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Votare tutti per pagare meno tasse?

La legge elettorale proporzionale potrebbe davvero aumentare la partecipazione al voto? Sentendosi così parte della comunità i cittadini sarebbero più disposti a pagare le tasse? La suggestione è interessante, ma in Italia non sembra confermata dai numeri.

L’ipotesi del direttore generale

Che legame esiste tra legge elettorale ed evasione fiscale? A prima vista, nessuno. Ma, si sa, la “prima vista” è l’antitesi della scienza. Sulla domanda specifica, al momento, mancano evidenze significative in letteratura. È così quindi che un’osservazione quasi marginale al Meeting di Rimini del direttore generale delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, si trasforma, almeno per chi è sensibile all’argomento, in un’interessante provocazione intellettuale.

Secondo Ruffini, una legge elettorale proporzionale sarebbe collegata sia a minore astensione sia a minore evasione. Provando a interpretare le sue parole, l’idea è che con legge proporzionale ognuno potrebbe votare liberamente il partito che meglio lo rappresenta, senza vincoli predeterminati o vincolati da coalizioni. L’aumento del tasso di partecipazione sarebbe collegato a un più elevato senso di appartenenza alla comunità e quindi alla volontà di farvi parte senza imbrogli, pagando quello che bisogna pagare e finanziando così i servizi per tutti.

Non è certo questo il luogo per verificare empiricamente una tale affermazione. E peraltro, anche le evidenze empiriche sul legame tra formula elettorale e partecipazione sembrano essere contrastanti. Tuttavia, è possibile almeno provare a trarre qualche prima, seppur grossolana, conclusione. Per questo motivo abbiamo raccolto i dati sull’evasione fiscale, quelli sui tassi di astensione alle elezioni politiche (Camera dei deputati) e, infine, abbiamo incrociato questi numeri con la storia delle leggi elettorali in Italia. Che, fortunatamente per questo scopo, è piuttosto varia.

Cominciamo dalla fine, cioè dalle leggi elettorali per le elezioni politiche. In Italia, dal 1948 (elezioni per la I legislatura) al 1992 (XI legislatura) è stato in vigore un sistema elettorale proporzionale quasi puro, con la sola eccezione del 1953. Tra il 1994 e il 2001 (dalla XII alla XIV legislatura) si è poi sperimentato un sistema elettorale misto, che assegnava il 75 per cento dei seggi con metodo maggioritario a turno unico e il rimanente 25 per cento dei seggi con metodo proporzionale; un sistema misto analogo, ma con quote diverse (37 per cento con metodo maggioritario e il restante con metodo proporzionale), è quello attualmente in vigore e applicato nel 2018 e 2022 (XVIII e XIX legislatura). Infine, tra il 2006 e il 2013 (dalla XV alla XVII legislatura) è stato utilizzato un sistema proporzionale per la ripartizione dei seggi ma con forte premio di maggioranza assegnato al primo partito o coalizione.

Per quanto riguarda i dati sull’astensione, la partecipazione elettorale ha iniziato a scendere significativamente dagli anni Ottanta in poi, per poi crollare dopo il 2013. Infine, per quanto riguarda i dati sull’evasione fiscale in Italia, ci sono due problemi. Il primo è sostanziale: gli anni Settanta del secolo scorso, con l’introduzione di Irpef e Iva, hanno rappresentato una discontinuità troppo grande per rendere confrontabili il prima e il dopo. A livello pratico, inoltre, serie storiche sull’evasione non si trovano facilmente. Per la maggior parte delle imposte, i dati sono disponibili solo dal 2000 in poi. Fa eccezione l’Iva, peraltro l’imposta più evasa nel paese, la cui serie comincia in ogni caso solo nel 1980. A questo proposito, tra gli anni Ottanta e Novanta, la differenza percentuale tra il gettito potenziale e quello effettivo (“propensione al tax gap”) oscillava tra il 35 e il 40 per cento.

Successivamente, il divario ha iniziato a ridursi, stabilizzandosi tra il 26 e il 28 per cento dalla fine degli anni Dieci al 2017. Dal 2017 in poi, la propensione a evadere l’imposta ha iniziato a calare drasticamente, scendendo al 13,8 per cento nel 2021, come indicato dall’ultimo aggiornamento della Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva. Per quanto riguarda le altre imposte, l’Ires (imposta sui redditi delle società), come illustrato in figura 3, presenta un andamento piuttosto simile a quello dell’imposta sul valore aggiunto, ma senza la medesima riduzione negli ultimi quattro anni. I valori più elevati di evasione si riscontrano per l’Irpef (imposta sul reddito delle persone fisiche) da lavoro autonomo e impresa, con l’ammontare dell’imposta evasa che rappresenta mediamente il 63,7 per cento (e raggiunge in diversi anni quasi il 70 per cento) di quella potenziale. All’estremo opposto, invece, si trova l’Irap (imposta sul reddito delle attività produttive), che non solo ha il livello di evasione più basso in termini assoluti, ma anche la minore propensione all’evasione. 

Cosa ci dicono i dati

Trovare un legame tra legge elettorale, partecipazione elettorale ed evasione fiscale è senza dubbio una questione complessa. Limitandoci a un’analisi approssimativa, tuttavia, è possibile concludere che l’ipotesi di Ruffini sembra poco sostenuta dai numeri, perlomeno nel nostro paese. Negli anni in cui era in vigore un sistema proporzionale quasi puro, infatti, sebbene i tassi di astensione fossero effettivamente più bassi, la propensione a evadere l’Iva era ai suoi massimi storici. Quando si è passati a un sistema elettorale misto, come quello attualmente in uso, si sono invece osservate tanto una diminuzione nei tassi di partecipazione alle elezioni quanto una significativa riduzione della propensione a evadere l’imposta sul valore aggiunto. Non sembra emergere, dunque, una correlazione degna di nota né tra legge elettorale e tasso di evasione né tra quest’ultimo e la partecipazione alle elezioni. Anzi, incrociando i dati su astensione ed evasione, sembra emergere addirittura una relazione inversa. È quindi più probabile che la riduzione dell’evasione Iva sia stata influenzata non tanto da riforme elettorali quanto da misure specifiche di lotta all’evasione introdotte negli ultimi venti anni, come lo split payment, l’estensione del meccanismo del reverse charge e la fatturazione elettronica. Inoltre, vale la pena di notare che, secondo l’ultima “Relazione sull’economia non osservata e l’evasione fiscale e contributiva”, i livelli di evasione dell’Iva non sono uniformi in tutto il paese, ma variano notevolmente da regione a regione, pur essendo in vigore in tutte la stessa legge elettorale a livello nazionale.

A ogni modo, l’intuizione di Ruffini merita di essere approfondita in contesti che possano fornire prove empiriche molto più rigorose e credibili delle nostre. Confrontare tra loro paesi che abbiano sperimentato cambiamenti significativi nelle regole elettorali, mantenendo costanti tutte le altre variabili socioeconomiche, ad esempio, permetterebbe di isolare l’effetto di tali leggi non solo sui tassi di astensione, ma anche sull’evasione fiscale. Esperimenti di questo tipo contribuirebbero ad arricchire un filone della letteratura economica ancora poco esplorato, che potrebbe comprovare o, nel caso, smentire le affermazioni del direttore delle Entrate.

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Il Punto

  1. Savino

    Il proporzionale è la legge dell’eterna instabilità e gli italiani vogliono solo contrattare il proprio dovere di pagare le tasse con un manipolo di persone, detentori di pacchetti di voti, che fanno e disfano Governi e si spostano di qua e di là coi giochi delle correnti ad un partito di centro o col trasformismo. La base per la migliore legge elettorale possibile si chiamava Mattarellum, a fronte anche dell’importanza della personalità che l’aveva formulata.

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