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Con il salario minimo più tolleranza verso le disuguaglianze

Il salario minimo rende più accettabile la disuguaglianza? Sembra di sì, almeno nel Regno Unito. La percezione del mercato dei lavoratori a basso reddito può cambiare quando la loro vulnerabilità diminuisce e rendere meno preoccupanti i divari di reddito.

Il salario minimo e il benessere dei lavoratori  

Gran parte della ricerca economica sul salario minimo si è concentrata sui possibili effetti distorsivi generati dalla sua introduzione sul mercato del lavoro e sul rapporto tra lavoratori e imprese. Più di recente la letteratura economica ha iniziato a studiare gli effetti dell’introduzione del salario minimo sul benessere dei lavoratori, prestando particolare attenzione a quelli sulla loro salute. In una recente rassegna della letteratura, David Neumark mostra come l’introduzione del salario minimo ha effetti ambigui sulla salute. Ad esempio, alcuni studi dimostrano che aumenta la salute mentale dei lavoratori, mentre altri indicano che la sua introduzione può esacerbare cattive abitudini, come il fumo o bere alcolici. Se da un lato, quindi, la letteratura ha iniziato a interrogarsi approfonditamente sugli effetti individuali del salario minimo, concentrandosi in larga parte sulla salute dei lavoratori, ancora si sa poco o nulla di come la misura possa influenzarne le preferenze sociali e politiche.  

Un nuovo studio sull’introduzione del salario minimo

In un recente studio abbiamo analizzato l’impatto del salario minimo su alcune preferenze sociali e politiche. Utilizzando dati della British Household Panel Survey, mostriamo che chi riceve il salario minimo si dichiara più tollerante verso la disuguaglianza e tende a votare di più per partiti liberali. Per identificarne l’effetto sulle preferenze dei lavoratori, ci concentriamo sull’introduzione del salario minimo nel Regno Unito. Uno dei punti chiave del programma elettorale di Tony Blair alle politiche del 1997, la misura è entrata in vigore due anni dopo, nell’aprile del 1999. Il salario minimo orario era stato fissato a 3,6 sterline per i lavoratori con più di 22 anni e a 3 sterline per i lavoratori tra i 18 e i 22 anni. Oggi nel Regno Unito il salario minimo per i lavoratori dai 23 anni in su è di 10,42 sterline, uno dei più generosi al mondo.  

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Come sono cambiate le preferenze?  

Dato che il salario minimo è una politica volta principalmente a ridurre la disuguaglianza di salario tra i lavoratori, cerchiamo di capire se i recettori diventano più tolleranti alla disuguaglianza. Abbiamo anche provato a capire perché questo può accadere. Abbiamo quindi confrontato le opinioni e le intenzioni di voto dei lavoratori prima e dopo l’introduzione del salario minimo, cercando di controllare per tutti gli altri possibili fattori e caratteristiche personali che possono influenzare le variabili di interesse. I nostri risultati mostrano che, una volta introdotto il salario minimo, i lavoratori che lo recepiscono cambiano le loro opinioni e diventano più tolleranti alla disuguaglianza. Non solo, le loro intenzioni di voto sembrano spostarsi: i lavoratori si dicono più inclini a votare per il partito conservatore. Gli effetti che identifichiamo sono apprezzabili nella loro magnitudine: l’introduzione del salario minimo aumenta dell’11 per cento la probabilità di tollerare top earners, e di circa il 10 per cento la probabilità di votare per i conservatori. Come mostrato nell’articolo, i risultati sono robusti a diverse specificazioni.  

Una storia di fairness e psicologia  

I nostri risultati sono sicuramente controintuitivi: nonostante il salario minimo sia una politica volta a ridurre la disuguaglianza, i lavoratori che ne beneficiano sono ancora sul fondo della distribuzione dei salari e potrebbero trarre vantaggio da politiche redistributive. Inoltre, perché cambiare preferenza di voto verso il partito conservatore, che adotta solitamente politiche più liberali? Una prima possibile spiegazione potrebbe essere di natura tecnica. Ad esempio, il salario minimo può aver diminuito la disuguaglianza salariale e di conseguenza i recettori di quello minimo sono diventati più tolleranti. Ma l’introduzione della misura nel Regno Unito ha avuto effetti poco significativi sulla disuguaglianza salariale e anche quando controlliamo per questo fattore i nostri risultati continuano ad emergere. Cosa spiega allora questo particolare cambio di preferenze? Una possibile chiave per leggere i risultati risiede in un meccanismo psicologico molto noto in economia: la reference dependence. La prospect theory suggerisce che le persone sono solitamente molto avverse al rischio di perdere soldi e tendono ad ancorarsi su di un reference point che giudicano “giusto” per loro. Nel caso del salario minimo, i lavoratori ricevono un reference point molto chiaro, che è solitamente ritenuto equo. Infatti, oltre ad aumentare il salario dei lavoratori, aver fissato un minimo ha un effetto informativo molto forte: ogni anno un lavoratore che prende il salario minimo sa molto chiaramente a quanto ammonterà il suo stipendio e di quanto sarà aumentato l’anno successivo. Questo perché il livello e gli scatti vengono scelti istituzionalmente e pubblicizzati dalle autorità. Sapere con certezza il proprio livello di salario e, soprattutto, sapere che l’assegno non potrà diminuire può aumentare notevolmente la sicurezza dei lavoratori riguardo i propri salari. Di conseguenza, i recettori di salario minimo possono diventare più tolleranti alle possibili disuguaglianze generate dal mercato, non solo: possono anche diventare più inclini a sostenere partiti liberali. In generale, il nostro studio mostra che diminuire la loro vulnerabilità può cambiare la percezione che i lavoratori a basso reddito hanno del mercato. La ricerca scientifica ha dimostrato che le persone distinguono attentamente tra disuguaglianze “giuste” e “ingiuste”. Ad esempio, le persone tendono sempre a sostenere più redistribuzione se la fonte della disuguaglianza è dovuta alla fortuna. Viceversa, se una disuguaglianza di reddito può riflettere una differenza di merito, gli individui tendono ad accettarla. Secondo uno studio, l’introduzione di un minimo salariale influenza la percezione dei lavoratori su ciò che è considerato un salario “giusto”. Fornire un chiaro riferimento salariale, considerato “giusto”, può attenuare le preoccupazioni legate alle possibili disuguaglianze generate dal libero mercato.

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Il Punto

  1. Savino

    Una lotta sbagliata quella della sinistra in questo periodo. Soprattutto i sindacati hanno chiuso entrambi gli occhi sulla materia salariale e contrattuale. Il salario minimo resta quello da concordare e mettere nero su bianco a tutela del lavoratore, quello che il sindacato pigramente e artatamente non fa più.

  2. vincenzo fano

    Mi chiedo questo: è abbastanza prevedibile che per chi beneficia del salario minimo ci siano effetti positivi. Il problema sembra però che l’istituzione del salario minimo potrebbe aumentare il lavoro nero. E certo che si trova in quella condizione non può che peggiorare la sua situazione mentale. Oppure potrebbe far diminuire leggermente l’occupazione e anche questo ha effetti negativi sui possibili nuovi disoccupati.

  3. Mahmoud Abdel

    Porre un limite di stipendio al di sotto del quale è chiaramente sancita automatica illegittimità mi sembra doveroso visto che purtroppo alcune aree non sono coperte da CCNL anche se parliamo di numeri marginali. Però si vocifera di cifre minime orarie esagerate per tali operatori marginali del mercato, quindi a valore aggiunto prossimo allo zero per gli stessi datori di lavoro, che distorcerebbero troppo un sistema che tra l’altro non ha mai previsto prima uno strumento del genere, portando ad evitare l’assunzione o in misura ancora maggiore a relegare al nero ancor più persone da parte dei datori di lavoro per sfuggire a tale esborso obbligato. Un anno ha più di 52 settimane. Anche isolando dal calcolo 4 settimane di ferie (quindi 24 giorni feriali da lunedì a sabato) nelle rimanenti 48 settimane non può essere illegittimo aspettarsi 40 ore di lavoro ciascuna senza straordinari, quindi 40×48=1920 ore di effettivo lavoro annuo. Anche restringendo il calcolo a queste sole 48 settimane annue, lavorando per 5 euro lordi ora il lordo annuale guadagnato ammonterebbe a 1920×5=9600 euro (e in reltà se il contratto è lungo si paga anche il mese di ferie superando i 10mila). Questo importo annuale rientra interamente nella no tax area di fatto, tra esenzioni e detrazioni per lavoro dipendente concesse a tutti e quindi anche la persona lavorasse tutto l’anno tranne un mese di riposo gli rimarrebbero oltre 800 euro al mese netti che è cifra superiore alla soglia di povertà, di molto superiore in alcune zone di Italia. Ergo imporre per legge retribuzioni minime superiori ai 5 euro lordi l’ora secondo me è fuori mercato per professioni tanto marginali da non avere già un CCNL, soprattutto in alcune zone di questo Paese. Chi parla invece di obbligo per legge di corrispondere almeno 10 euro l’ora a tutti, quindi per esempio almeno 1.600 euro al mese anche al dipendente che in un paesino di un’area depressa spolvera e raccoglie barattoli caduti quale unica mansione non ha idea di cosa sia il mondo reale.

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