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L’ingegneria elettorale di Macron alla prova del governo

I parlamenti eletti con sistema proporzionale favoriscono il moltiplicarsi di partiti. Invece, in Francia l’uninominale a doppio turno ha permesso di evitare una maggioranza Rassemblement National. Ma ora far nascere un governo non sarà semplice.

Europee con il proporzionale

Il 2024 sarà ricordato come un importante anno elettorale. Si vota o si è votato in Unione europea, Regno Unito, Francia, Stati Uniti, ma anche Messico, India, Iran, Russia e vari altri paesi. In quasi ogni paese si va alle urne con una legge elettorale diversa. Non è un dettaglio secondario, perché legge elettorale e struttura istituzionale hanno un peso importante nelle scelte politiche degli elettori, dei candidati e dei partiti.

Per le elezioni europee è previsto un sistema proporzionale. In Italia, c’è anche una soglia di sbarramento al 4 per cento: solo i partiti che raggiungono almeno quella percentuale di voti ottengono seggi nel Parlamento europeo.

I sistemi proporzionali – adottati per eleggere i parlamenti nazionali in molti paesi europei (Italia, Germania, Spagna, Olanda, Svezia) – danno vita a un proliferare di partiti politici – di vecchia e nuova formazione. Ciò rende più facile che ogni elettore trovi un partito “vicino”, dal punto di vista dell’ideologia politica “destra- sinistra”. I partiti hanno un incentivo a differenziarsi per dividersi il mercato elettorale e massimizzare il numero dei voti. Dopo le elezioni, quelli che hanno ottenuto più seggi iniziano le negoziazioni per dar vita alla coalizione governativa. Dunque, con il loro voto gli elettori danno mandato ai partiti di negoziare per loro conto. Tuttavia, in questo sistema, il voto “sincero” dato dagli elettori al partito a loro politicamente più vicino non sempre conduce alla coalizione di governo che gli elettori avrebbero voluto dal loro partito. Si pensi solo alle diverse coalizioni governative che si sono succedute dopo le elezioni del 2018: M5s-Lega, M5s-Pd e per finire M5s con quasi tutti gli altri partiti (a eccezione di Fratelli d’Italia) a sostenere il governo Draghi. Un mandato decisamente molto ampio quello che il M5s ha pensato di aver ricevuto dai propri elettori. Nel sistema proporzionale, gli incentivi per i partiti a costruire coalizioni pre-elettorali sono invece molto limitati. Infatti, ben sei partiti italiani sono entrati nel Parlamento europeo.

Il doppio turno francese e la strategia di Macron

Molto diversa – e decisamente istruttiva – l’esperienza delle recenti elezioni francesi. Reduce da una sonora sconfitta alle elezioni europee, dove il suo partito, Renaissance, all’interno della Coalition Besoin d’Europe, ha ottenuto il 14,6 per cento dei voti, contro il 31,4 per cento di Rassemblement National, il partito di Marine Le Pen, Emmanuel Macron ha deciso di indire elezioni parlamentari anticipate quasi immediate. Una scelta coraggiosa, per alcuni una vera e proprio scommessa politica. Una scommessa fondata sul sistema elettorale francese. Macron ha valutato che il voto europeo fosse un voto di protesta. Ovvero, un voto che poteva permettersi di non prendere in considerazione le conseguenze governative. Infatti, l’incremento di voti per la destra di Marine Le Pen non avrebbe avuto conseguenze apprezzabili per la coalizione governativa nel Parlamento europeo, a meno che non fosse stato accompagnato da altrettanti spostamenti a destra negli altri paesi europei. Ma avrebbe mandato un segnale importante in Francia. Macron ha deciso di chiamare il bluff. Di andare a vedere se gli elettori fossero veramente disponibili a votare i deputati di Rassemblement National al parlamento francese con il rischio concreto di ritrovarsi con un governo di estrema destra. E lo ha fatto utilizzando in maniera strategica gli incentivi del sistema maggioritario francese a doppio turno.

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Il 30 giugno 2024, nel primo turno elettorale, (quasi) tutti i partiti francesi hanno presentato un proprio candidato nei 577 distretti uninominali in cui è diviso il territorio. Il partito di Marine Le Pen, Rassemblement National, ha bissato il successo delle Europee, confermandosi come primo partito con il 33,2 per cento dei voti e ottenendo subito 38 seggi. Anche Ensemble, la coalizione guidata da Macron, ha confermato gli scadenti risultati delle Europee, ottenendo il 20 per cento dei voti. Ma la strategia elettorale di Macron doveva ancora arrivare.

Il sistema elettorale francese prevede che sia eletto al primo turno il candidato (o la candidata) che riceve più del 50 per cento dei voti. Nel caso nessun candidato ottenga la maggioranza assoluta, accedono al secondo turno tutti i candidati che al primo turno hanno ricevuto più del 12,5 per cento dei voti disponibili (ovvero degli aventi diritto al voto), e comunque almeno i due candidati che hanno ricevuto più voti. Dunque, accedono al secondo turno almeno due, ma spesso anche tre (o quattro) candidati. La drastica riduzione nel numero dei candidati sulla scheda elettorale tra il primo e il secondo turno induce considerazioni strategiche sia negli elettori che nei candidati o partiti.

Consideriamo un elettore che al secondo turno ritrova sulla scheda elettorale il candidato che ha votato già al primo turno, ma che ora sa che il suo candidato è solo terzo per voti ricevuti. Immaginiamo anche che il candidato con più voti al primo turno sia più lontano politicamente dal nostro elettore di quello arrivato secondo. Ecco il dilemma che si pone di fronte al nostro elettore: meglio votare in maniera sincera per il terzo candidato, pur sapendo che ha poche possibilità di essere eletto, oppure votare strategicamente per il secondo candidato, per evitare che il primo candidato – quello più avverso – vinca?

Consideriamo ora il dilemma del terzo candidato. Meglio rimanere nella corsa elettorale anche nel secondo turno, pur sapendo di avere poche possibilità di essere eletto, oppure ritirarsi per favorire la vittoria del secondo candidato, quello ideologicamente più vicino?

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Un recente studio di Vincent Pons e Clemence Tricaud mostra che se un terzo candidato è presente, la probabilità di vittoria del candidato, tra i primi due, che è politicamente più vicino al terzo si riduce del 20 per cento. Ciò è dovuto al comportamento non totalmente strategico di elettori e partiti. Molti elettori francesi continuano a votare in maniera sincera e a sostenere il candidato per il quale avevano votato al primo turno, anche quando non è tra i primi due contendenti. Molti candidati sono restii a abbandonare la corsa elettorale al secondo turno anche quando sanno di avere poche probabilità di vincere.

Emmanuel Macron, avendo (forse) letto lo studio di Pons e Tricaud, si è reso conto che doveva intervenire in prima persona. Coordinare i comportamenti strategici di elettori e partiti per frenare l’avanzata dei deputati di Rassemblement National. Spinti da Macron, più di duecento candidati di Nouveau Front populaire e Ensemble si sono ritirati dal secondo turno nei distretti in cui c’era più di un candidato a fronteggiare il candidato di Rassemblement National. L’ingegneria elettorale di Macron, che ha usato l’uninominale a doppio turno per creare un fronte comune contro la destra di Marine Le Pen, ha pagato. Almeno in parte. Oggi, la Francia non ha un parlamento con una maggioranza Rassemblement National, ma si presenta con un’Assemblea nazionale spaccata e una scarsa familiarità a creare governi di grandi coalizioni. Ciò renderà ancor più difficile trovare risposte politiche alle istanze populiste della Le Pen.

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Quali sono i pericoli dell’autonomia differenziata

  1. Savino

    Le strategie fanno parte della democrazia e non possono essere bollate come “giochi di palazzo”. Possono esistere un primo e un secondo turno, le alleanze e i patti di desistenza, oltre che il primo ministro è deciso dal Capo dello Stato, che in Francia presiede anche il Consiglio dei Ministri. In UE, ci sono le procedure per formare la Commissione e gli alti incarichi. Di cosa si lamentano queste persone che fanno dell’isolamento politico uno stile di vita? Non si possono governare i Paesi o l’UE se ci si tira fuori dall’arco costituzionale e dai trattati. Non ne parliamo in Italia dove l’isolamento è giustificato da una fantomatica coerenza, per cui quando si governa si vogliono le mani libere di poter abbaiare alla luna.

  2. Henri Schmit

    La Repubblica francese è quasi impensabile senza l’uninominale a doppio turno. Un eccellente sistema.

    La relativa “polarizzazione” che ha visto lentamente emergere il RN non è dovuta al sistema elettorale dell’Assemblée Nationale, ma al sistema semi-presidenziale ad elezione diretta, introdotta dal Generale con un golpe costituzionale nel 1962, due anni dopo la C della V Repubblica.

    L’AN è molto frammentata, esattamente come i Parlamenti eletti con sistemi (più) proporzionali (di lista).

    L’alternativa non è fra maggioritario e proporzionale ma fra più o meno frammentazione. Il concetto di voto sincero è un’aberrazione, irrazionale e anti-democratica. Il voto esprime una preferenza, o più preferenze subordinate, espresse in Francia in due turni successivi, non una divisione dell’elettorato in schieramenti univoci.

    Macron non ha compiuto un atto di ingegneria elettorale, ma ha preso una decisione razionale (e responsabile dopo le europee) e coraggiosa (scommessa, incertezza) che gli spettava.

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