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Cosa c’è dietro la crisi di Netflix

Superata da Disney per numero di abbonati, Netflix apre alla pubblicità. La decisione è conseguenza di una svolta nel mercato: la competizione non è più solo sulla disponibilità di spesa, ma sulla capacità di catturare l’attenzione del consumatore.

L’estate dello streaming

Un’estate particolarmente vivace e ricca di novità ha caratterizzato il mondo dello streaming, con un grande processo di rimescolamento e trasformazione. Così, se da un lato continuano i nuovi ingressi nel mercato italiano – il 15 settembre ha fatto il suo esordio Paramount+ – è pur vero che il tema che ha appassionato gli addetti ai lavori in questo periodo è la “crisi di Netflix”, con il sorpasso di Disney avvenuto alla fine di giugno e la storica decisione della società di Los Gatos di fare ricorso, per la prima volta, alla pubblicità, per finanziare i propri servizi (serie e film).

Ma procediamo con ordine.

I servizi streaming a pagamento: un mercato maturo

Se già da tempo negli Stati Uniti e nel Nord Europa il video on demand a pagamento (Subscription Video on Demand, o Svod, modello Netflix) ha sostituito la tradizionale pay-tv (modello Sky), nel resto d’Europa, Italia inclusa, il settore ha subìto una forte accelerazione a causa della pandemia, che ha portato a un aumento vertiginoso del consumo di media in streaming e al raddoppio in meno di tre anni del numero di famiglie che accedono ai servizi, grazie anche al coinvolgimento di una parte della popolazione meno giovane, in passato più resistente all’uso della tecnologia digitale: si è così arrivati a coinvolgere oltre 11 milioni di abitazioni, rispetto ai 5,9 milioni del 2019.

Tutto ciò ha favorito un riallineamento ai mercati leader, determinando, anche da noi, come nel resto del Vecchio Continente, un nuovo fenomeno, tipico dei mercati maturi, caratterizzato dalla stabilizzazione degli abbonati e dalla crescita del tasso di abbandono (churn rate). ITMedia Consulting stima che, alla fine del 2022, in Europa vi sarà una drastica riduzione della crescita, in un settore che ha ormai raggiunto i 14 miliardi di euro, scendendo in un solo anno a un tasso del 7 per cento, rispetto al 25 per cento del 2021. 

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In una prospettiva non più remota, tutto ciò rischia di alterare le dinamiche del mercato così come le abbiamo conosciute finora, basate su investimenti in produzione sempre crescenti: solo la prima serie del recentissimo Il signore degli anelli: Gli anelli del potere di Amazon ha un costo tra acquisto diritti e produzione dell’ordine dei 700 milioni di dollari. E potrebbe imporre ai grandi operatori globali, con un mercato a pagamento che non cresce più alla stessa spettacolare velocità del passato, la necessità di ripiegare su modelli di produzione più sostenibili e su modelli di business, come quelli basati (anche) sulla pubblicità, più efficaci. Alcuni segnali in questo senso si sono manifestati negli ultimi tempi.

La crisi di Netflix e l’arrivo della pubblicità

L’esempio emblematico è Netflix. Il gigante dello Svod, che sembrava essere il leader incontrastato, ha iniziato a rallentare alla fine del 2021 e a perdere abbonati nel primo semestre del 2022 (oltre 1 milione in totale), mettendo così in discussione il proprio primato.

Con meno di 220 milioni di abbonati globali, Netflix è stata scavalcata, a fine giugno, da Disney, che ha superato la soglia dei 221 milioni. Tutto ciò ha spinto la stessa Netflix ad accelerare su un progetto da tempo nel cassetto, legato all’inserimento della pubblicità nella sua offerta di contenuti. Si tratta evidentemente di un evento “traumatico” per un operatore che ha fatto della semplicità e dell’assenza di pubblicità un fondamentale elemento di distinzione.

Proprio per questo motivo le previsioni degli analisti sono molto caute: i ricavi da pubblicità sono indicati come inferiori a quelli di tutti i suoi principali concorrenti, a cominciare da Disney, e, almeno fino al 2025, non in grado di dare frutti consistenti. Secondo Wells Fargo, a quella data vi saranno 272 milioni di abbonati, con circa 100 milioni che accetteranno l’offerta pubblicitaria a prezzi pari a circa un terzo di quelli senza pubblicità e 172 milioni fedeli al modello tradizionale a prezzo leggermente maggiorato rispetto all’attuale.

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Nonostante qualche incertezza sui tempi e i modi in cui la nuova strategia si affermerà, Netflix continua a contare su numeri consistenti, tali da rendere la transizione forse meno complicata di quanto si possa immaginare. Se in termini di abbonati la leadership è in discussione, gli altri fondamentali sono più rassicuranti. I ricavi per abbonato negli Usa continuano a essere intorno a 15 dollari contro i 6 di Disney+, e, nella stagione televisiva 2021-2022, gli spettatori hanno guardato 1,3 mila miliardi di minuti di contenuti su Netflix. La Cbs – seconda – segue a grande distanza con 753 miliardi e la Nbc è al terzo posto con 597. Tra gli streamer, Disney+ si è piazzato al secondo posto con 245 miliardi di minuti, il che significa che le persone hanno trascorso un tempo più di cinque volte superiore a guardare Netflix rispetto a quello trascorso con il suo concorrente più diretto.

Certamente il tutto avviene in una fase meno espansiva, di forte consolidamento e di trasformazione del modello di business Svod, in cui emergono anche nuove abitudini dei consumatori e la crescente importanza della pubblicità per alimentare i nuovi servizi.

Tutti questi fattori avranno sicuramente un forte impatto sul mercato dei contenuti del futuro, aumentando la competizione tra gli operatori non solo sulla disponibilità di spesa, come avvenuto finora, quanto soprattutto sulla capacità di catturare l’attenzione e il tempo del consumatore, il vero grande obiettivo per gli anni a venire.

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  1. Marcello

    Disney e Amazon possono contare, la prima in particolare, su di un catalogo che consente un’esclusiva sui prequel e sequel di film che hanno fatto la storia del’entert. degli ultimi decenni. Quindi mi sembra normale che se voglio seguire Il signore degli anelli o star wars cambi piattaforma. In prospettiva è evidente che la capacità produttiva di Disney soppianterà quella di Netflix, anche per un problema di economie di scala, ben note dalle parti di Hollywood, cosa accadrà quando verranno messi in produzione serie con i supereroi della Marvel? Vorrei solo ricordare che con un solo blockbuster, il primo film di Spider Man, la Sony evitò la bancarotta. Ora quel modello di business è finito e grazie a Netflix, si va verso una nuova era. Meno chiaro è ciò che accadrà ad Amazon Prime, comunque spero ci sia evitato di assistere alla distruzione di un mercato come è accaduto a quello distributivo, con ricavi provenienti da altre divisioni (cloud), da parte di un’azienda che nell’ultimo trimestre ha dichiarato perdite per oltre 2 mld di dollari e in 25 anni non ha mai distribuito utili.

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