La crescita dell’occupazione degli ultimi anni si deve anche alla diffusione dei servizi avanzati. Per continuare su questa strada, bisogna affrontare problematiche complesse, dall’invecchiamento della popolazione alla carenza di laureati nelle materie Stem.
La crescita dell’occupazione in Italia
Tra il 2019 e il 2024, l’occupazione in Italia ha registrato una crescita sostenuta, in linea con la media dell’area dell’euro (figura 1, linee blu). Come discusso in un recente lavoro, su tale crescita hanno influito sia fattori temporanei sia tendenze di lungo periodo.
In primo luogo, dal 2021, le spinte inflative hanno determinato un forte incremento del costo dei beni intermedi e del capitale, rendendo il lavoro relativamente più conveniente e determinando una sostituzione tra input produttivi che ha sostenuto l’occupazione. In secondo luogo, dal 2020 la domanda di lavoro ha beneficiato della marcata crescita del comparto delle costruzioni, sostenuta dagli incentivi statali, e dallo sblocco delle assunzioni del settore pubblico. Tuttavia, anche al netto delle costruzioni e del settore pubblico, la crescita dell’occupazione è stata significativa e in linea con la media dell’area.
Figura 1 – Occupati in Italia e nell’area dell’euro

Cresce la domanda di lavoro nell’Ict
Quali altri fattori strutturali hanno dunque favorito la dinamica positiva degli occupati? Sicuramente vi ha inciso l’aumento della partecipazione dei lavoratori più anziani. Nello stesso periodo si è però registrata una maggiore diffusione dei servizi più avanzati, che hanno intercettato una domanda crescente, comune ad altri paesi europei, in particolare nei servizi di informazione e comunicazione (Ict). In questi comparti, il numero di addetti è cresciuto di circa il 9 per cento in Italia e del 19 per cento nell’area dell’euro, sebbene essi rappresentino ancora una quota minoritaria del totale nazionale italiano (2,6 per cento nel 2024): ne segue che, se considerati in isolamento, il loro contributo alla dinamica positiva del mercato del lavoro è stato comunque piccolo. D’altra parte, una crescita altrettanto sostenuta si è registrata nelle attività professionali, scientifiche e tecniche (figura 2) che, sommate ai servizi Ict, hanno contribuito per un quarto alla crescita occupazionale dell’ultimo quinquennio.
Figura 2 – Occupati nell’Ict (settore J) e nei servizi professionali (settore M)(numeri indice; 2014=100)

Il divario tra le imprese che pagano bene e quelle che pagano poco
Al di là delle dinamiche settoriali, resta aperta la questione di quali tipologie di imprese hanno contribuito alla crescita occupazionale. Da questo punto di vista, quelle più remunerative (quelle che pagano salari medi più elevati a parità della qualità della forza lavoro) non hanno mostrato un maggior incremento della domanda di lavoro, ma hanno accresciuto l’intensità del capitale, uno dei fattori cruciali per l’aumento della produttività. Il fenomeno si è associato a un ampliamento dei divari retributivi tra imprese: se nella maggioranza si è osservato un calo dei salari reali nell’ultimo decennio, le aziende al vertice della distribuzione dei salari hanno ulteriormente migliorato le proprie politiche retributive. In altri termini, si è ancor più ampliato il divario tra le imprese “migliori” e quelle “peggiori” in termini di retribuzioni medie.
E qui le dinamiche settoriali tornano a essere importanti. Le imprese nei servizi tecnologici e professionali sono infatti quelle che hanno avuto dinamiche retributive reali migliori rispetto ai servizi tradizionali e all’industria (figura 3). Nel periodo considerato è infatti raddoppiato il peso delle imprese che forniscono servizi tecnologici tra quelle con le politiche retributive migliori, al contrario dei servizi tradizionali che hanno aumentato il loro peso tra le imprese che pagano retribuzioni medie più basse. A prescindere dal settore di appartenenza, inoltre, le aziende che utilizzano l’intelligenza artificiale offrono in media migliori condizioni salariali e assumono relativamente più addetti in posizioni lavorative complementari con l’IA.
Figura 3 – Dinamica delle retribuzioni reali medie delle imprese per settore (1)(differenze logaritmiche rispetto alla media nazionale 2005-2022)

Nota (1): Le retribuzioni medie reali corrispondono agli effetti fissi di impresa variabili nel tempo, cioè al salario medio offerto dall’impresa corretto sia per le differenze nella qualità della forza lavoro sia per l’inflazione.
Quando non si trovano i lavoratori
Il rapido incremento occupazionale, unito alla riduzione della popolazione in età lavorativa per via dell’invecchiamento demografico, ha portato all’altra faccia della medaglia di un mercato del lavoro in cui le aziende fanno sempre più fatica a reperire personale. È in altri termini aumentata quella che gli economisti definisco tensione (tightness) sul mercato del lavoro. E nei servizi, sono proprio quelli più tecnologici a riscontrare le maggiori difficoltà, tanto che in futuro la crescita del comparto potrebbe risentirne. Rispetto agli altri paesi europei, l’Italia si caratterizza infatti per una carenza di specialisti Ict sul mercato del lavoro, soprattutto di quelli laureati. Il divario è dovuto al limitato flusso di laureati nelle discipline Stem (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) e in quelle affini ai settori di informazione e comunicazione.
Le difficoltà di reperimento sono inoltre legate al mismatch geografico tra domanda e offerta di lavoro, sebbene la diffusione del telelavoro potrebbe in parte alleviare questo problema. Tra i professionisti Ict è infatti più elevata la quota di coloro che lavorano da remoto: nella loro ricerca di personale le imprese potrebbero quindi beneficiare di un mercato del lavoro più ampio di quello locale.
In conclusione, il quinquennio 2019-2024 restituisce un mercato del lavoro in movimento: spinto da fattori eccezionali, ma anche attraversato da cambiamenti che potrebbero restare. Le capacità del paese di far fronte ai fattori strutturali, che potrebbero rendere difficile per le imprese espandere la domanda, saranno cruciali per trasformare l’attuale crescita dell’occupazione in progresso duraturo.
* Le opinioni espresse sono personali e non impegnano in alcun modo la Banca d’Italia o il Sistema europeo di banche centrali.
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Kim ALLAMANDOLA
Io semplificherei in due direttrici: una umana, dove una larga coorte di umani è mentalmente ferma ad un’epoca passata, non vive in digitale, non riesce a comprenderlo, se prende qualche decisione sul tema il più delle volte la prende tecnicamente sbagliata. Questa massa impedisce a chi comprende di evolvere: io posso saper usar le mail, se gli altri non lo fanno posso solo scrivere a me stesso e non è l’email ad esser inutile ma la massa della popolazione ferma alle lettere cartacee che non si rende conto delle potenzialità di ciò che non usa e che addita come inutile perché non lo usa, rendendolo tale de facto.
L’altra è che manca una visione di futuro realizzabile, il new deal funziona, se digitalizziamo e se distribuiamo: il fotovoltaico è efficacissimo in autoconsumo locale con stoccaggio, non in grandi centrali d’iniezione per finire come in Spagna, è efficacie in grid forming, non in grid following, le EV funzionano bene in casa con f.v. e telelavoro. La città oramai necessaria solo al grande capitale per esistere non è socialmente né tecnicamente sostenibile. Per cui non si va lontano, le fabbriche obsolete e senza energia non possono andar avanti, non possono evolvere in modelli che non comprendono e rigettano.
Questo è il dramma di ex grandi innovatori secolari che han cercato di fermare il treno della storia.