Con l’offerta su Banca Generali, Mediobanca si libera della partecipazione in Assicurazioni Generali, in una strategia coerente con l’idea di diventare leader nel private banking e nel risparmio gestito. Ma quali sono i vantaggi per il gruppo assicurativo?

Una partecipazione ormai ingombrante

Ancora una volta il sistema bancario italiano ha sorpreso il mercato e gli operatori finanziari. Mediobanca ha deciso di liberarsi della sua storica partecipazione in Generali, quella che per decenni le ha permesso di guidare le scelte strategiche della più grande compagnia assicurativa italiana. La banca di piazzetta Cuccia, infatti, ha lanciato un’offerta pubblica di scambio (Ops) sulla totalità delle azioni di Banca Generali in cambio non delle sue azioni, come tradizionalmente avviene, ma del 13,1 per cento delle azioni di Assicurazioni Generali in suo possesso. L’operazione del valore di 6,3 miliardi di euro, con un premio sui prezzi di borsa di circa l’11 per cento, dovrebbe permettere al Gruppo Mediobanca di liberarsi di una partecipazione divenuta scomoda e far nascere un leader nel wealth managementcon 210 miliardi di attivi in gestione e 2 miliardi di ricavi. 

Banca Generali è un istituto orientato prevalentemente alla consulenza e alla gestione finanziaria del patrimonio delle famiglie italiane. La società amministra 102 miliardi di euro, grazie a una rete di oltre 2.300 consulenti, ed è presente in tutto il territorio italiano con 45 filiali e 142 agenzie. È quotata alla Borsa di Milano, dove il suo principale azionista sono le Assicurazioni Generali che detengono il 50,2 per cento del capitale, mentre il rimanente 49,8 per cento è in mano al mercato. l’istituto ben si integra quindi con la strategia di Mediobanca, che punta a diventare leader nel private banking e nel risparmio gestito, oltre che nell’investment banking

Dato che i manager di Assicurazioni Generali sono stati fortemente voluti da Mediobanca durante l’assemblea del 24 aprile, è probabile che l’Ops sia di natura non ostile, se non amichevole. In altri termini, è probabile che sia stata concordata o almeno discussa preventivamente fra gli amministratori delle due società, Alberto Nagel e Philippe Donnet. Non è tuttavia chiaro se alla fine il consiglio di Generali, nominato grazie ai voti determinanti di Mediobanca, vorrà continuare a mantenere la maggioranza della Banca; è più probabile che questa passi invece nelle mani di Mediobanca, come auspica il comunicato stampa che parla di Ops totalitaria e di forti sinergie, pari a 300 milioni di euro, ottenuti in gran parte da una riduzione dei costi, anche di funding.

L’operazione permetterà a Mediobanca di liberarsi di una partecipazione remunerativa e prestigiosa, ma divenuta sempre più ingombrante. Rispetto alle poche sinergie operative, ha certamente contribuito a convincere alcuni azionisti di Generali, leggi Caltagirone e Del Vecchio, a muoversi, assieme al Tesoro italiano e al management di Monte dei Paschi di Siena, contro la banca milanese attraverso una Ops. Ora è probabile che la mossa di Generali non fermerà Luigi Lovaglio, amministratore delegato di Mps, che ha sempre dichiarato che l’operazione è importante per le sinergie che potrebbe generare. Certamente però rischia di farla diventare meno strategica per alcuni dei suoi soci.

Ciò che è sicuro è che, se l’operazione riuscisse, come è ampiamente probabile, Generali perderebbe il suo azionista di riferimento. La società diventerebbe sempre di più una public company con alcuni azionisti rilevanti. In primo luogo il Gruppo Del Vecchio (9,93 per cento) e il Gruppo Caltagirone (6,92 per cento), che si sono a lungo confrontati con Mediobanca, ma anche il Gruppo Benetton (4,80 per cento) e Unicredit (6,7 per cento). Quest’ultima ha sempre dichiarato, senza mai convincere troppo gli analisti, che l’investimento in Generali era puramente finanziario. Ora si troverà a essere l’unico socio con un potenziale interesse industriale. Unicredit, infatti, a differenza di Banca Intesa, non ha una sua compagnia assicurativa ma solo una joint venture paritetica con Allianz, che ora ha dichiarato di voler consolidare nel ramo vita.

Se poi Assicurazioni Generali dovesse cedere tutta la sua quota in Banca Generali otterrebbe azioni proprie per un valore di 3,4 miliardi, con le quali potrebbe fare una sorta di buyback o dovrebbe cercarsi un “nuovo” azionista a cui collocare i titoli ricevuti.    

Un terzo polo ancora da costruire

Rimane allora da capire che interesse potrebbe avere Assicurazioni Generali nell’aderire allo scambio d’azioni proposto da Mediobanca. Fra altro, in questo momento il gruppo assicurativo sta cercando di costruire con Natixis una controversa joint venture che dovrebbe diventare leader europeo nel campo del risparmio gestito, e da cui Banca Generali è rimasta provvidenzialmente fuori. Così il mercato sembra punire il management di Generali, forse perché incapace di opporre una credibile resistenza, neppure in termini di prezzo, all’offerta di Mediobanca.  

Insomma, la foresta pietrificata è diventata una giungla piena di sorprese, che certamente non sono finite. Anche se tutte le operazioni promosse in questo periodo andassero in porto – e si tratta sempre di azioni contro azioni, cioè carta contro carta – un vero terzo polo bancario è ancora tutto da costruire, giacché la fusione fra (Mediocredito o) Mediobanca e Mps non può ancora definirsi tale. Bisognerà poi trovare un assetto azionario più stabile per Generali.

In un’epoca in cui i governi, anche grazie agli esempi cinesi e americani, hanno assunto una accresciuta centralità nelle questioni economiche, l’esecutivo italiano continuerà a voler dire la sua. L’utilizzo garibaldino della golden power sull’operazione Unicredit- Banco Bpm, dove sono stati imposti paletti molto pesanti, ne è una prova.

Cari liberisti, mettetevi il cuore in pace. Speriamo solo che il pragmatismo e il buon senso prevalgano. Ovvero come dicevano i latini “consilio et prudentia vincitur”.

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