L’inflazione di gennaio è scesa a -0,6 per cento su base annua. Si parla dunque di deflazione.
Il dato è determinato dal crollo dei prezzi dei beni energetici (-9,1 per cento) che contano per il 9 per cento del paniere dei prezzi al consumo. I prezzi dei beni non energetici sono invece saliti dello 0,1 per cento, quelli dei servizi dello 0,5 per cento.
Per ora la discesa progressiva dell’inflazione verso (o sotto) lo zero si è tradotta in un aumento del potere d’acquisto dei salari, cresciuti dell’1,1 per cento nel 2014 (il netto tra +1,3 dei salari nominali e del +0,2 per cento dell’inflazione). L’aumento del potere d’acquisto dei salari del 2014 è una novità: il dato era stato di +0,2 nel 2013, -1,5 nel 2012 e -1,1 nel 2011. Per chi ha un lavoro l’inflazione zero non e’ poi tanto male.
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Maurizio Cocucci
La deflazione non è di per se negativa se non in certi contesti e per periodo prolungati di tempo. Questa eccessiva fobia che viene paventata quotidianamente è deleteria. In presenza di crescita debole vorrei vedere che i prezzi crescessero più dei salari. Occorre considerare l’aumento dei prezzi come un termometro dell’andamento economico e non come un fattore di crescita, non è che aumentando questi attraverso artifizi monetari ne derivi una crescita dell’economia, semmai è esattamente il contrario. Ritengo anzi che in presenza di una deflazione anche dei beni non legati al settore energetico vi possano essere conseguenze positive perché induce le imprese migliori ad affermarsi a scapito di quelle meno competitive e questo attraverso una spinta a migliorare la produttività riducendo costi e sprechi.