Povertà energetica: nessun aiuto da Ecobonus e Superbonus

Gli incentivi fiscali per il risparmio energetico nelle abitazioni hanno ridotto i consumi delle famiglie. Ma hanno fallito sul piano distributivo: ne hanno beneficiato i contribuenti con i redditi più alti e le regioni dove la povertà energetica è bassa.

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Gli obiettivi degli incentivi fiscali

La povertà energetica – intesa come incapacità delle famiglie di accedere a servizi energetici domestici essenziali, come il riscaldamento, il raffrescamento, l’illuminazione e l’uso degli elettrodomestici, a un costo sostenibile – colpisce circa il 9 per cento delle famiglie italiane, secondo gli ultimi dati disponibili dell’Eurostat. Il valore è in linea con la media europea, dove la percentuale varia tra il 2,5 per cento circa per Finlandia e Norvegia e il 19 per cento per Bulgaria e Grecia. La diffusione della povertà energetica in Itala mostra marcate differenze territoriali, con ampie aree del Mezzogiorno particolarmente svantaggiate rispetto alle altre regioni.

Negli ultimi anni, le autorità di governo hanno messo a disposizione generose agevolazioni fiscali per promuovere specificamente l’efficienza energetica degli immobili, in aggiunta a quelle preesistenti per vari interventi di recupero del patrimonio edilizio. Incentivi come l’Ecobonus e il Superbonus 110 per cento hanno movimentato miliardi di euro. Ma quale impatto hanno avuto nel combattere la povertà energetica, che pure è considerata nell’ambito del Pniec (Piano nazionale integrato per l’energia e il clima)?

Un contributo ancora modesto

Secondo le stime Enea, a partire dal 2007 gli interventi incentivati hanno generato un risparmio energetico complessivo annuale superiore a 33.700 GWh, di cui 24.700 GWh/anno attribuibili all’Ecobonus e 9.050 GWh/anno al Superbonus. Tuttavia, solo una quota relativamente bassa degli interventi incentivati ha riguardato l’installazione di impianti fotovoltaici o pompe di calore, che rappresentano tecnologie chiave per la decarbonizzazione del settore edilizio. Il Superbonus, pur prevedendo la possibilità di integrare fonti rinnovabili, è stato utilizzato in gran parte per la sostituzione di caldaie a gas con modelli più efficienti, ma non a emissioni zero.

Chi ha richiesto i bonus fiscali

L’analisi a livello microeconomico evidenzia ulteriori e significative criticità dei bonus: quelle di natura distributiva. Un nostro recente studio, basato sui dati Istat dell’Indagine sui consumi delle famiglie 2022, rivela che gli incentivi non soltanto sono andati in grandissima parte a beneficio dei contribuenti con i redditi più elevati (dando luogo, per questi, a detrazioni Irpef di circa 1,5 miliardi di euro su un totale di quasi 2,2 miliardi nel 2022), ma sono stati anche impiegati prevalentemente nelle regioni dove la povertà energetica risulta meno accentuata.

I dati mostrano chiaramente gli effetti perversi per equità. Basti notare che circa il 50 per cento delle detrazioni totali per interventi nelle abitazioni è stato richiesto da poco più del 10 per cento dei contribuenti più abbienti, caratterizzati da elevati redditi, consistenti patrimoni immobiliari e adeguata capienza fiscale per accedere ai benefici previsti.

Al contrario, le famiglie in condizione di vulnerabilità, tipicamente quelle a basso reddito o in affitto, hanno mostrato tassi di accesso agli incentivi molto ridotti, anche dopo l’introduzione di misure potenzialmente generose, rimanendo quindi di fatto escluse dai generosi benefici fiscali. Le cause sono molteplici e interconnesse: dall’impossibilità di anticipare le spese necessarie per gli interventi alla mancanza di proprietà immobiliare, fino alla scarsa informazione e alla complessità delle procedure burocratiche. Questi ostacoli hanno rappresentato barriere spesso insormontabili proprio per i soggetti le cui abitazioni avrebbero avuto maggior bisogno di efficientamento energetico.

La geografia della povertà energetica e degli interventi di riqualificazione

La rappresentazione grafica della distribuzione regionale della povertà energetica secondo l’indicatore proposto da Ivan Faiella e Luciano Lavecchia offre una fotografia eloquente. I dati utilizzati, riferiti al 2022, mostrano chiaramente come le regioni del Sud (in particolare Calabria, Sicilia e Puglia) presentino i livelli più elevati di povertà energetica, con percentuali che raggiungono e superano il 15 per cento delle famiglie. Le regioni settentrionali, invece, riportano incidenze significativamente inferiori, spesso al di sotto del 5 per cento.

Tuttavia, oltre il 60 per cento delle detrazioni fiscali è stato richiesto da contribuenti residenti nelle regioni settentrionali. Nelle regioni del Mezzogiorno, al contrario, si registrano i livelli più bassi di spesa per interventi di riqualificazione. D’altro canto, la distribuzione del reddito imponibile mostra che le aree con maggiore capacità fiscale sono anche quelle che hanno beneficiato di più degli incentivi.

Figura 1 – Distribuzione regionale (%) delle famiglie in povertà energetica secondo l’indicatore proposto da Faiella e Lavecchia. Anno 2022

Fonte: Oipe (2023), La povertà energetica in Italia nel 2023, Osservatorio italiano sulla povertà energetica, Centro Levi-Cases, Università di Padova.

Figura 2 – Distribuzione regionale della spesa media delle famiglie per interventi edilizi (euro per famiglia). Anno 2022

Fonte: Elaborazioni degli autori sui dati Istat HBS (Households Budget Survey) 2022.

Figura 3 – Distribuzione del reddito imponibile lordo delle famiglie (migliaia di euro per famiglia). Anno 2022

Fonte: ministero dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento delle Finanze – Statistiche sulle dichiarazioni fiscali anno di imposta 2022.

Un ripensamento necessario

I bonus fiscali non sono stati usati nelle situazioni in cui sarebbero stati più efficaci in ragione delle condizioni economiche delle famiglie e della qualità energetica delle abitazioni, mentre hanno amplificato le disuguaglianze territoriali e socioeconomiche esistenti. In vista dell’attuazione della direttiva europea sulla prestazione energetica degli edifici, è necessario aumentare la selettività degli incentivi, per quanto riguarda sia gli interventi agevolabili, sia i beneficiari. In altri paesi europei, come Belgio e Francia, sono stati introdotti criteri di differenziazione dei benefici fiscali in base al reddito dando priorità alle famiglie più vulnerabili. In questa direzione, è fondamentale utilizzare meccanismi di accesso semplificati e meno onerosi rispetto al passato, che riducano le barriere che le famiglie meno abbienti ed energeticamente più povere incontrano nella reale possibilità di beneficiare degli incentivi.

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Quattro grafici sull’eredità

  1. Savino

    La proprietà privata include anche l’onere di pensare all’efficienza energetica con tempestività. Fa specie che la gente voglia essere proprietaria con le stesse caratteristiche di 100 anni fa, senza voler investire per l’efficienza nel corso del tempo. Il vero proprietario è colui che può mantenere costantemente la proprietà.

  2. Il SB era nato per far moneta fiscale non a debito, variante moderna dei miniassegni d’antan (uno dei motivi per cui fu ucciso Aldo Moro, in effetti), e per questo ha stra-funzionato e per questo l’han segato.

    Per migliorare energeticamente serve imporre la classe A e per realizzare questa serve imporre il telelavoro per ogni mestiere da scrivania, perché è impossibile rendere la città compatibile col green new deal, la tecnologia, che definisce ogni epoca, impone piccoli edifici con un po’ di spazio tra loro, casette e capannoni, non palazzoni, telelavoro, non grandi edifici sotto-utilizzati per meno di 12h/giorno e itinere a spreco in mezzo https://doi.org/10.1073/pnas.2304099120 i piccoli edifici, in ossatura lignea, pannellati e isolati con lana di vetro consumano MENO risorse naturali a farsi dei grandi edifici, nonostante il maggior numero di tetti e muri perimetrali, e consumano meno a funzionare perché PdC ad alta efficienza le abbiamo solo nel piccolo, e nel piccolo possiamo avere fotovoltaico e stoccaggio locali che superano ogni grande soluzione per efficienza e scalabilità.

    Solo chi nega l’evidenza tecnica crede che la città in cemento armato https://youtu.be/MJBz66H5QIU possa avere un futuro tecnicamente, e nega l’economia, in cui è chiaro non esserci più un motore economico in urbe, senza più fabbriche scappate con gli anni ’80 perché costava meno che restare, e uffici perché a dispetto d’ogni spinta contraria il telelavoro è qui per espandersi ad ogni mestiere da scrivania. L’economia distribuita oggi stra-funziona per Cittadini e PMI, uccide i gitanti che vogliono uccidere noi per vivere, ma mi spiace, anche se riuscissero a piegare i più come pare accadere, non è tecnicamente sostenibile e la tecnologia comanda sull’economia teorica.

    • Savino

      Il solito telelavorista, che in ogni commento ad un articolo dice che la panacea di tutti i mali è il telelavoro per tutti. Si faccia costruire un reddito di cittadinanza tutto per lei, così ci risparmiamo anche un telelavoro, un pc ed una scrivania.

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