L’Iva è uno strumento cruciale per le entrate fiscali degli stati europei. Nella Ue si registrano però varie forme di evasione e frodi, anche se dare numeri precisi sul valore complessivo è difficile. Quali sono gli strumenti per contrastare il fenomeno.

L’importanza dell’Iva e l’evasione nella Ue

L’Iva è un pilastro fondamentale della finanza pubblica. Ad esempio, in Italia, l’imposta rappresenta circa il 16 per cento delle entrate da tributi e contributi. Le cifre sono simili per gli altri paesi dell’Unione europea.

L’importanza dell’Iva come strumento fiscale e come parte integrante del budget pubblico è tuttavia minacciata dalle opportunità di commettere frode ed evasione fiscale, sfruttate da chi ha intenti criminali. Conoscere a fondo il fenomeno e le misure adottate per contrastarlo sono questioni di rilievo nel dibattito pubblico, come dimostrano alcuni report recenti della Commissione europea.

Naturalmente, sul fenomeno non esistono dati precisi, ma solo stime. Quelle attuali indicano che ogni anno si froda l’Iva per un minimo di 1,3 miliardi di euro fino a un massimo di 93,5 miliardi per tutta l’Ue. La forbice tra i due numeri dimostra la grande incertezza che regna attorno al valore del fenomeno. Lo stesso vale per le stime a livello del singolo stato membro, dove si va dai 30 milioni indicati per il Belgio ai 14 miliardi della Germania.

Come funziona la frode carosello

Un esempio rilevante di evasione dell’Iva all’interno della Ue è la cosiddetta frode carosello, perpetrata da società fraudolente, definite società “cartiere”. Queste società importano beni da un altro paese Ue e quindi, secondo le norme europee basate sul principio di destinazione, non pagano l’Iva a monte. Questo però è in contrasto con l’applicazione dell’imposta all’interno del singolo paese, dove l’Iva viene addebitata dal venditore a ogni transazione (escluse ovviamente le transazioni esenti).

Le società cartiere rivendono poi i beni nel paese in cui li hanno importati, addebitando e riscuotendo l’Iva dai compratori. Dopo di che spariscono senza lasciare traccia, intascandosi l’Iva così ottenuta e lasciando l’erario a compensare i crediti Iva dei compratori.

L’inversione contabile non è la soluzione definitiva

Lo schema è stato smascherato all’inizio degli anni Duemila. Poiché riguarda soprattutto beni facili da trasportare e di alto valore, per contrastarlo la Commissione europea e gli stati membri hanno deciso di ricorrere al meccanismo dell’inversione contabile nella compravendita di alcuni beni e servizi, come stabilito nella direttiva 2006/112/Ce relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto.

In poche parole, l’inversione contabile implica che il compratore, e non il venditore, sia responsabile del versamento dell’Iva all’erario. In questo modo, l’importatore fraudolento non potrà più riscuotere l’imposta dal compratore e sparire con essa.

In un nostro lavoro recente, che utilizza dati bilaterali sul commercio internazionale all’interno della Ue, mostriamo che l’inversione contabile ha chiaramente avuto un ruolo nel ridurre la frode carosello nell’Unione. Tuttavia, dai nostri calcoli, l’ammontare della frode si allontana molto dalle stime precedenti, la cui mediana si aggirava attorno al 3 per cento delle entrate Iva. Inoltre, una semplice stima di costi e benefici dell’inversione contabile mostra come le due dimensioni più o meno si equivalgano.

Verso nuove regole del gioco

Alla domanda se l’inversione contabile è l’arma definitiva per combattere la frode Iva, la risposta è “probabilmente no”. Infatti, un altro lavoro dimostra che la frode carosello può semplicemente spostarsi in altri paesi. Se l’inversione contabile copre solo alcuni prodotti e servizi e ogni paese può decidere se e quando applicarla, le società cartiere hanno l’opportunità di spostare la loro attività fraudolenta nei paesi che non l’hanno ancora adottata; oppure possono cambiare categoria di prodotti su cui ripetere lo schema fraudolento. In più, con l’inversione contabile viene a mancare il graduale addebitamento e il versamento dell’Iva lungo la filiera di approvvigionamento. Quindi, almeno da un punto di vista teorico, questa soluzione può aggravare l’evasione Iva a livello delle vendite al consumatore finale, dove ora si concentra tutta la riscossione dell’imposta.

Nella sua applicazione sporadica e non coordinata tra gli stati membri, l’inversione contabile non pare quindi una soluzione definitiva al problema della frode Iva nella Ue. Appaiono invece più promettenti la digitalizzazione dei pagamenti e delle ricevute e lo scambio coordinato e immediato di informazioni tra gli stati membri. Queste misure aumentano la disponibilità di informazioni in tempo reale per le autorità fiscali, rispetto ad esempio all’uso del contante e delle ricevute cartacee. In questo modo, si rafforza il tracciamento delle transazioni alla frontiera e si rendono più efficaci le segnalazioni di terzi, due aspetti che nel sistema attuale rappresentano una debolezza sfruttata dalle frodi carosello.

Peraltro, è la direzione che la Ue ha preso con l’adozione del pacchetto Vida (Iva nell’era digitale). All’orizzonte si profilano sviluppi cruciali: presto i dati ci diranno se Vida può davvero cambiare le regole del gioco contro la frode fiscale.

* Le opinioni espresse in questo articolo sono quelle degli autori e non riflettono necessariamente quelle della Banca Nazionale Svizzera.

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