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Per un fisco più giusto tassare il capitale

Nuove stime mostrano che il sistema fiscale italiano è ancora più regressivo nella parte alta della distribuzione del reddito di quanto misurato in precedenza. Tassare di più il capitale porterebbe ingenti risorse, con una riduzione delle disuguaglianze.

Le tasse dei più abbienti

L’articolo 53 della Costituzione Italiana richiama la progressività come principio cardine del sistema fiscale. Tuttavia, in Italia e in molte altre economie avanzate, il sistema fiscale risulta regressivo per i contribuenti più ricchi, che, considerando l’insieme delle tasse e delle imposte, sia dirette che indirette, pagano aliquote effettive più basse rispetto al resto della popolazione. In altre parole, la percentuale del reddito complessivo che viene effettivamente versata allo stato sotto forma di tasse si riduce per i redditi più elevati.

Un fattore chiave di questa regressività è la predominanza dei redditi da capitale (come rendite finanziarie, affitti e altri rendimenti su investimenti) per i contribuenti più abbienti, che abbassano il loro carico fiscale complessivo. Nel nostro studio più recente, ci siamo concentrati su questi redditi per identificare possibili correttivi all’attuale sistema fiscale. Grazie alle nuove stime della Banca d’Italia sulla distribuzione della ricchezza, i Distributional Wealth Accounts pubblicati a inizio 2024, abbiamo aggiornato le nostre analisi, ottenendo risultati più precisi sulla distribuzione dei redditi e indicando la direzione di possibili riforme per migliorare l’equità del sistema fiscale italiano.

Una nuova distribuzione di redditi da capitale e rendimenti

Il nostro studio fornisce nuove stime sull’eterogeneità dei rendimenti sulla ricchezza in Italia, evidenziando come gli individui più ricchi ottengano rendimenti superiori rispetto ai meno abbienti. In particolare, il rendimento medio sui patrimoni cresce tra il 2 e il 3 per cento annuo per il 90 per cento più povero, mentre per il top 10 per cento aumenta significativamente, fino a raggiungere il 5 per cento per lo 0,1 per cento più ricco della popolazione (figura 1).

Figura 1 – Eterogeneità dei rendimenti sul patrimonio in Italia

Nota: stime a confronto tra i rendimenti impliciti lungo la distribuzione della ricchezza dal nostro precedente studio Guzzardi et al. 2023 (in blu) e le nuove stime utilizzando la distribuzione dei DWA di Banca d’Italia (in rosso)

Oltre a migliorare le precedenti stime sulla distribuzione del reddito, che sottostimavano la concentrazione dei redditi da capitale, il nuovo risultato mostra che la regressività del sistema fiscale italiano è maggiore di quanto trovato nel nostro precedente studio, coinvolgendo, in media, i redditi superiori ai 76mila euro, corrispondenti al top 7 per cento.

Correggere la regressività con un modello di tassazione ottimale

Abbiamo quindi studiato possibili soluzioni per correggere la regressività simulando scenari alternativi di riforme fiscali basati sui modelli di tassazione ottimale elaborati da Emmanuel Saez e Stephanie Stantcheva (2018). Con un’ampia gamma di ipotesi sulle risposte comportamentali dei contribuenti, ossia l’effetto di riduzione del reddito dichiarato di fronte a un aumento delle aliquote applicate, troviamo rilevanti potenziali incrementi di gettito fiscale e considerevoli riduzioni della disuguaglianza di reddito.

Figura 2 – Aliquota fiscale media effettiva del sistema attuale (in blu)

Nota: aliquote fiscali applicate sul top 7 per cento della distribuzione del reddito nei vari scenari ipotetici considerati: tassazione ottimale unificata per i redditi da lavoro e capitale (in verde), riforma delle aliquote ottimale differenziate su lavoro e sul capitale (in viola) e riforma specifica della tassazione ottimale dei soli redditi da capitale (in arancione). In Dalle Luche et al. (2024) è presente una descrizione di altri scenari.

Sono stati considerati tre diversi scenari, riportati in figura 2: (i) una riforma con un sistema di tassazione unificato per i redditi da lavoro e da capitale; (ii) l’introduzione di imposte differenziate su lavoro e redditi da capitale (secondo i principi della tassazione ottimale), con aliquote marginali sui redditi da lavoro che aumentano gradualmente fino al 60 per cento e sui redditi da capitale che raggiungono un’aliquota ottimale del 60 per cento per il top 7 per cento; (iii) interventi mirati esclusivamente alla tassazione ottimale del reddito da capitale. In tutti e tre gli scenari, l’aliquota media effettiva per i contribuenti più ricchi arriverebbe fino al 60 per cento per il top 0,1 per cento.

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La maggiore progressività consentirebbe di incrementare il gettito complessivo tra il 5,4 e il 7,12 per cento, tenendo conto della possibile riduzione della base imponibile dovuta al cambiamento nei comportamenti fiscali dei contribuenti. In tutti gli scenari si osserverebbe inoltre una riduzione delle disuguaglianze, con un incremento dell’indice di Reynolds-Smolensky compreso tra +0,03 e +0,04, a seconda dello scenario considerato.

Una patrimoniale mirata per i contribuenti più abbienti

Una riforma del sistema di tassazione del capitale in Italia può avvenire anche attraverso la tassazione del patrimonio. Infatti, gli individui più ricchi possono evitare più facilmente le imposte sul reddito attraverso la pianificazione fiscale, il trasferimento e il rinvio indefinito dei loro guadagni. Inoltre, essendo più difficile da manipolare rispetto al reddito, e visti i progressi nella tassazione dei flussi di ricchezza offshore e le possibili ulteriori estensioni dello scambio automatico di informazioni tra le amministrazioni fiscali, la ricchezza è stata recentemente proposta come base per progettare un’imposta minima mondiale sui più ricchi durante il G20 a Rio de Janeiro, proposta discussa recentemente anche dal Financial Times.

In linea con i recenti sviluppi della letteratura economica e del dibattito internazionale, mostriamo che si possono ottenere gli stessi risultati dell’ultimo scenario introducendo modeste aliquote patrimoniali al 7 per cento più ricco degli italiani. Queste aliquote, applicate sulla totalità del patrimonio netto (comprendente attività finanziarie e reali, abitazioni, partecipazioni in imprese quotate e non quotate, depositi e altri investimenti finanziari), variano dallo 0,2 per cento su patrimoni netti superiori a 450 mila euro all’1,3 per cento per quelli oltre i 15 milioni. Tali aliquote sono relativamente basse anche se confrontate con la quota di patrimonio altamente liquido (azioni quotate, assicurazioni sulla vita, titoli di debito, depositi e fondi di investimento) detenuto dal top 7 per cento, che si aggira intorno al 40 per cento.

Le ipotesi vanno considerate come delle direzioni di riforma, più che interventi attuabili nel breve periodo. In questa prospettiva, appare preferibile concentrare la tassazione del capitale solo sui patrimoni molto elevati, partendo quindi dal top 1 per cento della distribuzione della ricchezza. Applicando le aliquote effettive ottimali dell’1,3 per cento solo sul top 1 per cento della distribuzione del patrimonio (500 mila italiani che detengono almeno 2 milioni di euro) si otterrebbe un gettito addizionale di circa 26 miliardi di euro. Inoltre, focalizzandosi solo sul top 0,1 per cento (i 50 mila individui più ricchi del paese, con patrimoni medi di oltre i 15 milioni di euro) si otterrebbe un gettito di quasi 12 miliardi (figura 3).

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Figura 3 – Gettito addizionale di una eventuale imposta patrimoniale

Nota: gettito addizionale a seguito di un’imposta patrimoniale effettiva dell’1,3% concentrata solo su patrimoni medi oltre i 2 milioni di euro (top 1%) oltre i 15 milioni di euro (top 0,1%), sui miliardari (top 0,0001%), e sui miliardari ma con un’imposta patrimoniale effettiva del 2% come proposto nel rapporto per il G20
Fonte: Zucman, 2024.
 

Infine, basandoci sui dati Forbes 2022 sui miliardari residenti in Italia, stimiamo il gettito di una patrimoniale applicata solo ai miliardari, che rappresentano lo 0,0001 per cento più ricco degli italiani adulti, in linea con il rapporto presentato al G20. Applicando l’aliquota del 1,3 per cento indicata dal modello di tassazione ottimale ai 49 miliardari residenti in Italia nel 2022 (con un patrimonio personale medio di 3,2 miliardi), si otterrebbe un gettito addizionale di 2 miliardi. Aumentando l’aliquota effettiva al 2 per cento applicando la proposta di Zucman (2024) al G20, si otterrebbe un gettito addizionale di 3,1 miliardi (figura 3).

Queste stime tengono conto della reazione dei contribuenti attraverso un parametro di elasticità pari al 40 per cento. Nella letteratura economica contemporanea questo parametro incorpora sia effetti reali (quindi una riduzione del lavoro o dell’investimento), sia effetti puramente dichiarativi (quindi fenomeni elusivi o evasivi). Ovviamente è possibile che ulteriori difficoltà si pongano dal lato amministrativo, perché l’applicazione di queste imposte richiederebbe di ricostruire il patrimonio finanziario complessivo onde applicarle solo alla parte più alta della distribuzione, nonché sul piano della fattibilità politica, considerando che i contribuenti incisi dall’imposta hanno presumibilmente un notevole potere di influenza sull’opinione pubblica e sui governi.

Tenendo in considerazione queste ulteriori variabili è possibile che le stime di gettito precedentemente fornite si riducano, ma rimane a nostro avviso chiaro il segno fortemente redistributivo di una riforma che va nella direzione indicata dai modelli di tassazione ottimale dei redditi da capitale o del patrimonio: anche considerando la reazione dei contribuenti, questo tipo di riforme possono contribuire a correggere la regressività al top del sistema fiscale italiano e quindi a ridurre la disuguaglianza permettendo un consistente aumento del gettito fiscale. Tali risorse potrebbero essere impiegate per ridurre la pressione fiscale per il 93 per cento dei contribuenti o, a parità di pressione fiscale, per aumentare la spesa per sanità, istruzione, università e gli investimenti pubblici. È quindi fondamentale cambiare la narrazione sulle riforme fiscali in Italia, spesso percepite come dannose per la classe media, mentre in realtà si potrebbe spostare il carico fiscale sui cittadini più ricchi che oggi contribuiscono, in proporzione, meno del resto dei contribuenti.

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12 commenti

  1. Riccardo Ardigò

    L’articolo è interessante ma tralascia di approfondire due temi che nel sistema fiscale italiano appaiono macroscopici. Il primo è quello dell’evasione fiscale e della base imponibile non oggetto di tassazione. La dimensione del fenomeno è talmente rilevante che le statistiche a cui l’articolo fa riferimento sono spesso poco significative. Il secondo è che nel sistema fiscale italiano di fatto manca la capacità di ipotizzare una vera tassazione sulle successioni. Se utilizzata per diminuire il carico della tassazione sui redditi aiuterebbe la crescita a dispetto dei citati rentiers. E’ la forma di tassazione patrimoniale più equa e più funzionale alla crescita di una comunità

  2. Henri Schmit

    Vogliamo che dopo i giovani laureati scappino pure i capitali? Il capitale è estremamente mobile. Le persone meno, ma pure.

    Diversa una tassazione patrimoniale da quella dei rendimenti.

    Molto meglio tassare i redditi più alti, chiudendo alcune lacune.

    E tassare le successioni invece dei patrimoni, se possibile (> proposta) a livello🇪🇺.

  3. Angelo

    Credo che la soluzione sia una sola: patrimoniale. Se poi i “ricchi” si trasferiranno all’ estero, in paesi dove trovano una tassazione più favorevole ce ne faremo una ragione. Tanto lo fanno già oggi, spero solo che smettano di usare i servizi in Italia, così avrò un risparmio anch’io.

  4. Vittorio Renzi

    Complimenti, uno degli articoli piu’ strutturati e completi che abbia mai letto su questo tema. Non sapevo esistesse “un parametro di elasticità” che tenesse conto di questi controfattori.
    Felice di constatare tanta competenza.

  5. Mauro

    Il raggiungimento di una corretta progressività fiscale è auspicabile. Tuttavia permangono alcuni nodi riflessivi non trattati nell’analisi.
    Il 15% dei contribuenti paga in Italia il 63,4% delle tasse, tra cui i detentori di patrimoni: certo che viviamo in una comunità ma il restante 85% perché deve essere mantenuta da coloro che forse hanno le capacità intellettive, la dedizione e la disciplina per raggiungere i loro obiettivi autonomamente?
    Il calcolo delle imposte è applicato patrimoni, la cui attenzione è rivolta ai patrimoni finanziari. Domanda: è stato considerato che tali patrimoni sono esposti ad oscillazioni e ribassi che possono come nell’anno 2022 non generare ricavi e quindi prelevare l’imposta prevista dal capitale stesso?
    Oltre i dati dell’evasione, abbiamo un alto debito pubblico che è stato creato in buona parte per fare regalie di varia natura per mano di decisioni politiche: perché devono rimediare coloro che si sono costruiti il loro percorso di vita e sono riusciti ad avere successo?
    Questi punti possono essere evidenze di poco conto ma se il sistema fiscale diventasse effettivamente progressivo, i servizi pubblici saprebbero erogare qualità in rapporto ad un aumento di gettito?

  6. Michele Carugi

    Tasse , tasse, tasse. Sempre più necessarie quanto più aumenta l’assistenza (dovuta e arbitraria) che da noi è più che raddoppiata in 15 anni. A questa tara che farebbe pensare a un paese da terzo mondo, mentre gli indicatori su consumi e proprietà dicono il contrario, si aggiunge l’evasione fiscale che inquina qualsiasi ragionamento sulla corretta tassazione, in quanto a essa sfuggono regolarmente redditi reali molto consistenti, con l’aggravante che le irrealistiche dichiarazioni di determinate categorie sono sotto gli occhi di tutti e nessuno fa alcunché.

    Fino a che non verranno risolti questi due problemi, la resistenza alla tassazione (che alla fine va a colpire soprattutto dipendenti e pensionati con buoni redditi in chiaro) è non solo necessaria, ma doverosa.

    Le vostre idee, se malauguratamente applicate, porterebbero al 60 % la tassazione di determinati rediti, mentre altri di analogo valore continuerebbero a ridersela e magari a continuare a ricevere “assistenza”.

    A quando un bell’articolo sulle storture dell’assistenza?

    • francesco mario

      Vogliamo fare una rivoluzione…..eliminiamo il denaro contante.Alternativa ,in attesa della rivoluzione, tutti i fornitori all’ingrosso devono essere pagati solo in modo tracciabile.

      • francesco mario

        Intercettazione nell’inchiesta in una asl pugliese di uno degli indagati ;In casa troppi contanti, come li spendiamo? Dimostrazione che se i sindacati…..fossero seri pretenderebbero una seria riduzione del contante circolante, e magicamente (tassisti,ristoratori,idraulici,ecc.) avrebbero dichiarazione dei redditi reali e sarebbero risolti molti problemi.La verità che i nostri politici…parte in causa ? preferiscono questo andazzo e non vogliono affrontare i problemi-

  7. Marco

    Capisco che mancano dati perché in Italia c’è il segreto bancario e quindi non si possono incrociare i dati dei redditi finanziari con i redditi presenti nella dichiarazione dei redditi, ma chi ha solo redditi di capitale o affitti con il sistema attuale sono trattati fiscalmente peggio degli incapienti e tralascio l’impatto dell’imposta di bollo e dell’Imu. Ad esempio un incapiente come un precario che guadagna in un euro 5.000 oltre a non pagare Irpef dal 2025 ha un bonus del 7,1% mentre chi possiede lo stesso reddito fatto solo di interessi, con le norme attuali, non si può optare in dichiarazione all’Irpef e scaricare le spese mediche però deve pagare il 26% di ritenuta.
    Si dirà, beato chi vive di rendita, ma in futuro con le pensioni di vecchiaia contributive aventi il requisito dei 71 anni (se non oltre) aumenterà il numero di coloro che vivranno gli anni prima delle pensione, perché non trovano lavoro o si sono licenziati perché non ce la fanno più fisicamente, con i risparmi o affittando la casa dei genitori.

  8. Luciano Maria Munari

    L’articolo è interessante, tuttavia credo che sia meglio puntare sempre solo sulla tassazione dei redditi patrimoniali che dei patrimoni (o si tassa il reddito o si tassa il patrimonio per evitare doppie imposizioni). Inoltre nell’articolo non si tiene in considerazione l’effetto che una modifica della tassazione dei redditi patrimoniali o dei patrimoni potrà avere sulla fuga all’estero dei ricchi verso sistemi fiscali più accomodanti,

  9. Carlo

    Il punto non è se sarebbe più giusto e più equo tassare i patrimoni e/o tassare di più i redditi da capitale.
    Il punto è se funzionerebbe.

    Molta evidenza empirica sembra suggerire di no, per il semplice motivo che le persone che ricavano grandi guadagni dal proprio capitale sono anche le più mobili. Una persona che guadagna €100,000 dal lavoro e €10,000 da redditi di capitale non sarà contento ma non gli sarà facile trovare un lavoro paragonabile in un paese con tassazione più bassa – cosa che è invece molto più facile per chi campa di rendita o quasi.

    Il fiscalista inglese Dan Neidle ha spiegato molto chiaramente, anche sul Financial Times https://www.ft.com/content/1ed71bcb-e350-45ba-b1e1-fe9f8c3e370b , che proprio per questi motivi una patrimoniale non funzionerebbe. In Spagna ha racimolato spiccioli (circa €600m), mentre in Francia ha causato una perdita di gettito a causa di tutti i contribuenti che hanno lasciato il paese.

    Se gli autori hanno motivo di pensare che in Italia sarebbe dievrso, non mi pare l’abbiano dimostrato

  10. nicola

    Redditi di capitale realizzati da risultati di iniziative in cui si è creduto che han prodotto profitti a loro volta tassati .
    dato 100 il profitto e sottratto 24 ( IRES ) e circa 4 (iRAP) resta 72 che attribuito all’investitore sconta il 26 di ritenuta (18,72) donando quindi un reddito spendibile di 53,28. Questa tipologia di reddito da 0 a infinito sconta sempre il 46,72% di imposizione erariale che si contrappone alla giusta progressività costituzionale .
    Il dramma è dell’altro il cui esito finale sono le tabelle della soglia di povertà e quelle di povertà assoluta ben superiori al reddito spendibile dei lavoratori italiani, la cui origine si colloca sul primo scaglione IRPEF , sia come aliquota che entità e sul correlato contributivo .
    Comparardo le dinamiche economiche tra il periodo del boom economico italiano fino ad oggi fa esaltare che all’incremento della tassazione, dell’isteria amministrativa e dei controlli, si deprime il delta di incremento del prodotto interno lordo .
    Mi faccio sempre la stessa domanda : ma dove va a finire tutta questa sottrazione di benessere alla collettività ? I troppi soldi sono spesi male.

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