Lavoce.info

Servizi pubblici locali: un riordino a lungo atteso

Entrato in vigore a fine 2022, il Testo unico sulla disciplina dei servizi pubblici locali riordina il settore e ribadisce impegni e obblighi già codificati, ma spesso inattuati. Introduce anche alcune novità, in particolare sui servizi pubblici a rete.

Il Testo unico

Alla fine dello scorso anno, con il decreto legislativo 23 dicembre 2022, n. 201 – “Riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica” – è entrato in vigore il tanto atteso intervento di riforma dei servizi pubblici locali. Un provvedimento che ha riaperto il dibattito sull’equilibrio tra concorrenza e regole. Già nel 2015, la cosiddetta “riforma Madia” aveva messo a fuoco l’esigenza di riportare razionalità nella materia, prevedendo una delega al governo per il riordino della disciplina. Il decreto però non completò l’iter legislativo e non è mai entrato in vigore.

L’Autorità garante della concorrenza e del mercato in più occasioni ha segnalato l’opportunità di migliorare la qualità e la produttività dei servizi pubblici locali attraverso iniezioni di concorrenza. E più di recente anche la Commissione europea si è espressa in questo senso, al punto che la razionalizzazione dei servizi pubblici locali è divenuta una delle riforme abilitanti del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

A distanza di qualche mese, e sulla scorta dei numerosi dibattiti e momenti di confronto tra gli addetti ai lavori, è possibile trarre un bilancio. Il Testo unico ha il pregio di aver sistematizzato in un unico corpus normativo le numerose disposizioni in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica che si sono stratificate nel tempo, anche nelle rispettive discipline settoriali, sebbene in larga parte si tratti di provvedimenti e previsioni che già erano presenti nel nostro ordinamento giuridico: è stata dunque l’occasione per ribadire anche impegni e obblighi che, seppur già codificati, sono rimasti spesso inattuati e, in molti casi, persino dimenticati dalle stesse amministrazioni locali.

Il Testo unico introduce anche alcune novità, in particolare sui servizi pubblici a rete. Passiamo in rassegna le principali (per una trattazione dettagliata, si può leggerne qui).

La revisione degli ambiti territoriali ottimali

La prima novità riguarda la revisione degli ambiti territoriali ottimali, ovvero del perimetro nel quale il servizio può essere organizzato e gestito in modo efficiente ed efficace. Si prevede una spinta all’aggregazione verso dimensioni più ampie rispetto a quelle attuali: si tratta di uscire dalla dimensione comunale e spostarsi decisamente verso l’area vasta. In particolare, le regioni, cui spetta il compito di definire il perimetro, sono invitate e incentivate a prediligere la scala regionale.

Leggi anche:  Tutto cambia, ma non la Rai

Un passo in avanti, ma che probabilmente non è sufficiente a risolvere i problemi. Riguardo al servizio idrico integrato si è infatti solo di recente giunti a una quasi completa definizione di enti di governo degli ambiti (Ega) operativi – i soggetti che devono sostituirsi ai comuni per l’organizzazione e l’affidamento del servizio – dopo anni di ritardi e inerzie. Si registrano tuttora in Campania e Sicilia casi di mancato affidamento del servizio a un gestore unico d’ambito. Numerosi sono ancora i casi di gestioni idriche da parte di soggetti che non hanno un titolo giuridico valido, cessate ex lege, e gestioni dirette dei comuni che si oppongono alla consegna delle reti e degli impianti. Va segnalato che il riassetto della governance ha visto una forte accelerazione grazie alle spinte giunte dal Pnrr.

Nel caso della gestione dei rifiuti urbani la situazione è ancor più caratterizzata da inerzia e inefficienze. La governance risulta tuttora frammentata e la riorganizzazione territoriale del servizio è ancora incompleta. Sono solo dodici le regioni nelle quali gli Ega risultano pienamente operativi, cinque quelle nelle quali gli enti sono stati individuati ma non sono ancora pienamente operativi (Trentino-Alto Adige, Lazio, Campania, Calabria e Sicilia) e due regioni (Sardegna e Molise) non hanno tuttora proceduto ad individuare gli Ega.

Alcuni Ega presentano ancora situazioni di operatività parziale o totale inoperatività: in questi territori anche la gestione del servizio è tuttora caratterizzata dalla mancanza di operatori in grado di rendere al territorio un servizio efficiente, efficace e industrializzato. Il messaggio è chiaro: dove la catena di comando non funziona a cascata non funzionano i servizi, e i cittadini ne pagano le conseguenze.

Separare chi regola i servizi da chi li gestisce

Seppur già presente nell’ordinamento, un tema rilevante che il Testo unico affronta è la separazione tra le funzioni di regolazione e controllo e la gestione dei servizi pubblici locali. Ega e autorità per la regolazione e il controllo dei servizi pubblici locali non potranno più possedere partecipazioni nelle gestioni. Il principio già consolidato non ha finora trovato piena applicazione: residua, infatti, in molte realtà un corto circuito a livello locale tra regolatore e regolato. Perché è nella mancanza di chiarezza sui ruoli che si annidano scelte e valutazioni non orientate all’efficienza del servizio.

La regolazione multilivello oggi richiede che gli Ega siano “la cinghia di trasmissione” tra gli obblighi fissati dalla regolazione nazionale e il territorio: le attività che sono chiamati a svolgere necessitano di competenze tecniche, economiche e normative caratterizzate da un’altissima specializzazione. C’è quindi sempre più bisogno di un rafforzamento delle strutture tecniche sia in termini di organico sia di qualifiche e competenze: occorrono soggetti dotati di uno status giuridico riconosciuto e indipendente.

Leggi anche:  Europa al bivio sul commercio con la Cina

È del tutto evidente che il paese avrà bisogno di una rete territoriale di regolatori indipendenti. Ed è ora di iniziare a pensarci.

Equilibrio tra concorrenza e regole

Alle regioni è poi affidato il compito di promuovere la concorrenza per sostenere l’industrializzazione dei servizi pubblici locali, migliorare la qualità e ridurne i costi. Concorrenza e regolazione dovrebbero diventare gli strumenti utilizzati per realizzare gli obiettivi di efficienza, efficacia ed economicità dei servizi, nell’interesse degli utenti.

Il ruolo di arbitro delle regioni appare parzialmente in conflitto con le competenze assegnate dalla Costituzione che vede nella materia della concorrenza una competenza di esclusiva prerogativa statale. Come si può comprendere, più che di un impegno cogente incardinato nelle regioni, si tratta di una sorta di “moral suasion” con impegni e azioni che nella pratica restano perlopiù indeterminati e che dovrebbero trovare strumenti e indicazioni puntuali, oltre che percorsi codificati. 

Le forme di affidamento e l’obbligo di istruttoria

Quanto alle forme di gestione, il decreto legislativo sostanzialmente ribadisce e rafforza le modalità classiche di affidamento già previste dalla normativa vigente. Per il caso degli affidamenti in house, viene rafforzato l’obbligo di motivazione che deve essere “qualificata”: l’ente locale è tenuto a specificare le ragioni del mancato ricorso al mercato, illustrando i benefici per la collettività della gestione in house su investimenti, qualità e costi dei servizi, nonché rispetto agli obiettivi di universalità, tutela dell’ambiente e accessibilità dei servizi.

Le scelte sulle modalità di affidamento rimangono quindi in buona misura discrezionali, ma non possono essere palesemente illogiche o irrazionali e devono essere solidamente motivate, come peraltro più volte ribadito anche dalla giustizia amministrativa. Un dovere delle amministrazioni locali nei confronti delle collettività che finora è stato talvolta disatteso.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Perché le gare scendono in spiaggia

Precedente

Per Lula amicizie di convenienza con Russia e Cina

Successivo

Extraprofitti: una tassa sbagliata

  1. Savino

    Alcuni servizi di utilita’ sociale vanno ri/centralizzati con investimenti in capitale umano, si pensi anzitutto alla sanita’, ma anche la gestione di strade e ferrovie o la sostenibilità green del ciclo dei rifiuti che cuba di più di una realtà locale. Dal 2001 e’ in atto una deregulation sbagliata, poiche’ il Paese non e’ federale e alle poste in bilancio elevate di Regioni ed Enti Locali non corrispondono altrettanti investimenti e servizi al cittadino.

  2. fed

    Impossibile. Il posto pubblico rappresenta , per il meridione, l’obiettivo di vita. Il lavoro si vedra”.
    Con quella mentalita” meglio separati.

  3. Paolo

    In Lombardia anche senza Ambiti Territoriali il ciclo integrato dei rifiuti è efficace e efficiente, l’elemento più importante è la dotazione impiantistica.

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén