I dati del nuovo Senato confermano la regola: chi cambia la legge elettorale perde e i parlamentari che l’hanno votata vanno a casa. Il turnover dei senatori dei partiti della vecchia maggioranza è radicalmente aumentato. Nonostante la legge, c’è una nuova maggioranza. Ma è risicata. Serve allora una Grosse Koalition? Non con un elettorato così polarizzato per professioni come emerge dai sondaggi. Si rischiano solo veti incrociati e immobilismo

Finalmente si è votato. Date le nuove regole poteva andare molto peggio. Sia pure fortunosamente, una delle due parti politiche è riuscita a ottenere la maggioranza in entrambe le Camere. Ma bisognerà vedere se riuscirà a governare e in particolare se riuscirà a fare le riforme che servono davvero per l’economia. Qualcuno suggerisce la Grosse Koalition. Ma favorirebbe davvero le riforme? Offriamo delle riflessioni in merito, sostenute da qualche dato.

 

Legge elettorale e turnover della classe politica

 

In un precedente intervento avevamo documentato che: 1) chi, a pochi mesi dalle elezioni, cambia la legge elettorale a proprio vantaggio, spesso sbaglia i conti e finisce con l’essere penalizzato, piuttosto che avvantaggiato, dal nuovo sistema; e 2) le modifiche della legge elettorale sono tipicamente accompagnate da un maggior turnover della classe politica, e curiosamente, chi ci rimette più facilmente il posto sono proprio i parlamentari che hanno votato per la riforma. L’esempio italiano conferma questi aspetti?

La tabella che segue presenta alcune statistiche sul turnover della classe politica nell’ultima elezione rispetto a quelle precedenti per il Senato, l’unica Camera per cui disponiamo al momento di informazioni affidabili. Le prime tre colonne misurano l’eccesso di turnover per ciascun partito nelle ultime tre elezioni cioè la differenza tra il turnover vero e proprio (la somma dei nuovi entrati e dei “trombati”) e la variazione nei seggi ottenuti dal partito, in rapporto con la media dei seggi ottenuti nelle due elezioni considerate. Si tratta di una misura della mobilità dei rappresentanti di un partito in aggiunta alla “naturale” mobilità indotta dalla variazione nei seggi ottenuti alle elezioni. Le ultime tre colonne misurano, invece, semplicemente la percentuale dei senatori che hanno mantenuto il posto tra un’elezione e l’altra.

La tabella parla da sé. Per la maggior parte dei partiti, il turnover è nettamente aumentato in quest’ultima elezione. Fanno eccezione solo Rifondazione comunista, la cui variazione nei seggi al Senato è stata così forte (più ventiquattro) da annullare l’effetto della “mobilità” volontaria, e Forza Italia, che, evidentemente, ha scelto un alto tasso di conferma per i suoi parlamentari. Lo stesso effetto si vede anche per l’altra statistica; solo il 38 per cento dei senatori risulta confermato nell’aula che verrà, a fronte del 42 per cento nel 2001. E tolta Rifondazione (che ha confermato tre senatori sui quattro che aveva) la riduzione per gli altri partiti è ancora più netta.

Che la classe politica si rinnovi, non è necessariamente un male. Tutto dipende da come si è determinato il cambiamento. Siccome in questo caso i nuovi senatori non sono stati indicati ed eletti dai cittadini, ma cooptati direttamente dalle segreterie dei partiti, qualche preoccupazione è legittima. Certo, appare essenziale rimettere mano presto almeno a questo aspetto della legge elettorale: ridare agli elettori la possibilità di esprimere preferenze.

 

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JT XII-XIII

JT XIII-XIV

JT XIV-XV

EXC JT XII-XIII

EXC JT XIII-XIV

EXC JT XIV-XV

RET XII-XIII

RET XIII-XIV

RET XIV-XV

Alleanza Nazionale

76.92

72.73

132.56

65.93

65.91

120.93

58.33

65.12

35.56

Lega Nord

112.64

127.27

133.33

36.78

81.82

106.67

31.67

29.63

29.41

Forza Italia

111.11

127.56

76.25

88.89

81.89

71.25

50.00

51.11

53.66

UDC ex CCD+CDU

167.57

88.89

152.00

97.30

74.07

120.00

25.00

60.00

20.69

Democratici di Sinistra

93.18

107.88

125.98

65.91

64.24

122.83

61.84

38.00

35.38

Rifondazione Comunista

89.66

146.67

19.35

41.38

53.33

12.90

44.44

18.18

75.00

totale

111.11

116.83

103.49

111.11

116.83

103.49

44.44

41.59

38.10

 

  

Un elettorato polarizzato ….

 

Ci vorrà del tempo perché siano resi disponibili dati che consentano analisi approfondite sul voto di domenica. Ma qualcosa si può già capire guardando ai dati sulle intenzioni di voto, a poche settimane dalle elezioni. Il sondaggio condotto da Ipsos per il Sole-24Ore nel marzo del 2006 ha il vantaggio di mettere a fuoco cambiamenti di orientamento elettorale e atteggiamenti nei confronti di riforme importanti da parte di gruppi sociali che hanno conosciuto andamenti divergenti del loro reddito negli ultimi cinque anni, quali i lavoratori autonomi e i lavoratori dipendenti. (1)

 

Il sondaggio conferma quanto in larga parte è già noto; i lavoratori dipendenti in maggioranza dichiarano di votare per il centrosinistra, mentre autonomi, liberi professionisti e imprenditori tipicamente per il centrodestra. Inoltre, c’è scarsa mobilità tra i poli: gli elettori in grande maggioranza dichiarano di confermare le scelte effettuate nelle precedenti elezioni. Ma qualcuno si muove o dichiara di volerlo fare; ed è interessante vedere in che direzione si muova a seconda della categoria professionale di appartenenza.

La mobilità verso destra o verso sinistra (da parte di chi aveva votato all’opposto o si era astenuto nelle precedenti elezioni, quelle del 2001) è illustrata nel grafico che segue per il totale degli intervistati e per le singole categorie considerate.

Due i fatti di maggiore rilievo. In linea con i risultati delle elezioni, c’è una chiara tendenza verso sinistra per il complesso degli intervistati: la percentuale di coloro che dichiarano di voler votare a sinistra nel 2006, avendo votato a destra (o essendosi astenuto) nel 2001, è di circa 3 punti maggiore di quelli che dichiarano di voler fare l’opposto. Ma, ecco il secondo rilievo, queste tendenze sono diverse per professioni. I lavoratori dipendenti si spostano in massa verso il centrosinistra, con un flusso netto di circa 6 punti percentuali. Viceversa, le altre categorie restano ferme, oppure addirittura si muovono nella direzione opposta, come i commercianti e i lavoratori autonomi.




Se queste tendenze sono state poi confermate dal voto, vuol dire che abbiamo nel 2006 un elettorato ancora più polarizzato di prima. Difficile immaginare che dietro queste tendenze non ci siano anche i risultati delle politiche scelte dal centrodestra nell’ultima legislatura, che lo hanno visto privilegiare fortemente il lavoro autonomo e le libere professioni – con le riforme non fatte e l’indulgenza verso l’evasione fiscale – rispetto al lavoro dipendente, in difficoltà di reddito, stabilità del lavoro e potere d’acquisto.

 

… e la Grosse Koalition

 

I due gruppi sociali, lo documenta sempre il sondaggio, si ergono a difesa dello status quo per quanto li riguarda più da vicino. Gli autonomi si oppongono alla liberalizzazione delle professioni, mentre i dipendenti sono in genere ostili a riforme del mercato del lavoro e delle pensioni. Si deve allora cercare una grande coalizione dei partiti centrali, che possano così varare le necessarie riforme economiche? Ma non c’è il rischio che una grande coalizione, che mette insieme due elettorati così polarizzati, risulti bloccata dai veti incrociati dei partiti, timorosi di perdere il proprio elettorato di riferimento?

Tra le domande del sondaggio del Sole-24Ore, una può darci qualche indicazione interessante. Riguarda l’atteggiamento nei confronti della creazione di una grande coalizione di partiti di centro. Abbiamo perciò valutato come gli atteggiamenti nei confronti della Grosse Koalition oppure a sostegno di uno dei due poli, influenzino le posizioni nei confronti di due riforme quali “l’aumento della età pensionabile” (che penalizza soprattutto il lavoro dipendente) e “la liberalizzazione degli ordini professionali”, (che colpisce il lavoro autonomo).

Analisi in cui teniamo conto di queste e altre variabili (riportate nel pdf allegato) ci dicono che tra i lavoratori dipendenti, chi vota a destra è più favorevole all’allungamento della età pensionabile; tra i liberi professionisti, chi vota a sinistra, è maggiormente favorevole alla liberalizzazione degli ordini. Chi, invece, è favorevole a una grande coalizione ha atteggiamenti in linea con quelli del lavoratore medio della categoria, quindi è contrario alle riforme. 

Ne segue che allungare la vita lavorativa può essere molto costoso per il centrosinistra, perché i suoi elettori lavoratori dipendenti non sono favorevoli. Viceversa, abolire gli ordini professionali può essere molto costoso per il centrodestra, perché i suoi elettori liberi professionisti sono contrari. Interventi incrociati invece sono relativamente meno costosi, perché, per esempio i liberi professionisti che votano a sinistra sono già abbastanza favorevoli all’abolizione degli ordini e non verrebbero dunque “persi” da una politica in questa direzione. Gli elettori che sostengono la grande coalizione sembrano, invece, schierarsi sulla base dei propri interessi di categoria. Rimane perciò il dubbio: una grande coalizione può davvero rilanciare l’azione riformatrice in Italia? 

 

 

(1) L’accesso ai dati del sondaggio ci è stato gentilmente accordato dal Sole-24Ore e dall’Ipsos.
Per informazioni sui campioni utilizzati: imprenditori; commercianti e artigiani; liberi professionisti; dipendenti privati; dipendenti pubblici.

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