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Risposta a Prodi

Le restrizioni americane agli investimenti stranieri sono determinate con norme di legge. Un eventuale investitore conosce quindi con certezza dove potrà e dove non potrà investire. In Italia ciò che scoraggia gli investitori internazionali è l’incertezza normativa. Ma a preoccuparli ancora di più sono gli interventi diretti del governo in decisioni che dovrebbero essere di esclusiva competenza delle imprese. Come quando ha dato l’impressione di essersi appropriato del diritto all’informazione preventiva sulle fusioni bancarie del quale la Banca d’Italia si è spogliata.

“Le posso assicurare che interveniamo molto meno dei paesi che ci fanno la predica e che ci sono ventuno settori negli Stati Uniti in cui lei non può investire”. Così Romano Prodi al Festival dell’economia di Trento rispondeva alle domande della redazione de lavoce.info che, forse un po’ maliziosamente, gli chiedevano se fosse legittimo interpretare una frase delle Considerazioni finali del governatore Draghi (“Un sistema finanziario moderno non tollera commistioni fra politica e banche”) come riferita all’azione del suo governo.
Siamo andati a verificare, come sempre cerchiamo di fare in occasione di dati citati durante confronti pubblici, la veridicità dell’affermazione del presidente del Consiglio.

I settori “chiusi” dell’America

Negli Stati Uniti i settori in cui esiste qualche limitazione agli investimenti esteri in realtà sono sedici, non ventuno. La tabella che pubblichiamo in calce a questo articolo mostra un elenco dei settori nei quali si applicano delle restrizioni e la loro fonte normativa. I dati riportati nella tabella suggeriscono tre considerazioni.
Innanzitutto, in sei casi su sedici, le imprese protette operano in settori molto particolari: dogane, reattori nucleari e impianti di arricchimento di combustibile nucleare, comunicazioni satellitari, società che offrono garanzie agli investimenti in determinati paesi in via di sviluppo. Tra questi sei settori, quelli che non sono militari, o affini, sono agricoltura e pesca – settore nel quale società non americane possono operare, ma sono escluse dagli aiuti di Stato – e il trasporto aereo e marittimo a piccolo raggio, cioè interno agli Stati Uniti, l’unica vera restrizione rilevante. Negli altri dieci settori esistono restrizioni, ma sono più deboli: in generale è richiesta semplicemente la reciprocità. Per citare un esempio recente, sebbene radio e televisioni siano indicate come un settore al quale si applicano talune restrizioni agli investimenti esteri, nessuna autorità Usa ha sinora sollevato obiezioni al progetto dell’australiano Robert Murdoch di acquistare la società che possiede il Wall Street Journal e che controlla numerose stazioni radio negli Stati Uniti.
La seconda osservazione è che la maggior parte dell’economia americana opera al di fuori di questi particolari settori ed è aperta agli investimenti esteri. Ad esempio non è stata sollevata alcuna obiezione all’acquisto da parte della cinese Lenovo dei Pc portatili Ibm.

Certezze Usa e incertezze di casa nostra

La terza considerazione è tuttavia la più importante. Le restrizioni americane, ove esistono, sono determinate con norme di legge, quelle che abbiamo riportato nella tabella. Un eventuale investitore conosce quindi con certezza dove potrà e dove non potrà investire. Ciò che scoraggia gli investimenti esteri in Italia (nel periodo 2000-2004 l’Italia ha ricevuto il 2 per cento del totale degli investimenti diretti esteri pervenuti nell’Unione Europea, a fronte del 6 per cento ciascuno di Francia e Germania, 7 per cento della Spagna, 9 per cento dell’Olanda, 14 per cento del Regno Unito) è l’incertezza normativa.
A metà degli anni Novanta il Banco Bilbao Vizcaja fu invitato a investire nella privatizzazione di Bnl. Nessuna norma vietava agli spagnoli di acquisire il controllo della banca ed essi investirono nell’aspettativa che avrebbero potuto aumentare la loro quota. Decisioni discrezionali della Banca d’Italia impedirono loro di farlo e, alla fine, dovettero abbandonare. Anche nel caso delle autostrade la concessione non prevede un diritto di veto dello Stato sulla proprietà della società che ottiene la concessione. La spagnola Abertis è stata esclusa con un’interpretazione ex-post delle norme.
Si potrebbe argomentare che un qualche grado di incertezza normativa esiste anche negli Stati Uniti. Si è molto parlato, ad esempio, del caso recente delle società che gestiscono i porti. Negli Stati Uniti i porti non sono un settore riservato a soggetti nazionali: anzi, la gestione straniera è la regola. Negli Usa ci sono circa quindici porti importanti: ognuno ha da 3 a 12 terminal. Il totale dei terminal è circa 100. Otto di questi sono gestiti da società statunitensi; una dozzina dai municipi e dagli stati; la gestione di circa 80 terminal è in mano a società straniere. La questione di cui recentemente si è parlato riguardava la Dubai Ports World, una società degli Emirati Arabi che aveva acquistato la Peninsular and Oriental Steam Navigation Company (P&O), un’azienda britannica. Attraverso questa acquisizione la P&O sarebbe entrata in possesso di alcuni importanti terminali situati in porti americani: New York, Miami, Newark-Port Elizabeth, Philadelphia, New Orleans, e Baltimore. Il divieto imposto dal Congresso di Washington era motivato non dall’essere la Dubai Ports World una società estera, ma araba, e l’argomento era il rischio che Al Qaeda potesse acquisire un’influenza sulla società. Altri casi simili sono stati il divieto opposto all’acquisto di Uncoal, una società energetica americana, da parte della cinese Cnooc, e al passaggio, anche in questo caso in mani cinesi, di alcune infrastrutture marittime collocate lungo il Canale di Panama. Nonostante questa incertezza normativa (che tuttavia è limitata a casi specifici) gli investimenti esteri negli Usa crescono ogni anno – come d’altronde è inevitabile considerando l’esigenza di finanziare l’enorme disavanzo delle partite correnti della bilancia dei pagamenti Usa.

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Gli interventi del governo

Quindi non è neppure l’incertezza normativa il fattore che allontana gli investimenti esteri dall’Italia. Ciò che preoccupa gli investitori internazionali sono gli interventi diretti del governo in decisioni che dovrebbero essere di esclusiva competenza delle imprese.
La notizia che uno stretto e importante collaboratore del presidente del Consiglio, su carta intestata della presidenza del Consiglio, avesse inviato agli amministratori di Telecom Italia, una società privata quotata in borsa, un progetto di ristrutturazione delle attività industriali di quell’azienda, ha fatto molto più danno della stessa presenza, nello statuto della società telefonica, di una “golden share”. Lo stesso è accaduto quando il presidente del Consiglio non ha resistito alla tentazione di applaudire alla fusione tra Intesa e Imi-San Paolo prima ancora che i consigli di amministrazione delle due banche la approvassero, così dando l’impressione di essere stato informato dell’operazione prima del mercato. Il 24 agosto 2006 Prodi disse, riferendosi alla fusione bancaria, “bella notizia, mi auguro che la fusione vada in porto”. I cda delle due banche si riunirono, per approvare la fusione, due giorni dopo, sabato 26 agosto. Il fatto non è irrilevante: lo scorso anno il governatore Draghi aveva abolito l’obbligo delle banche di informare la Banca d’Italia prima dei loro cda di eventuali progetti di fusione. Si è quindi avuta l’impressione che il governo si fosse appropriato del diritto all’informazione preventiva del quale la Banca d’Italia si era spogliata.
Ci spiace, signor presidente del Consiglio, ma continuiamo a credere che le Considerazioni finali si riferissero proprio all’operato dell’esecutivo da Lei presieduto.

 

USA: Settori in cui esistono limitazioni agli investimenti esteri

Settori in cui la proprietà estera è esclusa

Settore

Tipo di divieto

Fonte normativa della restrizione

1. Reattori nucleari e impianti per la produzione di combustibile nucleare

Imprese straniere o controllate da governi stranieri

Atomic Energy Act. 42 U.S.C. §§ 2011 et seq. (1954)

2. Aziende che operano nelle dogane

I cittadini non statunitensi non possono ottenere una licenza per sdoganare merci

Tariff Act. 19 U.S.C. § 16411 (b)

3. Agricoltura e Pesca

Imprese controllate da stranieri non possono ricevere aiuti di Stato. Imprese estere non possono effettuare la pesca costiera. Soggetti esteri possono avere solo partecipazioni di minoranza in società proprietarie di imbarcazioni che operano negli USA. Le società devono comunque battere bandiera USA

7 U.S.C. §1922. 7 U.S.C. §1941. 7 U.S.C. §1961. Anti-Reflagging Act (1987)

4. Assicurazioni e/o garanzie agli investimenti in determinati PVS

Soggetti nazionali debbono detenere più del 50% della proprietà di società che operano in questo settore

Foreign Assistance Act (1961). 22 U.S.C. §§2198(c)

5. Comunicazioni satellitari

Nessuna compagnia straniera e altri stranieri possono detenere più del 20% della proprietà

Communications Satellite Act (1962). 47 U.S.C. §§734(d)

6. Cabotaggio marittimo e aereo a corto raggio

Riservato a compagnie controllate da cittadini americani o possedute per almeno il 75% da cittadini americani

Federal Aviation Act (1958). 49 U.S.C. §41703

 

Settori in cui la proprietà estera è regolata

Settore

Tipo di divieto

Fonte normativa della restrizione

1. Radio, televisione, telecomunicazioni e telefonia

Imprese nelle quali una quota della proprietà superiore al 20% è controllata da soggetti stranieri possono non ricevere la licenza. (Nelle radio e TV investitori stranieri non possono comunque avere più del 20% dei voti nel cda)

Communications Act of 1934. 47 U.S.C. §§ 151 et seq., see particularly §§310(b)

2. Tecnologie avanzate

Le società debbono operare nell’interesse economico degli USA. Devono essere stabilite negli USA o, se succursali di società estere, la casa madre deve essere in un paese che garantisce pari opportunità alle società USA:
1) per l’investimento in Joint Venture
2) per l’investimento locale
3) nei diritti di copyright

American Technology Pre-eminence Act of 1991. 15 U.S.C. §278h

3. Consorzi di R&S (Technology Reinvestment Projects)

La proprietà estera è consentita se proviene da un paese il cui governo consente la partecipazione da parte di imprese USA a consorzi di ricerca e sviluppo sovvenzionati da quel governo e protegge i diritti di proprietà delle società USA

Defense Conversion, Reinvestment and Transition Assistance Act of 1992. 10 U.S.C. §2491

4. Energia

La società deve operare nell’interesse economico degli USA; essere una compagnia USA o una società la cui casa madre ha sede in un paese che garantisce pari opportunità alle società USA:
1) per l’investimento in Joint Venture
2) per l’investimento locale
3) nei diritti di copyright

Energy Policy Act of 1992. 42 U.S.C. §13525

5. Posa di cavi sottomarini

La licenza è rilasciata dalla Federal Communications Commission (FCC) per qualsiasi cavo sottomarino che collega direttamente o indirettamente gli Stati Uniti con qualsiasi altro stato estero. Nel caso di società estere è richiesta la reciprocità

Submarine Cable Landing Act. 47 U.S.C. §34-39

6. Trasporto aereo

Il trasporto aereo di merci e persone effettuato da società estere richiede la reciprocità. Quando questa sussiste il consenso è automatico

U.S.C. 40109 [formerly Section 416 of the Federal Aviation Act (1958)]; 14 CFR 297, 380 Subpart F

7. Trasporto marittimo

La Federal Maritime Commission è autorizzata a revocare le licenze ogniqualvolta ritenga che governi o società straniere non garantiscano reciprocità

Foreign Shipping Practices Act (1988), Merchant Marine Act (1920) Section 19, Shipping Act (1984) §13(b)4

8. Primari Dealers

La Federal Reserve può non ammettere, come Primary Dealer una banca commerciale o d’investimento straniera se il governo del paese di origine nega la reciprocità nello stesso ruolo a società USA. La banca in questione potrà comunque comprare titoli di Stato americani alle aste governative

Primary Dealers Act of 1988. 22 U.S.C. §§5341-5342.

9. Assicurazioni

Alcuni dei 50 stati proibiscono la proprietà o il controllo da parte di governi stranieri

The Trust Indenture Act of 1939

10. Concessioni per estrazioni minerarie

Le società debbono essere registrate negli USA, ma la proprietà (anche totale) può essere straniera

Mineral Land Leasing Act (1920). Chapter 3A, 10 U.S.C. §7435

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  1. Andrea Bondanini

    Sarà perché mi fa tenerezza, ma questa giusta e persino doverosa analisi – per chi può farla – non mi sembra completamente pertinente. Immagino che Prodi sappia benissimo queste cose, si è lasciato trascinare dalla nostra italica retorica e dal suo istinto di vecchio demoscristiano che guarda un pò troppo nelle imprese private, com la chiesa nelle camere da letto. Che lo debba sapere si può dedurre dal fatto che fu un ottimo presidente dell’IRI malgrado il fango versatogli. Purtroppo è un cattivo comunicatore, quasi come Berlusconi che almeno è un formidabile venditore.

  2. riccardo boero

    chissa` perche’ Prodi ha preso a termine di paragone gli USA.
    Quando c’erano molto piu’ vicini Francia e Germania, dove interi settori dell’economia sono vietati se non teoricamente almeno praticamente al controllo da parte di capitali stranieri.
    Non basta infatti mostrare che Francia e Germania sono piu’ virtuose avendo accolto il 6% invece del 2% degli investimenti esteri.
    Bisognerrebbe anche mostrare quanti di questi investimenti esteri sono INVESTIMENTI DI CONTROLLO e quanti sono pure partciapazioni finanziare ultraminoritarie, proprio nei numerosi pseudo-monopoli francesi e tedeschi, al fine di profittare della sostanziale mancanza di concorrenza di cui godono e dunque dei loro larghi margini.
    Prodi in fondo non chiede di fare altro che quanto fatto in Francia e Germania, ma e` evidente che le regole europee che hanno costato il posto a Fazio non sono le stesse che si applicano ad es. al caso Enel-Suez

  3. Fabrizio

    Articolo molto rigoroso, interessante, soprattutto la precisazione che non è rilevante soltanto l’entità dell’intervento dello stato (cosa di cui si può discutere), ma il fatto che questo sia regolamentato da leggi (e che lo rende quindi sostanzialmente oggettivo) e non da gradimenti personali di politici o da lotte di potere sempre politiche.

  4. Alberto

    Sostanzialmente d’accordo. Penso pero che anche negli USA esista una certa flessibilità. Per Unocal e i porti le minacce verbali dei parlamentari sono state abbastanza efficaci da convincere gli acquirenti potenziali a ritirarsi.
    Un dettaglio per Murdoch: se non sbaglio ha acquisito la cittadinanza americana nel 1985 (appunto per poter comprare delle stazioni televisive).

  5. Marco Solferini

    Osservazioni ineccepibili.
    Mi limito a voler considerare un fatto abbastanza disdicevole, a mio modestissimo avviso, senza alcun riferimento a fatti, persone o circostanze, che è quello di volerci sempre paragonare, a titolo di giustificazione, con altri sistemi. Non è unicamente un dotto riferimento a una globalizzazione delle misure e delle distanze, come sarebbe se a monte ci fosse sana, competente e professionale competizione, si tratta di un malvezzo tutto nostrano. A ruota noi siamo soliti affermare: “faremo come hanno fatto in..” e ci sprechiamo in termini di citazioni, spaziamo dalla Spagna, Irlanda, Inghilterra, Germania, Francia, Stati Uniti, perfino il Cile e di recente i Paesi emergenti dell’est. Io leggo segnatamente Time, Newsweek ed Economist (non per ragioni politiche, come sosteneva Oscar Wilde a volte mi piace avere idee mie), ma non trovo mai questo tipo di riferimenti, anzi è possibile invece, in Internet, trovare l’opposto: “facciamo attenzione a non fare come hanno fatto in Italia”, quantomeno a mò di suggerimento, laconico, poco condivisibile, ma senz’altro indicativo. Ho difficoltà a comprendere come si possa parlare di innovazione, perpetrando la politica del paragone.

  6. Sergio Bondi

    Credo che Murdoch abbia chiesto la cittadinanza USA per convenienza di business.
    Da Wikipedia copio:
    “Murdoch made his first acquisition in the United States in 1973, when he purchased the San Antonio Express-News. Soon afterwards, he founded “Star,” a supermarket tabloid, and in 1976, he purchased the New York Post. On September 4, 1985, Murdoch became a naturalized citizen, to satisfy the legal requirement that only US citizens could own American television stations.”
    Cordiali saluti.

  7. Gabriele Gratton

    In agricoltura, negli USA, se non si usufruisce degli aiuti di stato non si entra, punto.
    Aggiungo che è recente il caso -celebre – degli investimenti in servizi portuali negati a compagnie degli Emirati Arabi Uniti. Questione -ricordo – nient’affatto determiata da vecchia “legge”, ma da decisione presa lì per lì, per pura opportunità politica.
    Non per difendere il Presidente Prodi, ben ha detto il commentatore che mi ha preceduto: era un’affermazione retorica; ma non vorrei che alcuni davvero credessero che l’America è il paradiso del libero mercato. Non è così, e lo sappiamo anche noi.

    cordialmente,
    Gabriele Gratton

  8. vittorio pujia

    a me sembra opportuno fare un passo indietro: il problema vero non è se il presidente ha fatto l’esempio giusto o sbagliato: il problema è: “quali sono gli investimenti esteri che riteniamo utili per il paese”: esludendo la risposta “nessuno”, restano le risposte “tutti” e “quelli che rispettano le regole”. Io voto per la seconda, con la condizione – che mi sembra condivisibile, e condivisa – che le regole siano scritte prima e non mentre si gioca (e, per esempio, credo che l’opposizione alla fusione Autostrade sia basata su una regola scritta, correttamente, prima della partita)

  9. Fabrizio Pauri

    Se in Italia non c’è una chiara regolamentazione della materia, la responsabilità è della politica italiana, non solo di Prodi. Credo che Prodi volesse solo dire che anche in US ci sono limitazioni. Mi sembra una polemica accademica nel senso peggiore del termine, in quanto Telefonica è oggettivamente un miglior acquirente di AT&T: lo vogliamo dire almeno questo ?

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