Dietro al dibattito sulla natura bancaria o di intermediario finanziario della Cassa Depositi e Prestiti Spa, si nasconde la questione del ruolo dello Stato nel finanziamento e nel controllo di imprese industriali di importanza strategica. Se alla nuova Cdp fosse riconosciuto il ruolo di banca, sarebbe sottoposta alle regole della Banca d’Italia sulla separazione tra istituti bancari e imprese. La grande urgenza e poca trasparenza del provvedimento si spiega dunque con l’obiettivo di costituire una holding controllata dal Tesoro, che detenga le partecipazioni strategiche.

Sulla trasformazione della Cassa Depositi e Prestiti (vedi Salvemini) si è aperto un acceso dibattito all’interno della maggioranza e tra il ministro dell’Economia e il governatore della Banca d’Italia. Dibattito che riguardava non solo la funzione della nuova Cdp spa, ma la sua qualifica di banca, sottoposta, di conseguenza, alla piena vigilanza della Banca d’Italia.

In realtà, dietro la diatriba giuridica si nasconde, una questione piuttosto spinosa sul ruolo che la nuova Cdp Spa dovrà avere tra i meccanismi di finanziamento di enti locali e su quello dello Stato nel finanziamento e nel controllo di imprese industriali di importanza strategica.

Necessità e urgenza del provvedimento

L’unica ragione di necessità e urgenza che potrebbe giustificare l’adozione di un decreto legge è quella di correggere i conti pubblici. Ma è una motivazione meramente fittizia.

Stando alla relazione tecnica, infatti, i risparmi avranno origine dall'”assunzione della titolarità in capo all’erario di quota parte della disponibilità del conto corrente di tesoreria” intestato alla Cdp “e sulle quali attualmente vengono pagati interessi che per effetto della suddetta trasformazione non saranno più dovuti”.

L’intento è ragionevole, ma non giustifica l’adozione di un decreto d’urgenza, per la semplice ragione che gli interessi pagati per i depositi della liquidità della Cassa su conto corrente presso il Tesoro sono fissati dallo stesso ministro del Tesoro e potrebbero essere modificati con un semplice decreto ministeriale. (1)

La natura giuridica dei decreti di trasformazione

Ma un’altra caratteristica dell’operazione solleva dubbi consistenti. Tanto la trasformazione della Cassa in spa, quanto la determinazione delle modalità di gestione (comprese le regole di trasparenza, che vengono così sottratte alla disciplina generale) sono determinate con futuri decreti ministeriali non regolamentari.

Questa qualificazione è molto significativa. Secondo l’articolo 17, comma 4, della legge 400/1988, solo i decreti regolamentari necessitano del parere del Consiglio di Stato e sono sottoposti alla registrazione della Corte dei Conti. La determinazione e la valutazione delle attività e delle passività trasferite alla nuova Cdp spa e di quelle attribuite allo Stato avverrà, quindi, senza il vaglio degli organi di garanzia.

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Banca o intermediario finanziario?

Veniamo, ora, alla questione più importante: perché il Governo vuole trasformare la Cassa con tanta urgenza e in questa maniera opaca? Gli stessi risparmi di spesa potrebbero essere conseguiti in altro modo. Anzi, proprio sui risparmi sono stati sollevati molti dubbi, perché la trasformazione, portando la Cdp fuori dal bilancio consolidato dello Stato, evidenzierà i debiti degli enti locali nei suoi confronti, rischiando così d’aumentare l’indebitamento, pur potendo ridurre il disavanzo.

La questione della “natura” bancaria del nuovo ente chiarisce quali sono i veri intenti del provvedimento.
Il dibattito tra il ministro dell’Economia e il governatore della Banca d’Italia riguardava proprio quest’aspetto: il primo ha difeso apertamente la scelta del decreto di qualificare la Cdp non come banca ma come intermediario non bancario ai sensi dell’articolo 107 del Testo unico bancario, mentre il secondo ne ha sottolineato la natura sostanzialmente bancaria.

Per comprendere la questione è necessario illustrare le funzioni del nuovo ente. Precisamente come ha fatto sinora, la Cdp spa finanzia gli enti pubblici e raccoglie risparmio tra il pubblico emettendo libretti e buoni postali, collocati dalle Poste. Quest’attività “tradizionale” avverrà con gestione separata, dal punto di vista contabile e organizzativo, e con garanzia dello Stato. Inoltre, finanzierà impianti e opere d’altro genere, emettendo strumenti finanziari non garantiti.

La nuova Cdp spa, quindi, svolgerà attività tipicamente bancaria. Il Testo unico bancario riserva per ragioni di tutela del pubblico risparmio e del metro monetario l’attività di raccolta del risparmio tra il pubblico alle sole banche, pur prevedendo un cospicuo numero di eccezioni. La raccolta tra il pubblico di depositi a vista, comunque, è sempre vietata a enti non bancari, trattandosi, sostanzialmente, di moneta.

I libretti postali emessi dalla Cdp sono depositi a vista (2) e, seppure la garanzia dello Stato elimina i rischi per i risparmiatori, si tratta comunque di un’attività riservata in via esclusiva alle banche e sarebbe incongruo sottrarla alla disciplina dettata dal Testo unico bancario per tali enti.

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Giustamente, quindi, il governatore della Banca d’Italia ha affermato nell’audizione davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, che “la Cdp per una parte della sua attività verrebbe a configurarsi come ente creditizio. Come tale dovrà essere soggetta a tutte le disposizioni del Testo unico bancario”. Del resto, il decreto non potrebbe nemmeno qualificare come “banca” solo la gestione separata, poiché si tratta di una mera separazione contabile e non patrimoniale e, soprattutto, poiché la gestione separata non rappresenta un soggetto giuridico autonomo, ma una mera suddivisione gestionale interna a un soggetto unitario, la Cdp spa.

I veri obiettivi della trasformazione

Ma cosa cambia se si qualifica il nuovo ente come una banca o un intermediario? Ebbene, solo alle banche si applicano le regole del Tub e delle istruzioni di vigilanza della Banca d’Italia sulla separazione tra banca e impresa: salvo alcune eccezioni, vietano alle banche di detenere partecipazioni significative o di controllo in società industriali.
Se, a dispetto della natura sostanzialmente bancaria, la nuova Cdp viene qualificata come semplice intermediario può acquistare partecipazioni industriali rilevanti, comprese quelle attualmente nel portafogli dello Stato.
Anzi, i decreti di trasformazione possono trasferire sin da subito alla Cdp partecipazioni sociali dello Stato, quali, ovviamente, Enel ed Eni.

L’obiettivo vero del provvedimento, quindi, sotteso all’acceso dibattito sulla natura bancaria del nuovo ente, potrebbe essere proprio di ricostituire una nuova Iri, ossia una holding controllata dal Tesoro che detenga le partecipazioni strategiche dello Stato.

 

(1) Come previsto dal decreto luogotenenziale 10-8-1945, n. 510, che ancora regola la materia dei conti fruttiferi di enti pubblici presso il Tesoro.

(2) Decreto ministro dell’Economia e delle finanze 6-6-2002, Gu 151, 29-6-2002.

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