I mercati finanziari americani, così come quelli delle scommesse, avevano anticipato la vittoria di Trump. Come in altre occasioni, sono rimasti inascoltati. Ma i mercati delle previsioni non sono Cassandre, sono fonti di informazioni sempre più precise.
Le difficoltà dei sondaggi politici
Ancora una volta la capacità dei mercati di prevedere la vittoria elettorale di Donald Trump si è dimostrata superiore a quella dei sondaggi, dei modelli, dei commentatori e dei politologi. Vale sia per i mercati finanziari sia quelli delle scommesse elettorali. Cassandre troppe volte inascoltate.
Da settimane i cosiddetti prediction markets, come Polymarket, Predict o Kalhi, dove dai tempi di Abraham Lincoln gli americani scommettono su qualunque sport come sull’esito delle elezioni, davano la vittoria di Trump come schiacciante. Al contrario di quanto indicava la maggior parte dei modelli, quali quelli dell’Ecomomist e Silver Bulletin o le quasi mille indagini nazionali condotte da 141 società di sondaggi demoscopici su 800mila intervistati, che mostravano un sostanziale testa a testa fra i due candidati (figura 1).
La differenza era così marcata che qualche commentatore aveva ipotizzato che i mercati fossero stati manipolati al fine di favorire il candidato repubblicano. In realtà, esiste una vasta letteratura scientifica che mostra come i mercati delle scommesse elettorali molto spesso forniscono risultati relativamente accurati, probabilmente perché gli scommettitori che li alimentano hanno maggiori capacità professionali e rischiano il loro denaro. Hanno anche il grande vantaggio di aggiornarsi in tempo reale al succedersi degli eventi.
Dai primi sondaggi fatti da George Gallup nel 1936, oggi sempre più spesso, le indagini demoscopiche avvengono on-line o attraverso messaggistica istantanea, con campioni non significativi e intervistati distratti. Tutto questo ha eroso la loro significatività, come si è visto nelle ultime due elezioni americane o nel caso del referendum sulla Brexit.
Figura 1 – Probabilità di vittoria di Trump secondo i mercati di previsione e i modelli basati su sondaggi
Cosa è successo sui mercati finanziari
Anche i mercati finanziari sembrano aver anticipato in maniera abbastanza precisa la vittoria di Trump. Particolarmente evidente è il caso dei titoli di Stato americani. Da metà settembre, quando è sembrato esaurirsi l’effetto novità della candidatura di Kamala Harris e le luci della nomination si erano oramai spente, i tassi sui Treasury a dieci anni hanno iniziato a salire in maniera molto significativa, dal 3,70 al 4,30 per cento. È avvenuto nonostante l’inflazione stesse rapidamente calando e la Fed si apprestasse a ridurre i tassi d’interesse (come ha fatto a ottobre e novembre).
Il mercato, invece, temeva un forte aumento del deficit e del debito pubblico in conseguenza delle promesse elettorali di Trump, che includono forti tagli alla tassazione e sostanziali incrementi alla spesa pubblica. In quei giorni, autorevoli centri di ricerca hanno stimato che il programma del candidato repubblicano, ove realizzato, avrebbe provocato un aumento del debito sul Pil americano dal 97 per cento al 125-160 per cento, valori ben più alti rispetto a quelli ipotizzati per il programma di Harris. I giorni successivi alle elezioni, poi, i tassi si sono mossi in maniera solo marginale, a conferma che la vittoria di Trump era stata quasi interamente anticipata dal mercato.
Figura 2 – Tassi sui titoli del tesoro americani a dieci anni
Pure il tasso di cambio del dollaro rispetto alle principali valute ha conosciuto un significativo rafforzamento dalla fine dell’estate, sulla base di una probabile vittoria di Trump, che avrebbe comportato la fine del processo di disinflazione, della riduzione dei tassi ufficiali e dell’aumento di quelli di mercato. Il cambio euro-dollaro è così passato dal 1,12 di metà settembre all’1,08 del giorno prima delle elezioni, rimanendo poi quasi stabile.
Indicazioni simili si ricavano dall’andamento delle criptovalute, dato l’atteggiamento favorevole più volte ribadito dal presidente eletto a questo genere di attività: il Bitcoin è passato da un valore pari a circa 60 dollari a metà settembre a uno di 70 dollari a ridosso del voto, per poi continuare a crescere anche nei giorni successivi.
Più ambiguo, ma non incompatibile con l’ipotesi di previsione della vittoria di Trump. è l’andamento dei mercati azionari americani. Non perché i principali gli indici non abbiano conosciuto una forte crescita a partire da metà settembre, spinti dalla promessa trumpiana di una riduzione dell’aliquota sui profitti aziendali dal 21 al 15 per cento contro un ripristino di quella del 28 per cento proposto da Harris, ma semplicemente per il fatto i mercati azionari sono in continua ascesa da oltre un anno. E infatti anche dopo il risultato delle elezioni i mercati azionari americani hanno fatto un ulteriore importante balzo in avanti.
La bellissima Cassandra, figlia di Priamo, re di Troia, che ebbe il dono della preveggenza da Apollo, del cui tempio era sacerdotessa, profetizzò terribili sventure, tra cui la caduta della città. Speriamo, allora, che la dimostrata capacità dei mercati di prevedere la vittoria di Trump non sia la premessa per un’altra terribile odissea.
Figura 3 – Indice S&P 500
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Savino
Oggi ci sono Cassandre di mestiere, che si fanno pagare profumatamente per tifare contro il destino del mondo e per tifare a favore dei loro specifici interessi. Trump è il simbolo di una politica e di una democrazia ormai declassate e deteriorate, che non servono più la/alla collettività e il/al sociale, ma solo precise fazioni di potere (neanche tutti i “poteri forti”).
Così, forgiare Musk diventa più importante di educare, curare e nutrire un bambino nato povero, quindi la politica perde ogni significato e ogni sua ragione di esistere. Che possa essere conferito, l’anno prossimo, addirittura un Nobel della pace a questo tipo di consorteria è davvero di uno squallore unico.