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Lauree Stem: niente di nuovo sul fronte femminile

Le ragazze continuano a scegliere meno dei ragazzi le facoltà scientifiche, che assicurano lavori e carriere migliori. Si allontana così la possibilità di arrivare alla parità economica. Per battere gli stereotipi bisogna partire dalla scuola primaria.

Immatricolazioni alle lauree Stem

Il recente focus del rapporto dell’Anvur mostra come il divario di genere nella scelta degli ambiti di studio sia rimasto praticamente immutato negli ultimi dieci anni. Nell’anno accademico 2011-2012 gli immatricolati nelle discipline Stem (science, technology, engineering, mathematics) erano per il 60,7 per cento maschi e per il 39,3 per cento femmine e nel 2021-2022 si riscontrano le stesse identiche percentuali. Se si considerano gli iscritti, si osserva una lieve flessione della presenza femminile, che dal 37,9 per cento del 2011/2012 scende al 37 per cento dieci anni dopo. Il rapporto indica anche che, sebbene l’Italia si allinei alla media europea per la presenza femminile nell’ampia area Stem la percentuale di donne iscritte nei settori delle Ict risulta notevolmente inferiore, attestandosi al 15,1 per cento nel 2021, in contrasto con la media europea del 19,7 per cento.

A questi dati, si aggiunge l’evidenza che indica una diminuzione progressiva nelle immatricolazioni e iscrizioni delle donne, contro un incremento degli uomini, nell’area sanitaria e agro-veterinaria. In sostanza, quindi, negli ultimi dieci anni la presenza femminile nelle discipline Stem non ha registrato nessun progresso, mentre si sta riducendo nell’area sanitaria, altro settore caratterizzato da buone prospettive lavorative.

È evidente che con questi dati non ci siano da aspettarsi grandi passi in avanti nella parità economica tra uomini e donne nei prossimi anni. Le carriere Stem sono infatti associate a opportunità di lavoro ben remunerate e con buone possibilità di carriera. Inoltre, da più parti sono ritenute cruciali per affrontare le sfide di un mondo sempre più dominato dalle nuove tecnologie: se le donne sono sotto-rappresentate in questi campi, potrebbero trovarsi svantaggiate nell’adattarsi a un mercato del lavoro in continua evoluzione, limitando le loro opportunità di carriera.

Le preferenze delle ragazze

Certo non una bella prospettiva, ma che farci se questo è quello che le donne vogliono, se queste sono le loro preferenze? Nulla di strano, infatti, se alcuni individui hanno preferenze diverse da quelle di altri. Tuttavia, la questione si complica quando le differenze riguardano gruppi di individui. Dire che le donne non si iscrivono alle discipline Stem perché non le preferiscono non è molto diverso dal dire che in Italia si laureano soprattutto i figli dei laureati perché chi ha un background socio-economico peggiore preferisce non frequentare l’università. Anche se ci fosse evidenza (come effettivamente vi è) che le donne preferiscono studiare materie di carattere umanistico e che gli studenti provenienti da famiglie più povere danno meno importanza agli studi universitari, ciò non implicherebbe automaticamente che questi diversi gruppi di individui hanno preferenze genuinamente e naturalmente diverse.

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Per poter archiviare la questione come differenza di genere nelle preferenze dovremmo non solo avere evidenza che lo scarso interesse delle donne rispetto agli uomini per le scienze è dovuto a differenze biologiche, ma anche che la loro avversione verso questo settore di studio e lavoro è tale da indurle a sacrificare significativi guadagni sul mercato del lavoro.

Stereotipi e ansia da matematica

Tra i vari fattori che potrebbero contribuire al divario di genere nelle discipline Stem, si chiamano spesso in causa gli stereotipi. Per esempio, negli ambienti professionali, gli stereotipi riguardanti le abilità, gli interessi e i ruoli sociali di uomini e donne possono manifestarsi come pregiudizi nelle decisioni di assunzione e promozione, ostacolando l’avanzamento di carriera e le opportunità e risultando in un rendimento atteso più basso per le donne. Uno studio mostra che, in assenza di ulteriori informazioni oltre ai segnali visivi, è più probabile che gli uomini vengano selezionati per compiti matematici rispetto alle donne.

La letteratura mostra anche che le donne realisticamente si aspettano di ottenere un rendimento minore rispetto agli uomini dal laurearsi nelle discipline Stem. Ad esempio, utilizzando i dati alla base di una ricerca su un campione di studenti italiani, emerge un divario di genere nelle aspettative salariali di circa il 25 per cento, che si amplia man mano che ci spostiamo da campi categorizzati come “più deboli” in termini di prospettive lavorative (umanistici) a “più forti” (Stem). Il divario è relativamente modesto (14 per cento) quando si considera il salario atteso dal conseguimento di una laurea in area umanistica, mentre raggiunge il 28,5 per cento in caso di laurea Stem. Tuttavia, sempre usando gli stessi dati, risulta che la differenza nella probabilità di scegliere un corso di laurea Stem rimane sostanziale anche una volta che si tiene conto dei salari attesi. Un ruolo potrebbe essere giocato dal fatto che di solito le donne mostrano performance peggiori dei maschi in matematica e tendono a preferire materie umanistiche. In Italia, i risultati delle ragazze in matematica (così come misurati dai test Invalsi) tendono a essere peggiori di quelli dei ragazzi già a partire dalle elementari (si veda qui e qui). Queste difficoltà potrebbero scoraggiare le ragazze dal proseguire negli studi in cui la matematica è prevalente.

L’ansia della matematica è un altro dei fattori chiamati in causa per spiegare il gap di genere in questa materia. Le persone provano questa emozione negativa che interferisce con la manipolazione di numeri e la risoluzione di problemi, sia in contesti accademici sia in attività quotidiane, e la sua interferenza è più forte nelle ragazze che nei ragazzi (si veda qui). Tuttavia, anche qui gli stereotipi possono fare la loro parte, poiché genitori, insegnanti e gli altri soggetti che esercitano influenza sulle attitudini e sulle scelte degli studenti potrebbero in maniera consapevole o inconsapevole trasmettere visioni stereotipate sulle abilità di maschi e femmine nelle materie Stem, influenzando così le preferenze e l’atteggiamento verso la matematica, nonché i risultati. Diversi studi hanno mostrato come nei paesi con attitudini di genere meno tradizionali i risultati ottenuti dalle donne in matematica tendono a essere migliori. Inoltre, l’assenza di donne di successo nei campi Stem, per la ben nota segregazione verticale, può rafforzare lo stereotipo che le donne non siano adatte a queste aree.

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Che fare allora? Borse di studio e riduzione delle tasse di iscrizione limitate alle sole studentesse per attrarle nell’ambito Stem non sono state sufficienti a modificare la loro segregazione orizzontale, probabilmente perché sono state messe in atto solo da alcune università.

A partire dal 2004, gli incentivi ministero dell’Istruzione, università e ricerca per l’orientamento degli studenti delle scuole secondarie di secondo grado verso le materie Stem hanno aumentato – anche se di poco – la percentuale di coloro che le scelgono all’università, ma ha funzionato per i ragazzi più che per le ragazze. Anche programmi tesi ad aumentare l’interesse delle nuove generazioni verso le materie Stem, come quello che ha coinvolto un campione di studenti del terzo e quarto anno delle superiori, sembrano non produrre l’effetto sperato.

Considerando che il gap di genere nell’ambito della matematica emerge già dalla scuola primaria, è importante che si intervenga già in questa fase e poi si prosegua con programmi di orientamento nei successivi cicli. Un approccio che interviene sui bambini e agli inizi del percorso scolastico ha anche più larga probabilità di incidere su eventuali stereotipi di genere che tendono a formarsi in età precoce.

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  1. Max

    Articolo e considerazioni interessanti. Forse questi processi sono molto più lenti di quello che singoli interventi sul campo o politiche possono innescare (es. informazione sulla remuneratività dei diversi field). Nel frattempo, con l’aria che tira e quello che si sente in giro sul “ruolo della donna,” io spererei almeno che il numero o la % di laureate STEM anche se non cresce, almeno non si riduca.

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