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Lo spread Btp-Bund in tempo di euro

Con la scomparsa del rischio di cambio per l’Italia relativamente alla Germania dopo l’entrata nell’euro, anche il rischio di default si è drasticamente ridotto e i differenziali di interesse tra i due paesi si sono quasi allineati. Ora, però, sembrano tornare ad aprirsi. Un motivo di preoccupazione? L’evidenza empirica ci dice che il recente rialzo dello spread Btp-Bund può essere spiegato interamente da fattori totalmente indipendenti dall’andamento dei fondamentali fiscali italiani. Questo fatto sottolinea il fondamentale ruolo dell’EURO per il contenimento del costo del finanziamento del debito pubblico italiano, in un ambito di aspettative di stabilizzazione dei nostri fondamentali fiscali.

Il differenziale di interesse tra due emittenti sovrani riflette in generale diverse condizioni di rischio, diverse condizioni di tassazione e diverse condizioni di liquidità tra le emissioni. Il rischio è legato alle fluttuazioni dei cambi e al merito di credito. Con l’entrata nell’euro, il rischio di cambio è totalmente scomparso per l’Italia relativamente alla Germania. Con la scomparsa del rischio di cambio, anche il rischio di default si è drasticamente ridotto e i differenziali di interesse tra Italia e Germania sono passati da una media di 452 punti base (con una varianza di 122 punti base) nel periodo 1990-1996 a una media di 24 punti base (con una varianza di 10 punti base) nel periodo 1999-2005 (vedi figura 1).
Un bel risparmio per i contribuenti italiani, se si pensa che 100 punti base di costo di finanziamento del debito equivalgono a circa 13 miliardi di euro all’anno.

Una relazione non lineare

Se il differenziale riflette il rischio di default, è importante monitorare l’andamento di questa variabile per capire la valutazione dei mercati sullo stato dei fondamentali fiscali del paese. Recentemente, alcuni economisti de lavoce.info hanno sottolineato la possibile correlazione tra i segnali negativi sui fondamentali fiscali italiani e una apertura dello spread Btp-Bund da circa 10 a circa 20 punti base.
Dobbiamo preoccuparci?
La convinzione di chi scrive è che la relazione tra fondamentali fiscali e differenziali di interesse non è lineare: la propensione al rischio dei partecipanti ai mercati finanziari non è costante nel tempo e l’effetto dei fondamentali fiscali sul differenziale di interesse può essere molto diverso in tempi di alta e bassa propensione al rischio. Esistono in letteratura varie proposte per misurare l’appetito per il rischio dei mercati finanziari. Una di queste è il differenziale di rendimento tra i tassi fissi sugli swap a 10 anni Usa e i rendimenti dei titoli di Stato a 10 anni Usa (Asset Swap Spread). Questa è una variabile utile dal nostro punto di vista perché esogena: è difficile pensare che i potenziali problemi dei fondamentali fiscali italiani la influenzino. La figura 2 mostra come l’andamento del differenziale Btp-Bund dal 1999 in poi è decisamente e positivamente correlato con questa variabile. In particolare, il recente incremento del differenziale Btp-Bund da 10 a 20 punti base potrebbe essere interamente spiegato dal corrispondente rialzo dello Asset Swap Spread Usa. Infatti, la figura 3 mostra come il differenziale Btp-Bund dal 1999 in poi non sia mai significativamente diverso da una serie “artificiale” generata sfruttando esclusivamente l’andamento dell’Asset Swap Spread Usa.
Quindi, dobbiamo preoccuparci?
Il fatto che l’Italia sia nell’area dell’Euro e l’impegno credibile delle nostra autorità di politica fiscale al controllo di deficit e debito hanno portato il nostro paese in una classe di emittenti a basso rischio. Nell’ambito di questa classe paghiamo un piccolo differenziale di interesse rispetto alla Germania che non è costante nel tempo ma è invece legato alle fluttuazioni nell’avversione al rischio dei mercati internazionali. L’evidenza empirica ci dice che il recente rialzo dello spread Btp-Bund può essere spiegato interamente da fattori totalmente indipendenti dall’andamento dei fondamentali fiscali italiani. Questi fatti reiterano l’importanza di rimanere nell’Euro e di perseguire rigorosamente la disciplina fiscale.

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Figura 1: Lo Spread BTP-Bund 10 anni

Figura 2: Lo Spread BTP-Bund dal 1999 in poi

Figura 3: Spread BTP-Bund osservato e simulato

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14 commenti

  1. Vincenzo Pinto

    Mi scusi Prof. Favero, ma la chiusura dell’articolo mi sembra in contraddizione con tutto il resto. Lei dice:
    “L’evidenza empirica ci dice che il recente rialzo dello spread Btp-Bund può essere spiegato interamente da fattori totalmente indipendenti dall’andamento dei fondamentali fiscali italiani”.
    Mi pare di capire che i mercati finanziari, più che guardare ai nostri fondamentali fiscali guardano alla reputazione del paese, che nel nostro caso è comunque considerato più “rischioso” della Germania, nonostante la situazione fiscale – ed economica – sottostante. Come si sposa questo con la conclusione:
    “Questi fatti reiterano l’importanza di rimanere nell’Euro e di perseguire rigorosamente la disciplina fiscale”.
    D’accordo per il rimanere nell’Euro, in questo modo confondiamo la nostra posizione con quella degli altri paesi dell’UEM e in più trasferiamo pure un po’ di rischio di default all’estero. Ma concludere che la disciplina fiscale rimane importante in sé mi sempra una contraddizione; a meno che non volesse dire che è importante nella misura in cui cerchiamo di replicare la dinamica fiscale tedesca.

    • La redazione

      E’ il (leggero) cambiamento nella propensione al rischio dei mercati che spiega l’incremento dello spread. questo è indipendente dai fondamentali fiscali italiani, a meno dell’improbabile scenario in cui i fondamentali
      fiscali italiani influenzano lo asset swap-spread statunitense.

  2. luca zappa

    La commistione in una analisi scientifica tra eventi da una parte e correlazioni/cause dall’altra è assai pericolosa. Mi sembra, con il dovuto ripetto, che lei confonda una correlazione (correlazione tra asw spread sui titoli americani e differenziale dei rendimenti italo tedesco) con la causa che determina gli eventi stessi, quando ben altri e chiari sono i motivi. La scienza economica dovrebbe andare oltre la ricerca di probabili algoritmi volti a spiegare l’evolversi dei fenomeni sociali. L’economia è molto scienza sociale, ma poi arriva sempre qualcuno che introduce le aspettative razionali e soprattutto i comportamenti razionali dell’ homo economicus e soprattutto dei traders….
    Detto questo mi permetto altresì di aggiungere che in un mondo finanziario basato su una serie impressionante di “convenzioni” matematiche e carta, bisognerebbe stare molto attenti ad accendere fuochi nelle vicinanze. Questa è la situazione italiana con l’euro. A presto.
    Luca Zappa

    • La redazione

      La sua affermazione che io confondo correlazione con causa che determina gli eventi stessi mi è incomprensibile. Quali sarebbero gli altri motivi ben altri e chiari ? Sono invece d’accordo, come penso appaia chiaramente da quello
      che dico sulla pericolosità di “accendere fuochi nelle vicinanze”. A condizione di aver ben inteso quello che Lei vuol dire.

  3. Davide Cantoni

    Affinché la propensione al rischio possa spiegare il differenziale BTP/Bund ci vuole, però, un qualche rischio intrinseco che sia considerato dai mercati superiore in Italia rispetto alla Germania. Se non ci fosse nessuna differenza di rischio (=identica probabilità di default per Italia e Germania) i cambiamenti nell’avversione al rischio non si rifletterebbero in un differenziale tra BTP e Bund.
    Bisogna quindi sottolineare che – comunque – i mercati vedono un rischio di default (o altra sciagura finanziaria) più alto in Italia rispetto alla Germania.

    • La redazione

      Esatto, il mercato percepisce più alto il rischio default per l’Itali vs la Germania.
      Solo che quando la propensione al rischio diciamo così “generale” è alta, i mercati sono disposti a comprare questa differenza di probabilità di default.

  4. Gianluca Galletto

    Premetto che la spiegazione dell’andamento dello spread BTP-Bund dat i n questo articolo e’ molto interessante. Ma non mi convince fino in fondo. Nel senso che resta parziale.
    Il fatto che l’andamento dello spread sia fortemente correlato con lo spread fra il 10Y Swap e il 10Y Treasury, non comporta necessariamente che sia questa variabile a determinare l’andamento della prima, ne’ che la variabile che influenza la seconda sia la stessa che determina l’andamento dello spread BTP-Bund. Andrebeb verrificato che la stessa correlazione esiste con gli spread col Bund degli altri paesi dell’arera euro con caratteristiche simili a quelle dell’Italia, o quanto meno con lo stesso rating. Inoltre, sebbene questa variabile possa spiegare l’andamento nel tempo dello spread BTP-Bund, non spiega perche esso ci sia in “the first place”. Venuto meno il rischio cambio, rimane il rischio credito e fattori tecnici (liquidita e simili) a differenziare i rendimenti fra Italia e Germania. E il nostro rischio di credito resta piu alto a causa dei nostri fondamentali (livello debito/pil principalmente). Se questo rischio (o la percezione di esso) aumentano – la liquidita’ non e’ certo il problema in caso di BTP-, aumenta anche lo spread BTP-Bund ed e’ plausibile che in momenti di riduzione della propensione al rischio generale nei mercati mondiali, anche la percezione della differenza fra rischio di credito fra due emittenti diventi piu’ elevata.

    • La redazione

      La risposta per il signor Galletto è in “government bond spread” by Codogno et al. in Economic Policy 37, October 2003.

  5. Pierluigi Coriazzi

    L’articolo offre l’ineccepibile descrizione del c.d. fenomeno di flight to quality: un aumento dell’avversione al rischio riduce la domanda di titoli rischiosi, quindi ceteris paribus ne determina riduzione di prezzo e aumento di tasso. Restando comunque vero che la riduzione di prezzo / aumento di tasso si verifica anche nel caso che, a parità di avversione al rischio, si riduca la (percezione della) solidità finanziaria di un’emittente.
    Sono quindi d’accordo con Lei Prof Favero? Nell’analisi sì ma non nella risposta alla domanda che Lei pone: “Dobbiamo preoccuparci?” Domanda alla quale io sono incline a rispondere sì.
    La premessa che porta la mia opinione a distanziarsi dalla Sua è, credo, il giudizio sull’evoluzione dell’avversione al rischio, che io non valuto in riduzione.
    Indubbiamente questo è l’argomento più opinabile; se per le probabilità di insolvenza da Black in poi un framework unificato di riferimento per quanto delicato esiste, per una variabile latente come l’avversione al rischio di modelli econometrici che si propongono coraggiosamente di stimarla ce ne sono forse persino troppi. E per un’analisi che vede l’avversione al rischio (come l’ultimo rapporto annuale della BIS) probabilmente ne esiste sicuramente almeno un’altra che afferma il contrario
    Cordiali saluti
    Pierluigi

  6. Nicola

    Gent.mo Professore,

    correndo il rischio di essere troppo diretto credo che la sua analisi si basi su un peccato originale: quello da lei riportato nella Figura 2.

    Grafico sicuramente interessante per definire la propensione al rischio ma altrettanto sicuramente mal utilizzato a questo scopo.

    Affermare a cuor leggero che il rialzo dello spread BTP-Bund puo’ essere spiegato INTERAMENTE da fattori totalmente indipendenti dall’andamento dei fondamentali fiscali e’ fortemente opinabile e se osserviamo cosa e’ successo allo spread nelle ultime settimane la sua affermazione puo’ essere subito smentita (basti chiamare un qualunque trader di governativi della City).

    Ma allora come si spiega la bellezza del suo grafico 2? Il Swap spread US puo’ essere effettivamente preso a proxy della propensione generale del mercato al rischio MA piuttosto che come benchmark a cui correlare lo spread BTP-Bund va preso come una sorta di “coefficiente di correzione” o “stato del mondo”. Che vuol dire? il mercato vive di “returns”: una variazione di un basis point quando gli spreads sono 100 vale 1% ma quando sono 10 vale 10%. Quindi il grafico 2 cosi come riportato e’ poco significativo ma e’ facilmente riciclabile.
    Si ribasino i due indici a 100: il nuovo grafico mostra variazioni della propensione al rischio vs variazioni dello spread BTP-Bund. E’ EVIDENTE che in un contesto di fatto stabile di propensione al rischio lo spread BTP-Bund e’ esploso sulla base della situazione economica relativa.

    Cordiali saluti
    NC

  7. Antonio Tagliola

    Sarebbe davvero interessante aggiornare l’analisi ai giorni nostri.
    Antonio

  8. Rocco Lupoi

    Se era un argomento importante (ci si domandava: "dobbiamo preoccuparci?") quando lo spread era 20 bp. Adesso che i bp sono 130/140 cosa dobbiamo pensare? Non e’ il caso di riaggiornare l’analisi?

  9. Franco Leggedri Cordoba Arg ~ International Network

    Italia: dietro a Uganda (ove vi son casi di denutrizione infantile, ma nonostante cio’ davanti all’Italia), Giordania, Ghana, Botswana, Albania, in un mare di classifiche internazionali, indicizzanti qualita’ di democrazia, liberta’ di stampa, liberta’ economica, trasparenza, livello di lealta’ della competizione, regolazione di conflitti di interessi “economico/politici” (ove e’ agli ultimissimi posti nel mondo, addirittura dietro a Zimbabwe e Birmania!), ect ect. Italia: btp schifato sempre piu’ da tutti i principali investitori finanziari mondiali, rispetto al bund Tedesco, nonostante entrambi siano in euro e abbian la Bce dietro. Italia: 200.000 soldati previsti per fine 2009, un Cile di Pinochet in pieno Mediterraneo: pcche’ wagliunce’ dim pche’. Ma proprio perche’ e’ dittaturata in tutto e per tutto da nazicamorristi! Barack Obama, per me, e’ un grandissimo: sta snobbando Berlusconi, giustissimamente! A quel corrotto di Gianni Castellaneta della mafiosissima ambasciata italiana a Washington, non ha dato finora il minimo cenno di dialogo. Ovvio!

  10. sandro forcheri

    Mi sembra che inizio anni 2000 per un brevissimo periodo (giorni) le spread Italia
    Germania è stato leggermente negativo. Potete confermare?

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