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Manager di società pubbliche: quattro criteri per capire*

Ecco quattro criteri non scientifici per valutare i compensi ai dirigenti delle società controllate e partecipate dal pubblico. In alcuni casi, invece di parlare di improbabili privatizzazioni o riorganizzazioni, sarebbe meglio parlare di liquidazione. 

E’ molto difficile  stabilire la “giusta” remunerazione dei dirigenti di società pubbliche. Il fatto che una società pubblica sia in perdita non significa necessariamente che il suo management sia incapace: alcune società hanno tali vincoli politici (per esempio sulle tariffe o sulle remunerazioni imposte dai sindacati o dai politici) che inevitabilmente sono in perdita. E il fatto che abbia degli utili non significa necessariamente che il suo management sia capace, perché spesso le socità pubbliche operano in regime di monopolio o sono fortemente sussidiate. Inoltre, uno stipendio alto non sempre è di per sé scandaloso: un bravo manager ha un mercato anche nelle aziende private, e può valer la pena pagare un po’ di più per assicurarsene i servizi.

Con queste premesse, in questo articolo offro quattro criteri non scientifici per fare un po’ di luce sulla corporate governance di alcune aziende partecipate dal Tesoro:  un confronto con le aziende britanniche equivalenti,  il passato professionale del dirigente,  la politica della parte variabile delle retribuzioni e (più soggettivo) l’utilità delle società partecipate. Tutti i dati sulle remunerazioni sono tratti dal documento del Ministero dell’Economia, scaricabile qui.

CRITERIO 1: UN CONFRONTO CON LE AZIENDE PUBBLICHE BRITANNICHE

Tra le società controllate dal MEF, ve ne sono almeno due che possono essere facilmente confrontate con omologhe britanniche: le Poste (con la Royal Mail) e l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato (con la Royal Mint). Si noti che entrambe le società italiane hanno un fatturato totale molto simile a quello delle omologhe britanniche.

Tbella Poste-Royal mail 2

Note:

1. Il documento del Tesoro riporta remunerazioni maggiori per il 2012, ma queste includono arretrati del 2011

2. Le remunerazioni della Royal Mail si riferiscono al 2012/2013, quindi prima della privatizzazione

3. Il presidente della Zecca dello Stato ne è anche l’ Amministratore Delegato.

Nelle Poste, la remunerazione dell’ Amministratore Delegato è molto simile a quella del CEO britannico. L’AD di Poste Italiane è  l’ ex AD di Siemens Italia, quindi una persona che ha fatto il manager ad alto livello in una multinazionale. Ma il presidente, che ha fatto tutta la carriera all’interno delle Poste da sindacalista della CISL, percepisce 600.000 euro, quasi 3 volte il suo collega  britannico. (1)

Lo stesso problema si pone chiaramente se guardiamo al consiglio di amministrazione delle Poste. Dei tre consiglieri (ognuno dei quali ha percepito nel 2012 circa 50.000 euro) Maria Claudia Ioannucci, professoressa di diritto amministrativo comunitario,  è una ex senatrice di Forza Italia, di cui così scrive Lavitola (all’epoca latitante a Panama) nella famosa lettera a Berlusconi: “Lei mi ha promesso: [….] di collocare la Ioannucci nel Cda dell’Eni  [….] Mi ha concesso: La Ioannucci nel Cda delle Poste  (aveva promesso anche di darle la Presidenza di Banco Posta, anche questo non è stato mantenuto).”  Il secondo consigliere è Antonio Mondardo, ex assessore leghista della provincia di Vicenza nonché sindaco di Grancona (Vicenza). In nessun caso risulta la minima esperienza nel campo.

Chi parla (impropriamente) di privatizzazione delle Poste dovrebbe chiedersi se un privato possa permettersi di investire in una società con una corporate governance così pericolosa.

L’ AD (e presidente) della Zecca di Stato percepisce quasi il triplo del suo omologo britannico. E’ stato presidente di Grandi Stazioni, Fintecna, e Alitalia, tutte aziende pubbliche all’epoca della sua carica.

CRITERIO 2: L’ ESPERIENZA PASSATA DEI MANAGER PUBBLICI

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Passiamo a CONSAP, altra società partecipata al 100 percento dal MEF. La società nasce nel 1993 dopo la privatizzazione dell’INA, ed è una sorta di “assicuratore pubblico” con particolare attenzione a individui colpiti e danneggiati e sottoassicurati: gestisce i il Fondo di garanzia per le vittime della strada,  il Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell’usura, il Fondo di solidarietà per i mutui per l’acquisto della prima casa, il Fondo di credito per i nuovi nati, il Fondo per il credito ai giovani, etc.

Tbella Cosap

Il settore assicurativo è molto particolare, e richiede una forte esperienza specifica nel campo. Ci si aspetterebbe che a dirigere la CONSAP venga chiamato un esperto del settore  o un gestore di fondi. In realtà il suo amministratore delegato è Mauro Masi, ex segretario generale del Presidente del Consiglio Berlusconi, capo di gabinetto del vicepresidente del Consiglio, ed ex direttore generale della Rai. Il suo compenso nel 2012 è stato però di 473.768 euro. Il Presidente, Andrea Monorchio, ex Ragioniere Generale dello Stato, ha percepito nel 2012 225.860 euro.

CRITERIO 3: LA RETRIBUZIONE VARIABILE

Nel complesso, i compensi ai membri dei CDA delle 29 società’ controllate dal MEF ammontavano nel 2012 a 13,5 milioni. Di questi, 1,8 milioni componevano la “parte variabile”. E’ interessante notare che, dei 18 amministratori che avevano diritto per contratto a una parte variabile, non uno ha percepito meno del massimo possibile. Che politica di premialità è mai questa, in cui tutti prendono sempre il massimo possibile?

CRITERIO 4: L’ UTILITÀ

Come detto, questo è necessariamente il criterio più soggettivo. Quello che il commentatore può fare è offrire qualche informazione, e lasciare valutare al lettore.

Prendiamo CONI Servizi, partecipata al 100 per cento dal MEF. Questa società è senza ombra di dubbio uno dei più grandi capolavori della finanza pubblica italiana. La sua storia è narrata in questo articolo di Pasquale Coccia. Creata nel 2002 per mettere fuori bilancio (cioè, per nascondere) alcuni costi del CONI, ha generato a sua volta solo ulteriori debiti. Ma non è questa la parte interessante della storia. Incredibilmente, presidente e AD di CONI Servizi furono per molti anni, e fino a pochi mesi fa (quando è cambiata la dirigenza del CONI) Giovanni Petrucci e Raffaele Pagnozzi, che erano rispettivamente il presidente e il segretario generale del CONI!  Un modo molto semplice, ma non molto sottile,  per aggiungere uno stipendio, che nel 2012 è stato di 194.000 e 336.000 euro rispettivamente.

Passiamo a Studiare Sviluppo. Creata nel 2003 per offrire supporto per specifici problemi delle amministrazioni pubbliche, la società ha attualmente progetti negli ambiti seguenti: “Cultura e Turismo” (2 progetti), “Energia e Ambiente” (1 progetto), “Politiche di Sviluppo e di Programmazione Economica” (3 programmi), “Politiche Fiscali” (1 progetto) e “Twinning” (1 progetto). Si noti che per ognuno di questi temi esiste già un ministero specifico, più 20 assessorati regionali e decine di altre società pubbliche, a cominciare da Invitalia e le varie “Sviluppo Italia” regionali.

Cosa fa Studiare Sviluppo? Si prenda il progetto “Sensi Contemporanei”, uno dei due nell’ambito di Cultura e Ambiente. Esso è finalizzato a:

• divulgare la metodologia di gestione del processo e le modalità procedurali presso le Amministrazioni pubbliche, gli enti locali e le istituzioni interessate;

• promuovere momenti di approfondimento e confronto;

• fornire azioni di supporto e accompagnamento allo sviluppo territoriale a livello regionale attraverso iniziative sperimentali e innovative nel settore della produzione audiovisiva e dello spettacolo dal vivo;

• fornire azioni di supporto e accompagnamento allo sviluppo territoriale a livello locale e regionale attraverso iniziative sperimentali nel campo delle arti visive e dell’urbanistica.”

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Ognuno può dare la sua valutazione.

Si prendano ora i tre programmi di “Politiche di Sviluppo e di Programmazione Economica”. Almeno tre ministeri, e tutte le regioni, e tanti altri enti (come lo SVIMEZ, il CNEL e decine di altri) producono ogni anno tonnellate di carta e decine di gigabytes di documenti online per spiegare e “valutare” a spanne  la politica della programmazione. C’ è bisogno di un altro ente, che produca l’ ennesimo documento?

Si prenda infine il progetto di “twinning”. Esso consiste nel “gemellare” amministrazioni italiane con le omologhe estere. La gran parte del progetto è consistito nell’offrire assistenza tecnica per gemellaggi doganali con altri paesi. Ma cosa ci sta a fare il Ministero degli Esteri?

Anche qui, ognuno può giudicare. Ma quello che sappiamo è che l’amministratore delegato ha percepito nel 2012 261.771 euro.

Infine, Italia Lavoro è uno delle decine di enti che si occupano di lavoro, formazione, politiche attive, inserimento etc. Come Studiare Sviluppo, mette a disposizione di enti locali e enti pubblici e privati la sua expertise. I suoi progetti, che si sommano alle migliaia di progetti e programmi ideati e finanziati da Stato, regioni, provincie, comuni, e Unione Europea (e mai scientificamente valutati) sono consultabili qui (si noti che solo pochi programmi sono tuttora attivi). Anche qui ognuno può giudicare; il compenso percepito dall’amministratore delegato nel 2012 è stato di 241.000 euro.

In tutti questi casi, forse invece di parlare di privatizzazione (peraltro impossibile, perché non c’è mercato per questo tipo di aziende) o dell’ennesima riorganizzazione, sarebbe meglio cominciare a parlare di liquidazione.

 

*Roberto Perotti coordina un gruppo di lavoro della segreteria di Matteo Renzi sulla spesa pubblica. Il contenuto di questo articolo rappresenta le idee personali di Roberto Perotti e non è stato in alcun modo sottoposto alla visione né tantomeno al vaglio preventivo di alcun componente del gruppo di lavoro o della segreteria.

(1) E’ importante fare chiarezza sul tema del famoso tetto agli stipendi, su cui c’è molta confusione. Il decreto legge 6 luglio 2012, n. 95 (c.d. decreto spending review), convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135 ha posto un tetto di circa 301.000 euro, pari al trattamento economico del primo presidente della Corte di Cassazione (la formulazione è incredibilmente infelice, perché il trattamento economico del primo consigliere di Cassazione varia a seconda di chi ricopre quel ruolo in un dato momento). Tuttavia, ai sensi dell’ articolo 2, commi 20-quater e 20-quinquies,  le società che emettono  “strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati” sono esentate da questo limite. Tra le società citate in questo articolo, solo Poste Italiane è esentata dal limite. Le altre dovranno uniformarsi al primo rinnovo del CdA. Si noti che il decreto spending review pone ulteriori limiti a seconda delle dimensioni della società. Quindi per esempio anche le remunerazioni degli AD di Studiare Sviluppo e di Italia Lavoro dovranno scendere leggermente rispetto al livello attuale.

 

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23 commenti

  1. Alfonso

    Mi son fatto una convinzione radicata nella esperienza fatta anche attraverso le analisi di lavoce.info che il problema dei nostri conti ed anche della correttezza della gestione sia il livello dei compensi dei dirigenti di organismi pubblici. Sono rimasto scandalizzato dal compenso di un dirigente di livello medio-alto di una ASL della provincia di Avellino pari a 10.000 euro lordi mensili.!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

    • Damiano

      5.000 euro netti per dirigere, a tempo determinato, una Asl della Campania non mi sembrano uno sproposito, visto che una parte lo spendi subito, per polizze contro la morte accidentale, tutela legale, etc.

  2. blokkkkko

    Se non leggo male, nel commento sulla Consap è riportato per l’Ad un importo diverso da quello risultante dalla tabella.

  3. Giacomo Mazzini

    Mi scusi professore per la domanda forse non totalmente pertinente: fuori dall’Italia esistono amministrazioni pubbliche che espongano i compensi dei propri alti funzionari precisando tutti gli estremi anagrafici degli interessati (cioè non limitandosi a cognome e nome, ma per esempio specificando l’equivalente del codice fiscale, che nel nostro caso rimuoverebbe l’attuale impedimento a procedere personalmente con riscontri puntuali su altre banche dati)? In ogni caso, la ringrazio per il suo puntuale e illuminante lavoro su queste pagine. Buona prosecuzione.

  4. sergio

    Bisognerebbe parlare di liquidazione, davvero. Anche se mi sovviene la Prager Fenstersturz!

  5. Paolo Greco

    Sono convinto che negli anni di Berlusconi i vertici dirigenziali abbiano incrementato i loro privilegi, mi sbaglio?

  6. nicoletta

    Aspetto con trepidazione un bell’articolo che analizzi i costi della Banca d’Italia. I dati di bilancio 2011 riportano spese per stipendi e altre spese relative al personale per circa 754 mln di € (senza contare le voci di accantonamento, pensioni e compensi organi collegiali) per un totale di 6.990 dipendenti (in media circa 99mila € per dipendente). Gli stessi dati 2011 per il Banco di Spagna sono: 230 mln € e 2.686 dipendenti (circa 86mila € per dip.). Mentre per la Banca d’Inghilterra sono: 140 mln di sterile (circa 167 mln € e includono anche costi per contributi e pensioni) e 1.845 dipendenti (circa 90mila € per dip.). Come sono possibili tali disparità, quali funzioni in più ha la Banca d’Italia che giustifichino quasi 7.000 dipendenti?!!???

  7. Damiano

    E perché sono esentate dal tetto società controllate dalla Cdp come Fintecna Immobiliare e altre dove la somma di Ad+Presidente supera 1milione di euro, mentre macchine caratterizzate da efficienza e risparmio come Consip e Sogei sono sottoposte al tetto, nonostante i miliardi di euro di risparmi?

  8. mariannabonina

    Grandi stazioni non è pubblica.

    • E’ al 60 percento di Ferrovie dello Stato, se questo non è essere pubblica ….

      • mariannabonina

        E’ una partecipata. In ogni caso ero sicura che me lo avrebbe contestato. Si tratta di analisi che semplificano. Il problema non sono solo le retribuzioni o le condizioni di lavoro, ma i servizi che queste società offrono, che non sono omogenei per tutto il territorio dello stato. Alle ferrovie si meravigliano che ci siano treni che percorrono tutta l’Italia e infatti hanno deciso di tagliarli e che con un determinato prezzo si possa arrivare a distanza che da Roma non sembrano corrispondere a quelle chilometriche ma tra pianeti a stento dello stesso universo.

  9. Sergio Trabattoni

    Con i suoi articoli il Prof. Perotti evidenzia la situazione disastrosa del nostro Paese e mi conferma nella convinzione che “il pesce puzza sempre dalla testa”. Per risolvere le anomalie denunciate occorrerebbe quindi agire sulla “testa”. Già, ma come? Il mix burocrazia e cattiva politica ha di fatto consolidato una situazione in cui la spartizione delle cariche dirigenziali pubbliche avviene all’interno di una cerchia ristretta di persone che con grande disinvoltura passano da un incarico all’altro, by-passando qualsiasi valutazione circa la professionalità ed il merito. In Francia i dirigenti pubblici provengono da un particolare curriculum di studi formativo e, proprio in virtù di questa loro preparazione, sono apprezzati anche come dirigenti di strutture private. In Italia la scuola di formazione dei dirigenti pubblici è prevalentemente (in verità non per tutti) il cursus honorum fatto in una logica di promozione burocratica o per spinte politiche, senza, peraltro, l’obbligo stringente di raggiungere obiettivi prefissati e misurabili. E’ molto difficile quindi per essi passare dal pubblico al privato. Circa il merito se è vero che ci sono aziende pubbliche la cui funzionalità non si può valutare sulla base dei profitti che producono e quindi da questi risalire alle capacità dei loro manager, ve ne sono altre per le quali questo è possibile. Eppure anche in casi di gestioni disastrose tutt’al più si sposta il dirigente da un incarico ad un altro, da una casella ad un’altra, come nel gioco dell’oca, come se il mercato non offrisse la possibilità di scegliere dirigenti validi che si sono misurati col mercato e si sono distinti nel privato, dove la concorrenza contribuisce a selezionare. Non conosco il livello delle retribuzioni dei dirigenti privati; penso comunque che molti di essi sarebbero ben contenti di arrivare a dirigere una struttura pubblica godendo degli stipendi riportati dal Prof,. Perotti e senza , peraltro correre il rischio di essere licenziati.

  10. Giuliano Quattrone

    Gentile Professore, il suo ulteriore contributo mi conferma una convinzione che ho da tempo maturato: questo Paese in molte sue strutture è ormai irriformabile, l’unico modo per cambiare è tagliare di netto le strutture inutili e che generano sprechi, in caso contrario ci prendiamo in giro. Buon lavoro!

  11. Dario Carta

    Beh, la Cdp non si tocca: nessuno osa toccarla, manco Perotti. Pubblica la holding, pubbliche le controllate, ma milionari (in euro) gli stipendi. I tabù sono tabù anche per LaVoce.info

    • Non so cosa glielo faccia pensare. Se leggesse quello che ho scritto in passato sulla CDP, temo che cambierebbe parere. Semplicemente, non si puo’ scrivere di tutto in un articolo gia’ lungo. La CDP e’ un mostro a cento teste, merita un trattamento a parte.

      • Dario Carta

        Scusate, non avevo letto. Vedo che condividiamo l’assurda configurazione delle norme sugli stipendi dei manager pubblici: taglio sotto la tagliola dei 300 per alcuni, prateria per altri. Senza contare la discriminazione: il primo presidente di cassazione ha un “costo azienda” di 435.000€, nulla a che vedere con 300.000 o meno da co.co.pro. Che equivalgono a 250.000 o meno.

  12. DDPP

    Gentile Dott. Perotti, come tanti italiani la ringrazio per il suo impegno teso a “svelare” i segreti della Pubblica Amministrazione. Non credo che la sua non solitaria azione non descriva fatti di malcostume o di corruzione, ma invece descriva una classe sociale. Se proviamo ad alzare anche solo minimamente lo sguardo dai singoli fatti e mettiamo insieme le informazioni: Camera, Senato, Direzioni Generali dei Ministeri, reclutamento delle società a controllo pubblico, il quadro si delinea come quello di una classe che governa, decide e controlla nel proprio preciso interesse e contro noi sudditi.

  13. is@bell@

    Sull’utilità di molte società pubbliche ci sarebbe parecchio da discutere. Il fatto che in Italia ci siano più di 7.000 tra società e consorzi a cui le pubbliche amministrazioni partecipano, genera qualche ragionevole dubbio, tanto più se ci costano 23 miliardi di euro: http://anticabloggheria.blogspot.it/2014/01/sono-circa-7000-le-societa-e-consorzi.html

  14. Amegighi

    Ci credete che sono arrivato solo a metà e poi ho lasciato disgustato ? A mio figlio cerco di insegnare ad apprendere sempre il massimo di conoscenze perché su questo patrimonio si baserà poi la sua valutazione nel mondo “degli adulti”.
    Ma penso sempre più che questo “mondo” non appartenga all’Italia. Mio figlio e i giovani della sua generazione che studiano con applicazione devono pensare all’Europa; a sfruttare le opportunità che la libera circolazione dei cittadini e la omogenea valutazione dei titoli di studio (nei limiti del possibile) offre loro per ottenere una, perlomeno, più giusta considerazione della loro preparazione e delle loro capacità.

  15. Luigi Marini

    Egr. Prof. Perotti, non posso che concordare con i suoi rilievi e le criticità da lei individuate. Tuttavia ritengo opportuno segnalare taluni aspetti che, probabilmente, sono noti solo agli “addetti ai lavori”. I cosiddetti soggetti in house (quali le citate Studiare Sviluppo, Italia Lavoro, ma anche le varie Invitalia, Isfol e via dicendo), spesso svolgono attività di assistenza tecnica alla Pa, a valere su Fondi Comunitari. Mi spiego: le somme che vengono corrisposte per tali attività, diversamente, sarebbero destinati a consulenti privati (le varie Kpmg, Accenture etc.) che hanno costi molto più elevati. Considerando che tali somme rappresentano una componente ben definita in termini percentuali dei fondi europei, nei fatti non rappresentano un costo per lo Stato ma una modalità per dare un po di brio ad una Pa spesso molto inefficiente nell’utilizzo dei suddetti fondi.
    Nella maggior parte dei casi tali soggetti intervengono quando i termini per l’utilizzo dei fondi stanno per scadere e, diversamente, andrebbero persi. Concordo pienamente con lei sulle sue perplessità, ma darei una diversa chiave di lettura alla sua domanda. A cosa servono tali soggetti quando ci sono Ministeri, Regioni, etc.? Forse sarebbe più opportuno chiedersi come possiamo fare affinché non ci sia più la necessità di utilizzare tali soggetti. Liquidiamoli pure, ma prima accertiamoci di non correre il rischio di perdere anche quella minima parte di fondi europei che oggi, proprio grazie a questi enti, riusciamo ad impegnare.

  16. Alfonso Salemi

    Egregio prof. Perotti, dopo avere letto la sua relazione mi chiedo quali siano gli impedimenti ad agire da parte del Governo e del Parlamento. Esiste qualche autorità superiore capace impedire il risanamento? Grazie per le Sue analisi circostanziate e documentate, ma poi cosa succede? Ci si può meravigliare che non si investe in Italia? Non ho parole. L’Italia non ha presente e non può avere futuro se non si interviene con forza e subito.

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