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LA CONCORRENZA, ANNO DOPO ANNO

La Camera ha approvato un disegno di legge per introdurre anche in Italia una Legge annuale per la concorrenza e la tutela dei consumatori. Ha la finalità di esaminare con cadenza annuale le segnalazioni di normative che ostacolano la concorrenza inviate al Parlamento dall’Antitrust e da altre autorità di regolazione. Nel passaggio al Senato si possono migliorare alcuni punti del testo. Come la diversità tra pareri dell’Antitrust, il coordinamento con gli ordinamenti locali e una migliore definizione di competenze e compiti in questa materia.

Nello scorso giugno la Camera ha approvato il disegno di legge “Misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali, nonché interventi in settori di rilevanza nazionale”, meglio conosciuto come disegno di legge Bersani. L’articolo 59 del Ddl si propone di introdurre nel nostro ordinamento una Legge annuale per la concorrenza e la tutela dei consumatori. La norma è finalizzata a esaminare, ed eventualmente recepire, con cadenza annuale, le segnalazioni in materia di normative che ostacolano la concorrenza inviate al Parlamento dall’Antitrust e da altre autorità di regolazione.
Si tratta della realizzazione di una vecchia proposta che avevo rilanciato due anni fa su lavoce.info, e che, alla fine, ha trovato un improvviso sbocco parlamentare. (1) Conviene allora tornare sul tema per esaminare alcune implicazioni generali e soprattutto avanzare qualche suggerimento specifico per un possibile affinamento della formulazione della norma approvata dalla Camera, in vista dell’esame del Senato.

Segnalazioni di diversa natura

In primo luogo, deve essere segnalata un’importante imprecisione. La norma approvata dalla Camera mette sullo stesso piano le segnalazioni dell’Agcm ai sensi degli articoli 21 e 22 della legge antitrust n. 287/90. (2) Si tratta di interventi di natura alquanto diversa.
Nel caso dell’articolo 21, sono segnalazioni su norme presenti nell’ordinamento le quali ostacolano la concorrenza. L’articolo 22 riguarda invece pareri che l’Antitrust può inviare al Parlamento nel corso della discussione di una nuova proposta di legge. Mentre nel primo caso, la Legge annuale per la concorrenza appare effettivamente offrire finalmente una occasione ideale per affrontare i problemi segnalati dall’Antitrust, nel secondo caso, i pareri dell’Antitrust devono continuare a essere esaminati, e accolti o non accolti secondo i casi, mentre il Parlamento valuta le nuove norme sulle quali sta legiferando e quindi non in sede di Legge annuale per la concorrenza.
Tuttavia, la storia non deve necessariamente finire qui: la Legge annuale per la concorrenza potrebbe ulteriormente prevedere che i pareri ex articolo 22, non accolti dal Parlamento in sede di approvazione di una legge specifica, debbano/possano essere riesaminati, dopo un congruo lasso di tempo, ad esempio due-tre anni, qualora l’Antitrust riesca a documentare l’effettiva concretizzazione di quei rischi anticoncorrenziali, rispetto ai quali si era originariamente attivato. Un simile trattamento specifico dei pareri darebbe coerenza e maggiore efficienza al provvedimento e rafforzerebbe l’applicazione della Legge annuale per la concorrenza.

Il coordinamento con gli ordinamenti locali

Il secondo tema è quello del coordinamento con gli ordinamenti locali. L’attuale formulazione degli articoli 59 e 60 della proposta di legge si concentra sul dialogo con le Regioni, facendo leva sul fatto che la concorrenza è costituzionalmente materia nazionale. Così sono previsti nell’articolo 59 momenti di intesa e forme di verifica, ma soprattutto si annunciano principi di indirizzo ai quali le Regioni e le province autonome dovranno attenersi nell’esercitare i propri poteri normativi in materia. Le previsioni indicate appaiono opportune, il legislatore sembra ben consapevole che la dimensione locale della tutela della concorrenza da normative ostacolanti è fondamentale, ma nel complesso l’approccio appare timido.
Se si crede che la Legge annuale per la concorrenza sia una buona idea per l’Italia, bisognerebbe in primo luogo indicare alle Regioni la necessità di introdurla anche nei loro ordinamenti. Questa scelta appare ancora più necessaria e coerente se si considera che una parte rilevante delle segnalazioni e dei pareri Antitrust riguarda proprio normative locali e la loro capacità di ostacolare la concorrenza, soprattutto, ma non esclusivamente, nei settori della distribuzione di beni e servizi.

Le norme nel tempo

Infine, vi è il tema della vitalità della norma nel tempo. L’idea di una Legge annuale per la concorrenza era ispirata all’ottimo successo della Legge comunitaria annuale, che ha permesso all’Italia di recuperare i ritardi storici in termini di recepimento delle direttive europee. Ma vi sono differenze importanti. Nel caso della comunitaria, la linfa per la continua attualità della legge è assicurata dall’Unione Europea e dalla sua azione legislativa. L’alimentazione della Legge annuale per la concorrenza, al di là della tribuna di consultazione di parti sociali, sindacati, consumatori, introdotta nel comma 3 dell’articolo 59, essenzialmente ricade in primis sulla solerzia dell’Antitrust e poi degli altri regolatori settoriali nel setacciare le normative alla ricerca di ostacoli alla concorrenza. L’istituzione della Legge annuale per la concorrenza potrebbe allora rappresentare l’occasione per definire meglio competenze e compiti in questa materia.
Senza nulla togliere alla libera iniziativa di segnalazione e parere delle diverse autorità, la norma potrebbe stabilire che il Parlamento può annualmente indicare all’Antitrust e alle altre autorità i settori o i comparti per i quali ritiene opportuno approfondire, nel periodo successivo, l’analisi degli effetti sulla concorrenza delle leggi esistenti. Nel caso dell’Antitrust, d’altronde, non sarebbe una novità assoluta, in quanto proprio questo fu disposto, in sede di prima attuazione della normativa, dall’articolo 24 della legge n. 287/90. (3) Analogamente, il Parlamento potrebbe richiedere, annualmente, ai diversi regolatori settoriali di approfondire specificamente gli assetti legislativi inerenti la concorrenza di componenti della filiera produttiva regolata per i quali l’effetto delle norme primarie appaia in quel momento potenzialmente più problematico.
In sintesi, mentre non si può escludere che la semplice adozione della Legge annuale per la concorrenza possa essere sufficiente a indurre le autorità a razionalizzare e anche intensificare l’attuale sforzo di segnalazione, un po’ di programmazione dell’attività di analisi delle norme, disposta per via legislativa, potrebbe contribuire a ottenere risultati più certi e continui nel tempo.

(1)Per memoria documentale si può ricordare che, richiamando le argomentazioni avanzate su lavoce.info, nel luglio 2005, fu avviata dai senatori Morando, Azzolini e D’Amico un’iniziativa parlamentare che riprendeva la proposta, ma con la conclusione della scorsa legislatura la questione sembrava finita lì. 
(2)La norma cita anche l’art. 23 della legge n. 287/90, articolo che riguarda la Relazione annuale che l’Agcm deve presentare al Parlamento, ma le eventuali segnalazioni contenute nella Relazione annuale si possono assimilare a quelle ai sensi dell’articolo 21.
(3)In quella occasione furono individuati per l’approfondimento tre settori: gli appalti pubblici, le imprese concessionarie e la distribuzione commerciale, ma, purtroppo, in assenza della Legge annuale per la concorrenza, i suggerimenti di modifica legislativa dell’Agcm rimasero sostanzialmente inascoltati.

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IL GRANDE ASSENTE ALLE PRIMARIE

  1. Antonio Longo

    Il testo approvato dalla Camera, pur con le giuste osservazioni di Parcu, è un passaggio importante per una migliore tutela del consumatore. Finora questa tutela è stata occasionale, frammentata, a volte contradittoria. Un provvedimento annuale permetterà di agire con più organicità, coordinando le varie norme, correggendo eventuali errori (sempre possibili) o dimenticanza di altre leggi.

  2. luigi zoppoli

    La normativa di cui l’articolo parla, va benissimo a condizione che si cominci ad operare in maniera da indurre comportamenti concorrenziali dal lato dell’offerta. La cattiva fama ampiamente meritata delle tendenze oligopolistiche di banche, assicurazioni ed istituzioni finanziarie, si appaia ad analoghi comportamenti di altri comparti produttivi che, meno visibili ed eclatanti, purtuttavia ricadono tranquillamente sulle tasche dei consumatori. Ad esempio il settore dei mobili e segnatamente quello dei mobili da cucina.

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