L’acquisizione della tedesca ProSiebenSat.1 è per Mediaset un’operazione perseguita a lungo e cruciale. Perché nel mercato pubblicitario la concorrenza alla tv generalista arriva ora anche da piattaforme di condivisione video, social media e videogiochi. 

Cologno Monzese “conquista” la Germania

Dal 4 settembre Mediaset/MediaForEurope (MFE) ha acquisito il pieno controllo, con oltre il 75 per cento delle azioni, di ProSiebenSat.1, una delle due più importanti emittenti commerciali tedesche. Si realizza così un obiettivo perseguito a lungo e con tenacia, tra mille ostacoli e difficoltà, il “sogno” – come lo ha definito lo stesso Pier Silvio Berlusconi – iniziato nell’ormai lontano 2019, di creare il più importante gruppo televisivo privato del continente, con 12mila dipendenti e un bacino di 300 milioni di telespettatori tra Italia, Spagna, Germania, Austria e Svizzera. 

MFE diventa così il secondo operatore europeo nel settore della pubblicità video (fonte Osservatorio europeo dell’Audiovisivo) – in chiave strategica è forse questo il risultato più importante -, dietro solo a YouTube (Alphabet) e davanti a un colosso come Meta (Facebook, Instagram), dimostrando come la strategia di Cologno Monzese sia quella di creare un soggetto europeo forte, in grado di contrastare i giganti americani in un momento di grande trasformazione del settore audiovisivo.

Un mondo che cambia

Per comprenderlo, basta osservare quanto è successo solo negli ultimi due mesi. Ad aprire le danze, a fine giugno, sono state Netflix e Tf1 (la Mediaset francese). Hanno annunciato uno storico accordo di distribuzione che porterà i contenuti live e on-demand della prima e più importante emittente francese agli abbonati del più popolare servizio di video on demand al mondo (oltre 300 milioni di abbonati). L’accordo include i contenuti dei canali in chiaro di TF1 e di altri del digitale terrestre, oltre che della piattaforma di streaming TF1+, e rappresenta una prima mondiale: Netflix incorpora canali lineari in diretta di terze parti sul suo servizio puntando sempre più, come già approfondito, sul coinvolgimento e sulla fidelizzazione piuttosto che sui soli abbonati.

Per Tf1, l’ampia diffusione di Netflix offre l’opportunità di estendere la propria visibilità nel mondo digitale, rivolgendosi a fasce demografiche più giovani che sono meno propense a impegnarsi con la televisione lineare generalista e i suoi contenuti, come dimostra quel 22 per cento dei consumatori francesi che utilizzano Netflix, ma non guardano i canali di Tf1. 

Nel volgere di due settimane, analoghi accordi sono poi stati sottoscritti tra emittenti tv in chiaro e streamer, sempre in Francia, tra il servizio pubblico France Télévision e Amazon Prime Video, e nel Regno Unito tra Itv (la Mediaset inglese) e Disney.

In Germania, negli stessi giorni, il gruppo Bertelsmann che possiede l’altra grande tv in chiaro, Rtl, ha acquisito la pay tv Sky Deutschland (del gruppo Comcast, lo stesso di Sky Italia), nel tentativo di integrare orizzontalmente le attività della tv in chiaro con quelle a pagamento, con l’obiettivo, che per certi versi ricalca quello di MFE, di creare un’alternativa credibile, anche se limitata al territorio tedesco, alle sempre più popolari piattaforme globali di streaming.

Ricordare quanto accaduto in un lasso di tempo così limitato ci aiuta a definire meglio il contesto e le sfide che attendono MFE, al termine di un’operazione che ha comportato l’esborso di circa 500 milioni di euro, a cui si aggiungono i 2 miliardi di euro di debiti pregressi accumulati dalla società. Operazione molto dispendiosa, resa possibile dalla linea di credito ottenuta dalle banche nei mesi scorsi di 3,4 miliardi di euro.

Il nuovo campo di gioco

Quali prospettive e quali scenari si aprono dunque ora davanti a MFE? Se per un verso c’è la convinzione – da parte della società – di poter sfruttare le possibili sinergie ed economie di scala, stimate fino a un massimo di 400 milioni di euro entro il 2029, è soprattutto sul piano strategico che va misurata la sostenibilità dell’operazione: la creazione di un grande polo televisivo europeo come condizione essenziale per poter competere nel nuovo ecosistema digitale, in particolare nel mercato pubblicitario, dove Mediaset può sfruttare la sua competenza ed esperienza per ampliare il suo bacino d’utenza e aumentare la sua influenza in ambito europeo.

Accade nel momento in cui è l’intero mondo del video che si sta spostando su questo terreno, diventando il volano per lo sviluppo del nuovo e ben più vasto ecosistema digitale. Infatti, tutti le piattaforme di streaming, Netflix per primo, offrono ormai servizi finanziati in tutto o in parte dalla pubblicità, e YouTube e i social media (specialmente TikTok e Facebook) traggono da questa risorsa la quasi totalità dei loro ricavi. In una competizione che diventa a tutto campo, i tradizionali operatori televisivi lineari come MFE/Mediaset non competono dunque più soltanto con i servizi di video on demand (come Netflix, Disney+, Amazon Prime Video, Apple+), ma anche e sempre più con le piattaforme internet di condivisione video (YouTube), i social media e i videogiochi. 

La competizione è definitivamente per la conquista del tempo del consumatore, la vera risorsa scarsa per poter avere successo nel cosiddetto mercato dell’attenzione, accrescendo in questo modo la complessità e la reciproca interdipendenza tra quelli che un tempo erano mercati distinti.

Accordi e alleanze o consolidamento?

Sul tavolo si contrappongono per il momento due diverse strategie da parte dei broadcaster in chiaro: accordi e alleanze con gli streamer da un lato, integrazioni e consolidamento dall’altro. Se in Francia e nel Regno Unito le grandi tv generaliste sembrano percorrere la prima strada, l’Italia e la Germania sembrano muoversi nella direzione opposta, sfidando a viso aperto i grandi players americani.

D’altro canto, le due opposte strategie costituiscono una barriera a un possibile ulteriore processo di consolidamento a livello europeo, nel momento in cui queste alleanze – Itv con Disney e Tf1 e FT con Netflix e Amazon – rendono più complicati possibili accordi o fusioni con MFE che, come Rtl, persegue strategie del tutto diverse. 

I prossimi mesi ci diranno se l’operazione così pervicacemente perseguita da Mediaset produrrà i risultati attesi. Sono evidenti i rischi che l’azienda si è presa (a cominciare dall’ingente debito che si è accollata), ma per la società guidata da Pier Silvio Berlusconi in definitiva si trattava di decidere se continuare a essere protagonista nel settore televisivo, rimanendo rilevante anche nell’era dello streaming, o condannarsi alla marginalità per poi scomparire. 

L’unica certezza è che se nel 2019 l’acquisizione di ProSiebenSat.1 aveva tutti i presupposti per avere successo, sei anni dopo, in un contesto completamente mutato, il risultato non è più scontato.

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