Il Green Paper della Commissione Europea propone timidamente di coordinare le politiche dellimmigrazione a livello europeo. Ma le lascia saldamente sotto la giurisdizione dei governi nazionali. Così, i governi nazionali continueranno a rincorrersi in una gara al rialzo nelladozione di misure sempre più restrittive, come successo nel caso dellallargamento ad Est dellUnione. Oppure chiuderanno laccesso al welfare da parte degli immigrati, una politica miope e irrealistica (oltre che iniqua), che finisce per creare deterrenti alla mobilità del lavoro anche allinterno dellUnione, quella mobilità che, a parole, tutti i Governi vorrebbero incoraggiare.
Il Green Paper della Commissione europea propone molto timidamente di trovare un accordo fra i Governi europei nel definire regole comuni e criteri stabiliti a livello dellUnione nellammettere immigrati per motivi economici. Limmigrazione è una materia che va per forza di cose coordinata a livello europeo: è lunico modo per garantirne un controllo efficace, facendo gravare su tutti i costi dei controlli alle frontiere comuni, e di evitare che politiche differenziate fra paesi alterino la destinazione dei flussi migratori e impediscano la libera circolazione dei lavoratori allinterno dellUnione. Sin qui i Governi dellUnione si sono limitati ad armonizzare le misure politiche di contrasto dellimmigrazione clandestina, stabilendo nel comunicato dellultima riunione del Consiglio che su questi temi le decisioni saranno prese con voto a maggioranza qualificata. Ma sulle misure per regolamentare limmigrazione legale si è mantenuta la regola dellunanimità, riaffermando che le decisioni devono restare sotto lesclusiva giurisdizione dei governi nazionali. E il Green Paper della Commissione non mette in discussione questa scelta, quando riafferma le scelte sul numero di immigrati da ammettere legalmente rimangono sotto la responsabilità degli Stati Membri.
Si tratta di una posizione schizofrenica perché immigrazione clandestina ed immigrazione legale sono due facce della stessa medaglia. Limmigrazione clandestina tende ad accentuarsi proprio quando le restrizioni poste ai flussi legali sono troppo rigide e non cè coordinamento delle politiche . Basta fare un confronto tra Europa e Stati Uniti per rendersene conto. In percentuale sulla popolazione complessiva, limmigrazione clandestina è di circa il 25 per cento superiore nellUnione rispetto agli Usa, mentre i flussi legali sono più alti di un quarto negli Stati Uniti. Questo perché gli Stati Uniti hanno misure di contenimento dellimmigrazione più realistiche, che significano più immigrati legali (e quindi più qualificati) e meno clandestini. E hanno una politica dellimmigrazione legale che vige su tutto il territorio degli Stati Uniti.
Lesempio dellallargamento a Est
Il recente allargamento a Est dellUnione europea è unillustrazione pratica dei costi del mancato coordinamento. Nei mesi che hanno preceduto lingresso dei dieci nuovi paesi, gli allora 15 Stati membri si sono cimentati in una gara al rialzo nelle limitazioni poste allimmigrazione legale dai nuovi paesi membri. Dodici su quindici hanno rinnegato impegni presi in precedenza di non privare i nuovi membri del diritto a muoversi e lavorare liberamente. Questo perché le opinioni pubbliche di molti paesi hanno temuto che la chiusura delle frontiere da parte dei paesi, scelti tradizionalmente come destinazione principale dai lavoratori dellEst (Austria e Germania), dirottasse orde di immigrati verso di loro.
Dallallargamento si può trarre anche unaltra lezione. I paesi della UE a 15 che alla fine non hanno posto barriere ai lavoratori dellEst Irlanda, Gran Bretagna e Svezia hanno invece ristretto laccesso al welfare da parte degli immigrati. Lopinione pubblica dei paesi più ricchi della UE teme che gli immigrati facciano shopping tra sistemi di welfare, attirati dai paesi più generosi. Secondo un sondaggio dellEurobarometro, quasi un cittadino europeo su due crede che gli immigrati sfruttino il sistema di welfare e poiché la UE non è capace di mettersi daccordo su una politica comune per limmigrazione, i singoli paesi continuano a restringere i benefici assistenziali per gli immigrati.
Immigrati e accesso al welfare
Si tratta però ancora una volta di una politica miope, che crea problemi di lunga durata per risparmiare al massimo qualche euro nel breve periodo. Limmigrazione è un investimento di lungo periodo sia per limmigrato che per il paese che lo accoglie. Un immigrato paga in anticipo il costo del trasferimento nella speranza di un futuro migliore e si assume anche il rischio di non trovare immediatamente un lavoro ed è un rischio piuttosto alto in Europa. I sistemi di welfare assicurano contro questi rischi. Negare laccesso al welfare nei primi anni, quando il rischio è maggiore, rappresenta un forte deterrente alla mobilità del lavoro, compresa quella interna alla UE, della quale invece lEuropa ha estremo bisogno.
Il paese che accoglie limmigrato sostiene nel breve periodo il costo dellassimilazione, che nel tempo sarà ripagato dallimmigrato attraverso contributi sociali e tasse. Più veloce è la fase di assimilazione, più breve il periodo durante il quale limmigrato è un peso fiscale. Impedire o anche solo rinviare laccesso al welfare e a servizi pubblici quali sanità, scuola e abitazione, incoraggia limmigrazione clandestina, che va a ingrossare ulteriormente le fila delleconomia sommersa e ritarda la crescita dei contributi sociali e della base imponibile fiscale. E poiché leconomia sommersa in Europa è già al di sopra della media Ocse, sarebbe necessario che le politiche di welfare evitassero di esacerbare il problema
La lezione degli Stati Uniti
Inoltre, chiudere laccesso al welfare può rivelarsi semplicemente impossibile. A spiegare il perché è lesperienza degli Stati Uniti. Nel 1996, il sistema di welfare americano fu in parte decentralizzato ai singoli Stati. Furono introdotte limitazioni per laccesso ai benefici da parte degli immigrati regolari. Per esempio, gli immigrati legali (ma senza lo status di rifugiati politici) arrivati nel paese dopo lagosto 1996, non avrebbero potuto ricevere i bollini alimentari né accedere a Medicaid per cinque anni. I fautori della riforma speravano che un sistema più decentralizzato avrebbe reso i singoli Stati più cauti nel distribuire i benefici del welfare agli immigrati.
La riforma è fallita. Fin dal 1996 lesclusione degli immigrati da alcuni servizi di welfare è stata contestata nei tribunali, entro la fine del 1997 il Congresso aveva iniziato a respingere le norme più rigide. Mentre sugli Stati si faceva sentire la pressione politica degli elettori immigrati, volta a mantenere i benefici allo stesso livello garantito in precedenza dal sistema federale. Un effetto particolarmente evidente in Stati come la California, dove gli immigrati rappresentano più del 15 per cento dellelettorato.
Dunque, un sistema decentralizzato che discrimina fortemente gli immigrati può trovarsi ad affrontare resistenze politiche e contestazioni sul piano legale. Proprio quello che è destinato ad accadere anche in Europa. Gli immigrati sono già presenti in gran numero nei paesi che stanno pensando di chiudere le porte del welfare, a cominciare dalla Germania. La nuova costituzione UE che attende la ratifica degli Stati proibisce esplicitamente la discriminazione sulla base della nazionalità e afferma il principio che chiunque risieda o si muova legalmente allinterno dellUnione europea, ha diritto ai benefici della sicurezza sociale e ai vantaggi sociali. Lintroduzione di restrizioni nazionali nellaccesso ai sistemi di welfare rischia di aprire un vaso di Pandora di ricorsi alla giustizia. Dopotutto, molte direttive europee e molte decisioni della Corte di giustizia hanno già esplicitamente riconosciuto il diritto degli immigrati ai benefici della sicurezza sociale e agli altri servizi sociali.
Una politica comune
Solo una politica dellimmigrazione comune a livello europeo può impedire che i governi nazionali finiscano per essere presi nel circolo vizioso di misure restrittive allimmigrazione legale che portano solo alla crescita dei flussi di clandestini e riducono la mobilità del lavoro anche allinterno dellUnione. Come Ulisse si lega saldamente allalbero maestro per non essere tentato dal canto delle sirene, si possono governare i flussi migratori solo delegando autorità in questo campo alle istituzioni europee sopranazionali..
Una politica comune europea sullimmigrazione permetterebbe allUnione anche di trattare come un unico soggetto con i paesi dove originano i flussi migratori. LUE ha già imparato i benefici derivanti dal partecipare come un unico soggetto nellarena internazionale con il commercio di beni e servizi. Estendere lapproccio ai movimenti di persone sarebbe la logica estensione. Ma questo, purtroppo, il Green Paper non lo dice.
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