La Bce sembra decisa a emettere presto l’euro digitale, confortata da stime che indicano un impatto limitato sul sistema bancario. Ma si tratterà al massimo di un sostituto del contante, non potrà favorire l’internazionalizzazione della moneta europea.

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Euro digitale dal 2027?

Christine Lagarde, presidente della Banca centrale europea, ha recentemente dichiarato che l’euro digitale potrebbe essere testato già nel 2027 e introdotto nel 2029. In tal modo, la determinazione della Bce troverebbe una rapida concretizzazione. L’euro digitale offrirebbe a cittadini e imprese europee la possibilità di aprire conti direttamente presso la Bce ed effettuare pagamenti sicuri e anonimi in moneta della banca centrale, un’opportunità oggi riservata esclusivamente agli intermediari finanziari autorizzati.

Conclusa la fase preparatoria – durante la quale sono stati definiti il manuale delle regole (rulebook) e l’analisi tecnica del sistema, grazie anche a un’intensa interazione con tutti gli stakeholder (consumatori, commercianti, operatori e altri ancora) – sono stati selezionati i primi fornitori di servizi. Ora si apre la fase più delicata, che dovrà portare all’effettiva emissione dell’euro digitale.

In primo luogo, è necessaria una decisione politica definitiva sul progetto, che dovrà tradursi nella stesura di un quadro legislativo europeo (preferibilmente un regolamento). Successivamente andrà completata l’analisi d’impatto, volta a verificare gli effetti dell’introduzione dell’euro digitale sulla stabilità finanziaria, sulla politica monetaria e sulla liquidità del sistema. L’analisi porterà alla definizione dei limiti di detenzione (presumibilmente attorno ai 3mila euro), dei meccanismi automatici di trasferimento degli importi eccedenti e della tecnologia da adottare (tradizionale o basata su blockchain). L’assenza di remunerazione di questi conti appare invece scontata, almeno nella fase iniziale.

Le stime sui costi

Le stime dei costi complessivi (Bce + sistema bancario) variano sensibilmente: dai 18 milioni stimati da PricewaterhouseCoopers (PwC) – su un campione di diciannove banche in nove paesi – ai 4-6 miliardi previsti da un recente studio della Bce, che tiene conto delle possibili sinergie e mutualizzazioni dei costi. È chiaro che sarà necessario intervenire non solo sull’infrastruttura informatica, ma anche sui sistemi antiriciclaggio e antiterrorismo, sull’interoperabilità dei circuiti domestici, sui pos e sui bancomat. Le banche esprimono inoltre forti preoccupazioni per il possibile drenaggio di liquidità e la conseguente riduzione della capacità di erogare credito all’economia reale. Un gruppo d’istituti di credito capeggiato da Deutsche Bank, Bnp Paribas e Ing ha addirittura proposto che l’euro digitale, al pari del contante, non possa essere usato nei pagamenti online.  

Un altro studio della Bce, tuttavia, stima che l’introduzione dell’euro digitale – con un limite fino a 3mila euro – avrebbe effetti moderati su depositi, indicatori di liquidità e margini d’interesse bancari, sia in condizioni normali sia in scenari di stress, quando i depositi tendono a spostarsi verso forme più sicure.

Più pessimistiche restano invece le stime del settore bancario: Mediobanca, ad esempio, ritiene che fino al 20 per cento dei profitti bancari potrebbe essere messo in discussione dal progetto.

I benefici che dovrebbe portare

Se questi sono i costi, i benefici attesi dall’introduzione dell’euro digitale sarebbero maggiore autonomia e sovranità dei circuiti di pagamento europei, con conseguente riduzione della dipendenza da operatori extra-Ue (Visa, Mastercard, PayPal, Apple Pay ecc.); più elevati standard di sicurezza e stabilità, poiché l’euro digitale sarebbe emesso direttamente dalla Bce e quindi privo di rischio d’insolvenza; maggiore efficienza e minori costi nei pagamenti, grazie all’assenza di intermediari; maggiore inclusione finanziaria, consentendo l’utilizzo anche a chi non possiede un conto bancario, tramite un’applicazione pubblica o carte prepagate, con possibilità di pagamenti offline anche in assenza di connessione o in situazioni di emergenza; miglior supporto alla politica monetaria, offrendo alla Bce dati in tempo reale e nuovi canali diretti per attuare misure come trasferimenti mirati o tassi negativi; complementarità con il contante, che comporta costi elevati di stampa, trasporto e gestione; migliore tracciabilità e contrasto a evasione e riciclaggio, pur garantendo elevati livelli di privacy.

In sintesi, l’euro digitale può diventare un efficace sostituto del contante e, in parte, dei pagamenti effettuati tramite moneta bancaria (per esempio, carte e bonifici). Tuttavia, ciò varrà soprattutto per i consumatori privati, non per imprese e investitori istituzionali, data la limitata soglia di detenzione prevista presso la Bce.

I limiti

Gli Stati Uniti hanno scelto di non sviluppare una valuta digitale di banca centrale (Cbdc), quindi non sarà pensabile alcuna interoperabilità dell’euro digitale con il dollaro. La moneta unica digitale, dunque, resterà presumibilmente una valuta domestica, difficilmente utilizzabile negli scambi internazionali con il resto del mondo.

Inoltre, poiché i conti presso la banca centrale non saranno remunerati, sarà relativamente facile per il sistema bancario offrire strumenti alternativi competitivi: ad esempio, riduzioni dei costi sulle carte di credito o la tokenizzazione dei depositi bancari, ossia depositi registrati non più nei libri contabili delle banche ma come “token digitali” su un registro distribuito (Distributed Ledger Technology, Dlt), cioè una blockchain.

L’euro digitale dovrà poi confrontarsi con la concorrenza delle stablecoin, fortemente sostenute dall’amministrazione Trump. Si tratta di asset digitali emessi da soggetti privati su blockchain, il cui valore è ancorato a un’attività stabile (ad esempio 1 USD o 1 EUR) tramite meccanismi di garanzia, come riserve in moneta fiat o titoli pubblici a breve termine. A differenza dell’euro digitale, però, tali token possono essere scambiati globalmente, senza limiti di importo.

Vale poi la pena ricordare che l’esperienza cinese, che da tempo ha testato lo yuan digitale in 17 province su milioni di persone, non è stata particolarmente positiva. Dopo che i cittadini hanno speso i primi yuan digitali, distribuiti gratuitamente dalla banca centrale, la maggior parte di loro è tornata a utilizzare gli strumenti di pagamento online più diffusi: Alipay e WeChat Pay.

In definitiva, l’avventura dell’euro digitale potrebbe rivelarsi costosa e infruttuosa per la Bce, danneggiandone la reputazione — il bene più prezioso per una banca centrale.

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