Si gioca una sola partita, ma la schedina non si ferma. Eppure l’unica risposta corretta a una situazione paradossale sarebbe stata l’annullamento del concorso e la restituzione delle somme versate agli scommettitori. Ma i Monopoli hanno scelto la strada tortuosa del “risultato virtuale”. Esponendosi ad accuse di irregolarità e insider trading. In definitiva, una presa in giro per migliaia di cittadini e un grave danno d’immagine, che potrebbe pregiudicare la maggiore fonte di incassi per le attività sportive nel nostro Paese.

La crisi del calcio ha avuto nell’ultima settimana gli onori dei titoli di testa dei telegiornali e delle prime pagine dei principali quotidiani. Ma di questa crisi vi è un aspetto, tutt’altro che secondario, che è passato ai più inosservato. Ci riferiamo alla presa in giro di migliaia di cittadini con il concorso del Totocalcio di domenica 24 agosto.

Com’è noto, la schedina prevedeva tredici incontri (su quattordici) che non si sono poi tenuti, per via della serrata decisa dai presidenti di venti squadre di serie B e due di serie A. Anziché annullare il concorso e restituire le somme versate agli scommettitori, il Monopolio di Stato ha preferito attribuire un risultato virtuale alle partite non disputate. A parte l’unica partita giocata e le sette con 3-0 a tavolino perché solo una delle contendenti non si è presentata, la colonna vincente è stata fornita dai risultati su cui vi è stato il maggior numero di scommesse. Ad esempio, nel caso della partita Atalanta-Triestina, la maggioranza degli scommettitori ha puntato sul segno 1, ed è questo il segno apparso per questa partita nella colonna vincente.

Il direttore generale dei Monopoli di Stato, Giorgio Tino, ha trionfalmente dichiarato che “tutto si ferma, ma non la schedina”, confidando anche in un ritorno d’immagine per la sua amministrazione, capace di premiare un grande numero di scommettitori.

Ma l’operazione si palesa come una presa in giro colossale per migliaia di scommettitori, si presta ad accuse di insider trading e rischia di infierire un danno di immagine gravissimo al concorso, pregiudicando la maggiore fonte di entrate per le attività sportive nel nostro Paese. Tre le principali irregolarità commesse.

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1. Il concorso trasformato in “beauty contest”

Primo, durante il concorso sono state cambiate le regole del gioco, in modo tutt’altro che marginale, rendendolo di fatto un beauty contest, un gioco in cui i vincitori sono quelli che indovinano la scelta compiuta dalla maggioranza dei partecipanti (come nel celebre esempio di Keynes, il pronostico non riguardava tanto l’esito dell’evento, quanto i pronostici fatti da altri). Con le regole in vigore sino a pochi giorni fa, premiava invece scommettere su un outsider, azzeccando qualche risultato che non rispondesse ai favori dei pronostici. Coloro che avevano già compilato la schedina seguendo questa strategia sono stati messi nella condizione di non poter vincere, attribuendo probabilità zero a risultati positivi di squadre non favorite alla vigilia.

Si dirà che questo ricorso al beauty contest era già previsto dal regolamento. Ma non è vero: il regolamento (art.23, comma 6,) stabilisce soltanto che se “dopo la chiusura dell’accettazione”, vale a dire dopo la compilazione di tutte le schedine, alcune gare non sono state disputate, si applichi “il segno percentualmente più pronosticato”.

Qui si sapeva a priori che tredici partite su quattordici non si sarebbero tenute e molte schedine sono state compilate sapendo che il “beauty contest” sarebbe stato applicato, il che ci porta alle due ulteriori irregolarità.

2. Asimmetrie informative

Secondo, sul sito www.aams.it e, a quanto pare presso alcune ricevitorie anche dopo tale data, sono stati riportati fino alla mattina di sabato i dati sulle schedine giocate. Questa parte del sito è stata successivamente oscurata. Coloro che hanno potuto accedervi in tempo (o sono riusciti a farsi dare i dati dalle ricevitorie) sono stati messi potenzialmente in condizione di poter scommettere sapendo sicuramente di poter fare 13 e con almeno il 33 per cento di probabilità di fare 14 (il cosiddetto “tredicissimo”).

Si sapeva che sarebbero state quote popolari, si dirà, ma pur sempre vincite che – se moltiplicate per un alto numero di schedine giocate – possono risultare in cifre di tutto riguardo. Alla prova dei fatti, i tredicissimi hanno ottenuto due euro che, rispetto alla puntata minima, rappresenta pur sempre un guadagno del 100 per cento. Il numero di schedine giocate per questo concorso è stato relativamente basso, ma nelle ultime ore sembrerebbe esservi stato anche un basso numero medio di colonne giocate per schedina, indicazione del fatto che non poche schedine sono state compilate quasi “a botta sicura”.

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3. Insider trading?

Terzo, i dipendenti dell’amministrazione dei Monopoli (o della Sogei, che gestisce il Totalizzatore nazionale) hanno avuto un vantaggio informativo ancora più forte. Potendo accedere ai dati delle schedine giocate fino a pochi minuti dalla chiusura del concorso, avrebbero potuto calcolare – con l’unica incognita del risultato della partita Fiorentina-Prato – le vincite unitarie. A quel punto, era un gioco da ragazzi scegliere se giocare o meno.

Vi è insomma uno spazio (ovviamente solo potenziale, ma è quanto basta) per l’insider trading. Se si trattasse di mercato dei capitali, vi sarebbero gli estremi per un intervento immediato della Consob. Trattandosi di un concorso su base sportiva, vi sarà soltanto il ritorno d’immagine negativa, un clamoroso autogol.

La regola di attribuire alle partite non disputate il risultato ritenuto più probabile dagli scommettitori è stata pensata per ovviare a situazioni impreviste “normali”, quali possono essere una o due partite (su quattordici) rinviate per nebbia. L’unica risposta corretta a un imprevisto di dimensioni eccezionali quale quello verificatosi il 24 agosto sarebbe stato annullare il concorso e restituire le somme versate agli scommettitori.

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