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Su Credit Suisse le autorità svizzere danno un buon esempio

Imprescindibile per evitare un effetto domino a livello internazionale, l’intervento delle autorità svizzere su Credit Suisse si ispira a principi di stabilità e prevenzione, troppe volte disattesi. È stata però necessaria una forzatura legale.

La vicenda di Credit Suisse

Negli anni successivi alla crisi del 2008, la legislazione bancaria è stata stravolta nel nome della stabilità e della prevenzione. Tuttavia, il nuovo approccio è stato più volte disatteso da una prassi regolamentare fin troppo attenta a evitare ogni possibile segnale che potesse spaventare i mercati, nascondendo spesso i problemi sotto al tappeto. L’atteggiamento delle autorità svizzere nel caso di Credit Suisse segna un interessante caso di discontinuità che deve essere accolto positivamente, al netto di una chiara forzatura legale.

Il 19 marzo Credit Suisse è stata ceduta a Ubs Group per circa 3 miliardi di dollari. L’intervento si è reso necessario per evitare il collasso dell’istituto e, di conseguenza, il temuto “effetto domino” a livello nazionale e internazionale.

Il punto più controverso della cessione riguarda i detentori di obbligazioni convertibili, i contingent convertibles (di seguito, CoCos). A seguito di una decisione dell’autorità di regolamentazione bancaria svizzera (Finma), hanno visto azzerato il valore delle proprie obbligazioni, con perdite complessive stimate attorno ai 17 miliardi di dollari, nonostante gli azionisti abbiano mantenuto una modesta partecipazione nella società ceduta (-89 per cento rispetto ai massimi dell’anno precedente). 

La maggior parte degli esperti ha fortemente criticato la decisione. Tuttavia, cercherò qui di mostrare come Finma abbia agito nel pieno rispetto dello spirito delle riforme post-2008, al netto di chiare forzature legali.

Prima di addentrarsi nell’analisi è utile riassumere i fatti. Credit Suisse era da tempo considerata uno dei “grandi malati” nel sistema bancario. A seguito dei timori generati dal collasso della Silicon Valley Bank i riflettori si sono dunque, quasi automaticamente, diretti su Credit Suisse. Per questo, il 15 marzo le autorità svizzere hanno dichiarato l’istituto pienamente solvente, impegnandosi a fornire liquidità ove si fosse reso necessario. Il 19 marzo, lo stesso giorno della vendita, il legislatore svizzero ha forzato il sistema, modificando il decreto che autorizzava la linea di credito. Nello specifico, il legislatore svizzero ha inserito una norma che consente a Finma di svalutare i CoCos in caso di vendita ad altra banca (articolo 5a). Inoltre, il legislatore ha disposto che non sia necessaria l’approvazione dell’accordo da parte dell’assemblea degli azionisti ove la fusione avvenga tra banche di rilevanza sistemica, se la transazione è conclusa in concerto con Finma (articolo 9).  

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Le critiche mosse all’operazione sono principalmente due: una giuridica e una attinente alla stabilità finanziaria. Da un punto di vista giuridico, uno dei principi generali del diritto fallimentare prevede che gli investitori subiscano perdite secondo l’ordine di priorità delle pretese, fissato dalla legge. Quindi, tradizionalmente, il valore delle azioni avrebbe dovuto essere azzerato prima di intaccare il valore dei CoCos. 

La seconda critica attiene invece alla volontà di evitare decisioni che potrebbero far vacillare la fiducia degli investitori nel sistema bancario, come obiettivo primo e unico della regolamentazione e supervisione bancaria. Allineandosi a tali critiche, le autorità europee hanno espresso una posizione decisamente contraria alla decisione di Finma.

La natura dei CoCos

Tuttavia, il punto fondamentale per l’analisi è comprendere la natura intimamente prudenziale dei CoCos, introdotti a seguito della crisi del 2008 per garantire la ricapitalizzazione delle banche in crisi. Questi strumenti, infatti, vengono emessi in periodi di normalità gestoria e, al palesarsi di una crisi, possono essere convertiti in azioni ordinarie oppure, appunto, essere completamente svalutati, secondo regole e modalità determinate dai documenti contrattuali rilevanti. Nel caso di Credit Suisse, gli investitori hanno accettato che i CoCos venissero completamente svalutati qualora il capitale della banca fosse sceso sotto il 7 per cento rispetto al patrimonio (contingency event) o in caso di una decisione di Finma, ove consentito dal diritto svizzero (viability event), come si è poi verificato. 

È cruciale sottolineare che se i CoCos non assorbono le perdite nella continuità aziendale, sono semplicemente inutili da un punto di vista prudenziale, risultando impossibile distinguerli dalle obbligazioni subordinate tradizionali. La distinzione è sostanziale, poiché tali strumenti possono essere utilizzati dalle banche per rispettare i requisiti di capitale con strumenti di “qualità inferiore” rispetto alle azioni ordinarie. Il rischio di subire perdite in continuità aziendale deve essere considerato credibile dagli investitori, ne va di una adeguata gestione del rischio e della credibilità dell’intera regolamentazione prudenziale.

Inoltre, da un punto di vista più prettamente giuridico, la banca non si è mai stata dichiarata insolvente; dunque, il destino dei CoCos è sempre e interamente dipeso dai documenti contrattuali che li governavano, ivi inclusa la possibilità di svalutazione al verificarsi di un viability event. Questo ha consentito la cessione di Credit Suisse a Ubs, evitando l’ennesimo bailout.

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Infine, stante la possibilità contrattualmente codificata di azzerare i CoCos, è lecito chiedersi perché si è resa necessaria la legislazione d’urgenza che nottetempo ha modificato i poteri di Finma ed eliminato la necessità del previo consenso degli azionisti. In altri termini, perché una simile forzatura giuridica è stata necessaria per realizzare ciò per cui i CoCos sono stati introdotti?  

Il ricorso alla legislazione d’urgenza non può essere considerato un metodo replicabile in futuro per imporre perdite sui CoCos, ove ciò si rendesse necessario per altre banche. La forzatura è figlia di una prassi consolidata che mira a evitare di imporre perdite agli investitori in CoCos, generando così un circolo vizioso che la decisione della Finma ha (auspicabilmente) interrotto. Il circolo vizioso è stato favorito da una struttura regolamentare imperfetta sotto molti punti di vista. 

In particolare, preme sottolineare l’inadeguatezza delle regole contabili applicate alle banche, grazie alle quali gli istituti riescono a rimandare l’emergere della crisi e, di conseguenza, la svalutazione in continuità dei CoCos. Non a caso, le autorità svizzere avevano dichiarato Credit Suisse solvente pochi giorni prima della cessione. La dichiarazione aveva l’obiettivo primario di tranquillizzare i mercati, ma di fatto ha avuto anche l’effetto di escludere la sussistenza di un viability event o di un contingency event. Dunque, le stesse autorità non avrebbero potuto dichiarare la stessa banca sostanzialmente insolvente solo tre giorni dopo, così da svalutare i CoCos senza ricorrere alla legislazione d’urgenza. Ciò avrebbe generato la paradossale situazione di una “banca di Schrödinger”, allo stesso tempo perfettamente solvente e vicina all’insolvenza: una decisione palesemente illogica, facilmente attaccabile da un punto di vista giuridico.

La questione è intricata e avrà lunghe ramificazioni processuali. Da un punto di vista di regolamentazione prudenziale lancia però una sfida: dimostrare serietà e rispettare la parola data. Per essere all’altezza della sfida occorreranno leggi migliori e il coraggio di applicarle.

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  1. Henri Schmit

    Articolo molto interessante e preciso. Non capisco però a quale forzatura giuridica di riferisce. All’arbitrarietà del contingency o viability event? Alla scelta di azzerare (permessa dal prospetto e dalla normativa) invece di convertire? Al lassismo delle regole contabili che permettono di rinviare la messa in evidenza di problemi? Tutto questo sono a mio parere però piuttosto imperfezioni normative che forzature legali, o ho capito male?

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