarebbero due. Ma se così fosse, aumenterebbe il numero di contratti di locazione per i quali l’evasione è totale, perché aumenterebbe la differenza tra il numero dei contratti potenzialmente registrabili e il numero di quelli effettivamente registrati.

IL RETTORE E L’EVASIONE

I risultati delle nostre elaborazioni mettono in evidenza che il solo contrasto di interesse non è uno strumento sufficientemente forte per combattere l’evasione fiscale sui canoni di locazione pagati dagli studenti universitari fuori sede. Le Regioni nelle quali il fenomeno è, verosimilmente, più diffuso sono quelle a più forte presenza di studenti fuori sede. Dunque, un’azione di recupero del gettito evaso dovrebbe concentrarsi principalmente in quelle aree. Ma, per essere efficace, richiede un grande impiego di risorse.
Esiste, però, una via “a costo zero“, quasi burocratica, per contrastare l’evasione totale diffusa in questo mercato. Quando si può ragionevolmente ritenere che uno studente non possa frequentare da pendolare l’università alla quale è iscritto a causa della distanza chilometrica dal comune dove risiede o dei tempi di percorrenza necessari per coprirla, la fruizione di qualsiasi servizio offerto dall’ateneo potrebbe essere subordinata alla presentazione di un contratto di locazione registrato relativo all’alloggio in cui abita da studente. È una condizione che viene già imposta in qualche ateneo (università del Molise, per esempio). Per diffonderla non occorre attendere l’emanazione di una direttiva ministeriale o di qualche altra norma: le autorità di ogni ateneo possono decidere autonomamente.

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Tabella 1 – Studenti universitari fuori corso per sede di residenza e sede del corso
Cattura

Tabella 1bis – Contribuenti che hanno usufruito della detrazione sui canoni d’affitto per gli studenti fuori sede
Cattura

 

(1) I dati sulle dichiarazioni Irpef per l’anno fiscale 2011 (riportati nei 730 del 2012) sono disponibili sul sito del dipartimento delle Finanza del Mef. I numeri sugli studenti fuori sede sono ricavati dai dati Miur.
(2) L’area dell’evasione è più ampia di quella che risulta da questi numeri, essendo, verosimilmente, diffusa anche tra i proprietari degli alloggi che ospitano gli studenti fuori sede che non possono usufruire della detrazione fiscale.

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19 commenti

  1. Enrico

    Ottimo articolo. Essendo stato io stesso studente fuori sede, sono particolarmente sensibile alla questione. Relativamente alla proposta: il database dovrebbe essere messo a disposizione della GdF come input per controlli campione, altrimenti resterebbe un ennesimo database non consultato da nessuno (e gli italiani queste cose le fiutano e non si farebbero scrupolo a dare riferimenti fasulli o inesistenti). Avrei un ulteriore proposta: dato che gli studenti sono sostanzialmente soli nel reperire e negoziare un affitto (sono la parte debole, che ha un bisogno ed è disposto a fare sacrifici insieme alla famiglia per accedere ad un percorso che possa dargli prospettive), sarebbe auspicabile che avessero strumenti più forti per rivalersi su chi ne ha approfittato, ad esempio se si dimostra che l’affitto era in nero, il proprietario oltre alla restituzione dell’intero importo, dovrà risarcire lo studente in questione al pari dell’intero ammontare delle tasse universitarie pagate. Davanti al rischio che uno studente affitti in nero e a fine percorso lo denunci facendogli perdere il maltolto più le tasse universitarie sarebbero i proprietari stessi a tutelarsi registrando il contratto.

  2. AM

    Quanto all’evasione parziale non sono completamente d’accordo con l’Autore perché in alcuni casi i proprietari conoscono gli studenti e sono sicuri di non correre rischi (droga, alcol, cattive frequentazioni, rumori molesti, scarsa igiene, animali, mancato pagamento del canone), possono quindi accordare con piena convenienza anche sensibili sconti (i rischi entrano in gioco nella formazione dei prezzi). Secondariamente il canone richiesto è al lordo di spese condominiali, elettricità, acqua calda, riscaldamento, tassa rifiuti, in alcuni casi telefono. Non è giusto che sia tassato il reddito lordo anche se allo spregiudicato Fisco italiano farebbe molto comodo tassarlo.

    • mariannabonina

      Non è sempre così, perché non tutti/e gli/le studenti/esse hanno cattive abitudini, eppure i/le proprietari/ie sono sicuri/e di non correre rischi se non registrano il contratto. Poi ci sarebbe la questione della privacy delle persone che prendono in affitto che non viene rispettata: chi frequentano, le loro abitudini personali o relazionali sono privati.

      • AM

        Forse non sono stato chiaro. Mi riferivo a contratti registrati per importi inferiori a quelli comunemente richiesti da chi affitta camere (casi citati dall’Autore) e non certo agli affitti in nero

        • mariannabonina

          Che il contratto sia registrato o no, la privacy degli inquilini, studenti o no ,è sacra.

  3. Paolo Manzini

    Molti punti sono ovviamente condivisibili; non va però trascurato il fatto che esistono famiglie di studenti che preferiscono evitare di esporsi a possibilità di controlli, rinunciando a richiedere benefici a cui su base statistica avrebbero diritto. Ricordo come pochi anni fa una breve campagna di stampa locale sui successi della GdF nell’effettuare controlli sulle richieste di benefici vari per i quali era richiesta la denuncia di tutti i redditi della famiglia dello studente richiedente ha portato ad una brusca diminuzione delle domande presentate nell’anno seguente, come se una percentuale abnorme delle famiglie degli studenti del mio Ateneo (Padova) fosse così ricca da non rientrare nei limiti economici per ottenere delle agevolazioni (borse di studio, case dello studente, tariffe della mensa e così via).

  4. Michele

    Esperienza personale: ho tenuto la contabilità per due anni (2005-2006) per 4 famiglie di amici con 4 figlie universitarie fuorisede a Bologna (1 era la mia famiglia).
    1) due contratti stipulati davanti ad un avvocato, uno da registrare+una scrittura privata capestro con firma di un genitore (anche se non valida): uno dei contratti è stato registrato esattamente per la metà dell’importo realmente versato pari a 725 euro oltre alle spese di condominio.
    2) le condizioni dell’appartamento arredato erano da anni ’50, impianti precari, mobili sgangherati.
    3) accade come per gli stranieri: gli studenti e gli stranieri accettano condizioni dell’alloggio pessime, gli stranieri perché vengono da situazioni peggiori, gli studenti perché è per un periodo breve della propria vita. Questo è uno dei motivi per cui le presenze di stranieri e studenti si concentrano nei centri storici, con fabbricati di solito più degradati.
    4) questo fenomeno assicura un’alta redditività ai proprietari di fabbricati

  5. Angelo

    Vorrei precisare due cose (riscontrate per esperienza diretta) per cui l’Agenzia delle entrate fa finta di incentivare i contribuenti onesti e quindi ottiene pochi risultati contro l’evasione. I due fatti sono:
    1) la spesa massima di 2633 euro è riferita alla voce-rigo presente nel modello Unico e per figlio ovvero uno solo dei genitori la può detrarre (se in due si divide a metà) e nel caso di due figli le cose non cambiano cioè non si somma.
    2) si può detrarre solo il costo dichiarato come affitto e non le spese che i locatari dichiarano furbescamente come “forniture”, cioè acqua calda, spese di condominio, ascensori (anche se non ci sono) e quant’altro.

  6. Davide

    Ottimo articolo comprensibile anche a chi, come me, ha un livello culturale inferiore a quello dei redattori de lavoce; a mio parere anche i 100 km sarebbero da rivedere, ossia considerare che anche con 80 km di distanza di casa lo studente a volte non può permettersi i tempi di percorrenza ferroviari italiani e sceglie di andare in affitto pur abitando non proprio lontanissimo. Una correzione da fare a costo zero che in qualche misura un po’ inciderebbe.

    • mariannabonina

      Però le regioni a volte offrono la copertura delle spese dei trasporti per le persone che frequentano l’università.

  7. bumblebee

    La premessa che dovrebbe valere in paese civile è che i padroni di casa (mi riferisco ai piccoli proprietari, non a possibili società con decine/centinaia di immobili) che mettono a disposizione per l’affitto un alloggio, specialmente a studenti, non sono ladri e profittatori, ma svolgono un servizio, anche di interesse pubblico, che l’Amministrazione pubblica dovrebbe riconoscere e incoraggiare, non diversamente da quanto avviene, per esempio, per i taxi.
    I piccoli proprietari (quelli che offrono sul mercato un numero limitato di unità immobiliari) che affittano a studenti (con tutti i rischi di questo particolare tipo di inquilini) dovrebbero essere tassati in modo “leggero” (per esempio con un’imposta sul reddito netto non lordo, come avviene oggi, in molti casi, e non progressivo) non dissimile per entità a quella che lo stato pretende sul reddito dei titoli pubblici. Per rendere il tutto trasparente, basterebbe che presso ogni Università fosse obbligatoria la registrazione (preferibilmente, o solo on-line) degli immobili da offrire, con chiare condizioni e chiara tassazione (da eseguirsi con le minime formalità). Anche l’offerta dovrebbe essere pubblicata on-line. L’Università dovrebbe fare ispezioni per verificare le condizioni degli alloggi e se effettivamente gli stessi siano affittati a studenti, etc. Tutto il resto (Guardia Finanza, sanzioni, controlli, vessazioni burocratiche, sanzioni di ritorno per i proprietari) è demagogia pura che non può dare origine che a una riduzione dell’offerta di alloggi (contro l’interesse della società) e a un’estensione del “nero”, che finora regna sovrano, e per buoni motivi. Mercato trasparente, condizioni chiare, tassazione ragionevole: questo sarebbe degno di un paese civile, che vuole favorire l’offerta di un servizio pubblico, anche se il capitale appartiene ai privati. L’alternativa sarebbe quella di offrire alloggi pubblici destinati agli studenti, ma l’Amministrazione Pubblica italiana non è mai riuscita, ovunque in Italia, a gestire le case popolari; figuriamoci gli alloggi per studenti!

    • mariannabonina

      Veramente ci sono i contratti per studenti in certe città e le detrazioni per le/i proprietarie/i sono alte.

      • Bumbebee

        Dal tenore di qualche risposta traspare l’animosità derivante di qualche negativa esperienza personale, di chi ha sofferto per l’esosità di alcuni “padroncini” di casa, e ora vorrebbe fargliela pagare, anche tramite l’esosità del fisco e il tormento della burocrazia. Ma in tal modo non si aumenta l’offerta. Fino a che il “padrone” che affitta un alloggio agli studenti sarà visto (anche dalla legge) come il tenutario di un bordello, vi saranno poche persone ad offrire tali alloggi in affitto e non delle migliori; se invece questa disponibilità fosse vista con favore, il numero degli alloggi offerti aumenterebbe e il livello dell’affitto scenderebbe. Proviamo a trattare il padrone come un tassista.

    • Enrico

      Senza voler essere polemico: ma perché invocare la GdF è sempre demagogia in Italia? Se avere un alloggio da affittare è così sconveniente, si può sempre evitarne l’acquisto o venderlo. Concordo che l’affitto sia socialmente utile, ma solo se regolare, altrimenti è solo un modo per guadagnare senza pagare le tasse (dicesi evasione).

  8. marno

    Mi permetto di segnalare un problema che sta a monte (lo dico da consulente legale dei locatori per ragioni familiari): la disciplina dei contratti di locazione in italia è stupida e dirigista (le due cose vanno di pari passo). Infatti essa ignora la realtà cioè che gli inquilini di una casa di studenti possono mutare in continuazione e non è possibile per un piccolo proprietario – se non con una consulenza costosa e specifica – scrivere una clausola di rotatività della locazione che disciplini il godimento parziale o totale dell’immobile ovvero cointestare il rapporto di locazione poi eventualmente da cedere pro quota oltre che “registrare” tutto ciò. Chi scrive non ha idea del perverso sistema giuridico italiano per cui mettersi in regolare e al contempo al riparo da abusi è impossibile. Sarebbe meglio prevedere, invece che un 4+4 obbligatorio (e o ci metti 4 anni o 8) lasciare liberi di fare contratti brevi e rinnovabili automaticamente di anno in anno per ogni occupante. Ma il sistema dirigistico del secondo comma art. 3 D.M. 5/3/1999 e della Legge 9 dicembre 1998, n. 431 non consente alcuna flessibilità e vorrebbe determinare imperativamente, oltre alla durata (ma saranno affari delle parti, no?!) anche il canone in misura ridicola oltre che complicatissima. Io l’ho fatto poi ho gettato la spugna.

  9. mariannabonina

    Gli studenti sono prima di tutto persone maggiorenni,che potrebbero quindi vivere per conto proprio a prescindere dall’università. Potrebbero andare a vivere con una persona con cui hanno una relazione e non farlo sapere ai familiari,per esempio. Un contratto praticamente per l’indipendenza che hanno molte persone maggiorenni: significherebbe determinare che devono andare a dormire per forza nella casa in cui hanno il contratto, quindi non potendo aver la libertà di dormire dove vogliono e con chi vogliono. Ancora molte e molti giovani pensano che sia autorizzato solo il dormire con il fidanzato o la fidanzata ufficiale scelta dalle famiglie prima di andare a vivere in un altro contesto e quindi tormentano coinquiline e coinquilini che escono o dormono altrove senza giustificare il motivo. E anche le loro famiglie vogliono sapere perché devono fare sembrare a figlie e figli che sia impossibile fare altrimenti. Ci sono dei costumi che rendono solo una dipendenza a distanza il vivere “per conto proprio” dei maggiorenni in Italia. Allo sgravio molte famiglie rinunciano perché una figlia o un figlio che deve risultare a carico per avere gli sgravi perché è a carico per molta gente non devono aver contratti d’affitto intestati. Devono lavorare in nero, perché non possono avere contratti di lavoro regolari, neanche quelli delle agenzie di comunicazione e marketing che non prevedono quasi mai il versamento di contributi e risultano sempre occasionali ma pur sempre su carta sono, non possono avere neanche una piccola partita Iva perché se no secondo le famiglie non risultano a carico anche se l’Agenzia delle Entrate dice che entro un certo limite di guadagno sono a carico, addirittura “devono” rinunciare ai soldi degli stage o farsene dichiarare meno! In Italia ciò che permette di emanciparsi dalla famiglia è una farsa.

  10. hy

    Vale solo per distanze superiori a 100 dalla residenza, dopo un gruppo di studio sul rendimento medio della carrozza a cavalli e stato fisico gli studenti poveri che stanno a 90 km.

  11. ignazio scimone

    Perché se pago €. 4.000 in un anno per un alloggio in camera doppia, per mio figlio, in una residenza universitaria (si badi bene, non in un alloggio privato : è tutto dichiarato) non posso dedurre la spesa dal reddito, ma ho solo quella ridicola detrazione (leggi elemosina)? Ulteriore esempio di aiuto alle famiglie

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