L’annuncio che la Bce acquisterà titoli di Stato dei paesi in difficoltà, senza limiti di ammontare, è un significativo passo avanti nella soluzione della crisi del debito sovrano dell’area euro. Tuttavia, gli acquisti saranno sì illimitati, ma anche temporanei, perché concentrati solo sui titoli con  scadenza residua non superiore a tre anni. Una scelta che tutela la Bce da possibili perdite dovute a un aggravarsi della crisi. Manda, però, un segnale di sfiducia al mercato e rischia di generare ulteriori vulnerabilità nei debiti degli Stati sovrani.

L’annuncio che la Banca centrale europea acquisterà titoli di Stato dei paesi in difficoltà, e che gli acquisti non saranno soggetti a limiti è un significativo passo avanti nella soluzione della crisi del debito sovrano dell’area euro. Immediatamente salutato dai mercati con una decisa riduzione degli spread di Italia e Spagna, l’annuncio non prefigura tuttavia per la Bce un ruolo di prestatore di ultima istanza quale hanno la Federal Reserve o la Bank of England. È stato infatti ribadito che gli acquisti saranno condizionati all’attuazione di un programma di riforme fiscali da concordarsi nell’ambito degli aiuti forniti dai fondi salva Stati (Efsf e costituendo Esm). Un altro aspetto importante, che non ha ancora ricevuto un’adeguata attenzione, è che gli acquisti, seppur illimitati nell’ammontare saranno, tuttavia, concentrati su un tipologia specifica di titoli: quelli con scadenza residua non superiore ai tre anni. Quali sono le ragioni e le conseguenze di questo vincolo?

PERCHÉ I TITOLI A BREVE

Concentrarsi sui titoli a breve scadenza appare in contraddizione con lo scopo di limitare lo spread dei tassi rispetto a quelli tedeschi poiché gli spread sono ampi soprattutto sui titoli a lungo termine,  ma risponde a due motivazioni. La prima, poco convincente, è che interventi su scadenze fino a tre anni sarebbero più efficaci in quanto più vicini ai tassi di politica monetaria e ai tassi medi del settore privato. La seconda, più importante, è di carattere strategico: l’acquisizione del diritto a essere rimborsati relativamente presto rispetto agli altri creditori. Infatti, in assenza di creditori privilegiati, status a cui la Bce ha giustamente rinunciato, è la scadenza dei titoli a stabilire l’ordine con cui i creditori saranno ripagati. Con questa mossa la Bce mantiene di fatto il diritto a ritirare i propri prestiti, mediamente, nell’arco di un anno e mezzo. Gli acquisti saranno quindi sì illimitati, ma anchetemporanei.
Ma quale effetto può avere un intervento concentrato sulle scadenze inferiori ai tre anni? Il credito a breve scadenza ha senz’altro un costo minore per il debitore, ma presenta il rischio di svanire dopo poco tempo. L’effetto positivo di un credito “a tempo” è di incentivare il debitore a operare rapidamente mettendo in atto le riforme richieste. Ma un debito a breve scadenza è rischioso; così come i depositi a vista espongono le banche a una corsa agli sportelli, le scadenze ravvicinate e concentrate aumentano il rischio di default, di una crisi di roll over in cui i creditori, presi dal panico, si rifiutano di rinnovare il debito in scadenza. Ovviamente, quello che conta è la scadenza del debito complessivo e non solo di quello eventualmente acquistato dalla Bce. Ciò significa che il rischio di una crisi di liquidità potrebbe essere evitato se l’offerta relativa di debito a breve e a lungo termine rimanesse invariata, in pratica se gli acquisti della Bce si sostituissero a quelli di altri creditori. Questo è però lo scenario più improbabile perché un’offerta invariata a fronte di un aumento della domanda di titoli a breve da parte della Bce produrrebbe una caduta dei tassi d’interesse a breve e a un aumento di quelli a lunga a cui difficilmente le autorità saprebbero resistere senza aumentare l’indebitamento a breve per ridurre il costo del debito. La tentazione di ricorrere al debito a breve scadenza sarebbe ancora più forte qualora si immaginasse una Bce pronta a rifinanziare le sue posizioni in scadenza in ogni circostanza, una speranza che appare ingiustificata alla luce dell’opzione che la Bce si è voluta garantire, limitando i sui interventi sul segmento del debito a breve.

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I RISCHI PER L’ITALIA

Quanto è grande il pericolo per l’Italia che un accorciamento delle scadenze dovuto all’intervento della Bce possa portare a una crisi di liquidità sul debito? Al momento, il rischio è pressoché nullo poiché gli aiuti da parte dell’UE e quindi gli acquisti della Bce non appaiono necessari. Tuttavia, in uno scenario che potrebbe rapidamente deteriorarsi, acquisti di titoli da parte della Bce concentrati sul segmento fino a tre anni costituiscono un’inutile distorsione e introducono un incentivo perverso nelle gestione del debito. Il motivo per cui l’impatto degli alti tassi d’interesse sul costo del debito italiano è stato finora contenuto, consentendo di resistere alla crisi, si deve alla prudente e corretta gestione del debito da parte del Tesoro italiano che, tra la fine del 2008 a la fine del 2011, ha continuato a emettere titoli a lungo termine pur in presenza di una curva dei tassi d’interesse fortemente inclinata. È difficile immaginare che questa politica possa essere mantenuta in uno scenario in cui l’Italia si trovasse costretta a chiedere aiuti all’UE, e gli acquisti della Bce riducessero ulteriormente i costi del debito a breve, se non altro perché le pressioni politiche per un contenimento della spesa per interessi ai fini del pareggio di bilancio sarebbero irresistibili. (1)
Con il credito “a tempo” la Bce si è voluta tutelare da possibili perdite a seguito di un aggravarsi della crisi, ma manda un segnale di sfiducia al mercato e rischia di generare ulteriori vulnerabilità nei debiti degli Stati sovrani.

(1) Per approfondimenti si veda Missale, A., 2012. “Sovereign Debt Management and Fiscal Vulnerabilities”. In R. Moessner and P. Turner (eds.), Threat of fiscal dominance?BIS Paper 65, Basel, May.

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