Il concetto di e-government comincia a permeare anche il settore pubblico italiano, tradizionalmente refrattario all’innovazione. Ma non basta che ministeri ed enti locali si dotino di un sito web. Trasporre le tecnologie informatiche su una macchina organizzativa obsoleta e farraginosa, strutturata ancora secondo principi ottocenteschi sortirà solo effetti limitati. Invece l’introduzione dell’Information Technology costituisce l’occasione storica per ripensare dalle fondamenta l’impianto organizzativo della pubblica amministrazione.

Il concetto di e-government ha cominciato a permeare anche il settore pubblico italiano, tradizionalmente refrattario all’innovazione. Ma non basta che ministeri ed enti locali si dotino di un sito web per portare la burocrazia nel XXI secolo. Trasporre le tecnologie informatiche su una macchina organizzativa obsoleta e farraginosa, strutturata ancora secondo principi ottocenteschi sortirà solo effetti limitati. Invece l’introduzione dell’Information Technology costituisce l’occasione storica per ripensare dalle fondamenta l’impianto organizzativo della pubblica amministrazione.

Cittadini attraverso Internet

Due gli obiettivi fondamentali da perseguire, semplici nell’enunciazione, ma rivoluzionari negli effetti.
Il cittadino dovrà poter espletare qualsiasi pratica via Internet, senza bisogno di recarsi fisicamente in un ufficio pubblico e, nel caso, pagare con un mezzo elettronico (carta di credito o cellulare). Sarà compito dello Stato rendere facile l’accesso, la ricerca e la navigazione dei propri siti internet, aspetti che andranno continuamente monitorati (e migliorati). L’efficienza di un ente o uffico pubblico verrà valutata in base al numero di pratiche espletate on-line, alla velocità del processo nonché al numero di reclami (inviati a un organismo di controllo, un ombudsman della pubblica amministrazione). Per quei cittadini che incontrino difficoltà con il computer oppure per pratiche complesse vanno istituiti sportelli “One-stop, Full-stop” (Osfs) in ogni ufficio pubblico. Qui il cittadino dovrà trovare un funzionario al quale spiegare di cosa ha bisogno (ad esempio licenza edilizia, passaggio di proprietà, rilascio del passaporto). Sarà il funzionario a trovare attraverso un motore di ricerca tutti i certificati o i documenti necessari, a inviarli elettronicamente all’ufficio competente e a dare conferma dell’espletamento del compito. I punti Osfs costituirebbero il front office dello Stato, l’unica, semplice interfaccia tra amministrazione e cittadini (o imprese).
Si scardinerebbero così i due pilastri su cui regge la “mala amministrazione”.
In primo luogo, il concetto ottocentesco e autoritario secondo cui l’amministrazione pubblica decide quali sono le informazioni e i documenti necessari per i propri fini, mentre l’onere di procurarseli attraverso i meandri della burocrazia è scaricato sul cittadino. Ma anche il criterio secondo cui il funzionario pubblico debba attenersi pedissequamente alle regole indipendentemente dal risultato, con la conseguenza che si finisce per impedire o ostacolare tutto quanto non esplicitamente previsto o autorizzato. Al contrario, il funzionario del front office avrà come compito primario l’espletamento della pratica in tempi brevi, superando eventuali intoppi.
La suddivisione del settore pubblico dovrà essere “invisibile” per l’utente-cittadino. L’anagrafe, l’ufficio delle tasse, il casellario giudiziario eccetera non saranno luoghi fisici separati dove recarsi per ottenere prestazioni e certificati, ma una suddivisione funzionale interna all’amministrazione, analogamente a quanto avviene ad esempio nelle banche. La situazione attuale è inefficiente e ingiusta per il cittadino: i vari settori dello Stato non comunicano e adottano criteri organizzativi incompatibili. Paradossalmente, è proprio il cittadino “l’agente transazionale” della pubblica amministrazione, il soggetto che ha l’onere di far comunicare i compartimenti stagni dell’apparato pubblico.
Il front office dovrà assumere un ruolo preminente. Pertanto andrebbe affidato a un ministro responsabile di fronte agli elettori, con compiti di coordinamento, supervisione e gestione delle risorse. Il front office sarà il cuore della pubblica amministrazione: dovrà studiare la semplificazione delle procedure, migliorare la comunicazione tra i vari organismi, diffondere le best practices, (ri)qualificare il personale. Infine, dovrà essere istituito un organismo di controllo separato (un ombudsman) che valuti la produttività e i risultati di tutto il settore pubblico.

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I tentativi in atto

Questa trasformazione implica un compito titanico, e un cambio di mentalità profondo specie in Italia dove l’autocertificazione, introdotta da decenni, genera ancora avversioni e diffidenze nella burocrazia. Ma se un progetto di trasformazione e i relativi benefici venissero spiegati con chiarezza ai cittadini e l’obiettivo fosse parte di un programma di governo, sarebbero gli elettori a imprimere un impulso abbastanza poderoso da scardinare le resistenze. Qualcosa in questo senso si sta già muovendo: poco tempo fa è stato lanciato un programma da 100 milioni di euro (di cui 35 co-finanziati dal ministero della Innovazione tecnologica) per interconnettere le amministrazioni pubbliche. È un segnale che quantomeno esiste la consapevolezza del problema, ma l’obiettivo è ancora troppo limitato ed estemporaneo. Senza un progetto strategico di lungo periodo che rivoluzioni l’impianto organizzativo della pubblica amministrazione, una volta spesi i fondi si ritornerà pressapoco al punto di partenza.

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