L’intelligenza artificiale entra a scuola. Ma come?

Un buon utilizzo dell’IA a scuola non può prescindere dalla formazione degli insegnanti. Per ora i dati ci dicono che le giuste competenze le hanno in pochi, così come pochi la utilizzano e ancora meno la considerano effettivamente utile.

Norme e regolamenti per l’IA nelle scuole

Gli strumenti di intelligenza artificiale (IA) generativa si sono diffusi molto rapidamente nelle scuole di tutti i paesi, Italia inclusa. Nel tentativo di accompagnare e guidare il processo, istituzioni internazionali e nazionali hanno adottato iniziative per promuoverne un uso consapevole e per definirne le cornici etiche e normative.

A livello europeo, l’Artificial Intelligence Act (regolamento Ue 2024/1698) con l’articolo 4 introduce l’obbligo di alfabetizzazione all’IA (AI literacy) per fornitori e utilizzatori, che da febbraio 2025 devono garantire competenze adeguate sull’IA del proprio personale. L’alfabetizzazione all’IA è definita nel dettaglio dal quadro delle competenze digitali per i cittadini (DigComp 2.2) che ne fornisce oltre 73 esempi, e grazie al recente aggiornamento anche dal Digital Education Action Plan 2021–2027 della Commissione europea.

Una guida su come introdurre l’innovazione nel mondo dell’istruzione è offerta dal report Unesco “Guidance for generative AI in education and research”. Spiega, ad esempio, come l’IA generativa possa essere usata dagli insegnanti per creare materiali didattici per esercitazioni personalizzate e per generare test di verifica. L’Unesco ha anche rilevato una carenza normativa e ha invitato i governi a regolamentare l’uso degli strumenti di IA generativa nelle scuole e a investire in formazione mirata per docenti e studenti.

Le regole italiane

Per quanto riguarda il nostro paese, ad agosto 2025 il ministero dell’Istruzione e del merito ha pubblicato le Linee guida per l’introduzione dell’intelligenza artificiale nelle istituzioni scolastiche. Richiamando i riferimenti europei e internazionali, il documento delinea principi e requisiti che devono guidare l’adozione dell’IA nelle scuole italiane. Vi si mette in rilievo come l’IA possa essere utilizzata per facilitare le pratiche gestionali, ottimizzare i processi amministrativi e supportare l’attività didattica”, sottolineando, ancora una volta, che va accompagnata da interventi formativi per il personale man mano che evolvono sia le tecnologie che le relative normative.

Le Linee guida del ministero attribuiscono ai dirigenti scolastici un ruolo centrale nell’introduzione dell’IA nelle scuole: è considerato il responsabile primario della governance dei sistemi di IA, con il compito di supportare la pianificazione della formazione, di definire ruoli e procedure interne, monitorare costantemente il funzionamento degli strumenti e intervenire in caso di anomalie.

Oltre a guidare la transizione digitale, il dirigente deve garantire il rispetto di aspetti cruciali come protezione dei dati, sicurezza, manutenzione delle soluzioni adottate, valutazione dei rischi, progettazione etica e formazione continua del personale.

Cosa ci dicono i dati Talis?

Norme e raccomandazioni si moltiplicano e convergono sulla centralità della formazione dei docenti, ma fino a che punto l’IA è già entrata nella quotidianità della scuola? Un importante spaccato sullo stato attuale emerge dai risultati dell’indagine internazionale sugli insegnanti Talis 2024, in cui per la prima volta è stato introdotto un approfondimento specifico su formazione e uso dell’intelligenza artificiale. Le analisi presentate qui di seguito riguardano la scuola secondaria di primo grado.

Nel nostro paese solo un insegnante su quattro (26 per cento) dichiara di aver utilizzato strumenti di IA nell’ultimo anno per insegnare o facilitare l’apprendimento degli studenti (figura 1). Rispetto agli altri 23 paesi europei inclusi nello studio, l’Italia si colloca nettamente sotto la media (35 per cento) e si posiziona quart’ultima. Il dato riflette anche un marcato divario generazionale. Secondo un recente studio, infatti, gli studenti italiani usano l’IA generativa molto più dei loro insegnanti, i quali peraltro ne sottostimano fortemente la diffusione tra i loro studenti.

L’adozione dell’intelligenza artificiale resta una sfida in tutta la pubblica amministrazione italiana: secondo un recente report dell’Agenzia per l’Italia digitale 45 organizzazioni di 108 coinvolte hanno avviato iniziative legate all’IA per un totale di 120 progetti, evidenziando l’emergere di casi d’uso ma non ancora una diffusione capillare.

Figura 1 – Insegnanti che hanno utilizzato l’IA durante l’ultimo anno per insegnamento o facilitare l’apprendimento degli studenti (%)

Bassi livelli di competenza e formazione

Gli insegnanti italiani non utilizzano l’IA perché non hanno conoscenze e competenze per insegnare utilizzandola: la pensano così 7 docenti su 10 (figura 2).

Figura 2 – Insegnanti che non hanno utilizzato l’IA per mancanza di conoscenze e competenze per insegnare utilizzando l’IA (%)

La mancanza di competenze può essere ricondotta al fatto che nell’ultimo anno solo un insegnante su quattro (26 per cento) ha preso parte ad attività di sviluppo professionale che includessero l’uso dell’IA (figura 3). Si tratta di un valore inferiore alla media europea (33 per cento) e distante dai livelli più alti registrati in paesi quali Estonia, Repubblica Ceca e Slovenia, dove più di un insegnante su due ha partecipato a percorsi formativi in materia di IA.

Figura 3 – Insegnanti che hanno svolto attività di formazione professionale sull’utilizzo di IA nell’ultimo anno (%)

Prevale lo scetticismo

Non è però solo un problema di conoscenze e competenze inadeguate, ma anche di atteggiamenti negativi rispetto a questa tecnologia. La maggior parte degli insegnanti italiani (57 per cento) che non usa l’IA pensa che non sia opportuno ricorrervi per l’insegnamento, valore al di sopra del dato medio europeo (52 per cento) (figura 4).

Figura 4 – Insegnanti che non utilizzano IA perché non ritengono debba essere utilizzata nell’insegnamento

La diffusione di atteggiamenti negativi verso l’IA tra gli insegnanti italiani si evince anche dal fatto che la percezione del bisogno di formazione è la più bassa in Europa. Meno del 50 per cento di loro dichiara di aver necessità di formazione professionale legata all’IA, mentre paesi come Cipro, Portogallo e Malta si attestano al di sopra del 70 per cento.

La formazione come leva per un uso consapevole dell’IA

Se gli insegnanti italiani utilizzano poco l’IA, anche rispetto ai loro colleghi europei, le ragioni vanno ricercate in diversi fattori, compreso il contesto tecnologico e organizzativo delle scuole. Tuttavia, i motivi principali addotti dagli insegnanti sono la mancanza di competenze e la bassa considerazione del suo potenziale. Per questo la formazione diventa di particolare importanza.

Le Linee guida italiane sull’uso dell’IA a scuola insistono sull’importanza della formazione per tutto il personale scolastico e amministrativo, compresi gli studenti, in modo da attrezzare l’intera comunità scolastica a integrarla in modo efficace e sicuro nelle attività quotidiane. Consigliano alle scuole di predisporre piani di formazione integrati nei piani triennali dell’offerta formativa, descrivendo in dettaglio moduli, tempi, risorse e metodologie rivolti a docenti e personale amministrativo. Tutte queste attività fanno però capo principalmente ai singoli dirigenti scolastici e c’è il rischio che un eccessivo carico di responsabilità si traduca in un disincentivo strutturale all’adozione di queste tecnologie nelle scuole.

Migliorerà la qualità dell’insegnamento?

Ma quali dovrebbero essere gli obiettivi dell’investimento in formazione sull’IA? Se lo scopo è aumentarne l’utilizzo da parte dei docenti, la questione è complessa. I dati mostrano che c’è una chiara correlazione positiva – sia a livello di paesi che a livello individuale – tra formazione e utilizzo dell’IA, ma una correlazione non è interpretabile in termini causali. Non è detto, cioè, che formare gli insegnati porti automaticamente a un maggiore utilizzo.

Inoltre, anche un maggior utilizzo dell’IA potrebbe non tradursi automaticamente in un miglioramento dell’insegnamento: un recente studio sperimentale condotto in scuole secondarie inglesi indica, anzi, che l’IA abbatte i tempi di preparazione delle lezioni, un dato sicuramente da non trascurare, ma che non incide sulla qualità dell’insegnamento. Misurare la qualità dell’uso di IA non è facile (i dati Talis si limitano a misurare frequenza e modalità di utilizzo) e studi rigorosi sull’efficacia dell’IA nell’insegnamento sono ancora una rarità.

A prescindere dall’utilizzo diretto da parte dei docenti, una formazione di qualità, e incentrata sulle applicazioni pedagogiche dell’IA, potrebbe renderli più consapevoli del potenziale contributo e dei rischi dell’IA e più capaci di interagire con i loro studenti, i quali la usano molto più di loro. Insegnanti più formati sull’IA sarebbero quindi verosimilmente più capaci di decidere in modo consapevole se e come impiegare queste tecnologie, gestendo meglio i rischi connessi all’uso da parte dei loro studenti.

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Se le banche italiane spostano la sede all’estero

  1. Raffaele Amodio

    Vorrei solo sapere se gli autori dell’articolo sono entrati in una scuola italiana. Attenzione, non è quella della foto, con banchi e sedie perfette e un PC per ogni alunno.
    Insegno in una scuola del quartiere Paolo VI di Taranto e la situazione è totalmente diversa. I docenti devono formarsi, ma per cosa? Utilizzo abitualmente l’intelligenza artificiale, che mi aiuta molto. Non ho una formazione certificata che in molte scuole di periferia e non solo non sono attrezzate per la digitalizzazione. Meno soldi alla formazione, spesso totalmente inutile nonché dispendiosa se effettuata a distanza, e più attrezzature.

  2. Gentili Autori,
    semplifichiamo: l’Italia tutta, inclusa quindi la scuola, è in larghissima maggioranza ignorante IT e avversa reazionariamente ogni evoluzione. Il risultato è che l’IT si diffonde comunque perché il treno della storia non s’è mai fermato, ma lo fa per interessi di pochi contro quelli di molti poiché i pochi sono circa i soli a diffonderlo.

    Il punto è questo. La scuola oggi dovrebbe insegnare ad usare desktop FLOSS dalle elementari, perché è inutile far temi (pseudo-temi al netto del livello medio) su foglio protocollo spesso manco scritto in corsivo quando per la vita si scriverà a tastiera, mentre scrivere con un numero di WPM decente e senza dover guardar i tasti è abilità necessaria. Saper disegnare al computer, sia in forme artistiche che tecniche, è abilità necessaria, saper far di conto, grafici ecc al computer è abilità necessaria che i più non hanno manco quando lavorano al computer ogni giorno. È questo che deve finire. Non lo fa perché i più non vogliono ed il risultato è che lo fanno i GAFAM al loro posto, ovviamente per interesse diretto, non certo della comunità, usando anche LLM che essendo buoni a convincere (vedasi la crescente letteratura sul tema) garantiscono la formazione di indottrinati ben fedeli e dipendenti da loro.

    Non si NEGA l’evoluzione, o la si cavalca o si finisce espulsi dal treno della storia.

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